Anche in Italia la lingua dei segni (lis) diventa un diritto per le persone non udenti. Con l’articolo 34-ter del decreto Sostegni, approvato alla Camera il 19 maggio, la lis è stata riconosciuta ufficialmente dallo Stato italiano con un ritardo di oltre dieci anni dalla Convenzione delle Nazioni unite sulla disabilità (ratificata dal nostro Paese nel 2009), che sanciva l’accessibilità e la promozione di questo linguaggio. Per l’Ente nazionale sordi, che tanto si è battuto per la causa, rappresenta un passo in avanti verso l’inclusione delle persone con disabilità e un traguardo di civiltà per tutto il Paese. Per capire i risvolti pratici della norma appena introdotta bisognerà aspettare i decreti attuativi. Ma intanto possiamo contare su una certezza: “La lingua dei segni grazie a questa norma dovrà essere un sevizio da garantire negli eventi pubblici e non più una preghiera da rivolgere a qualcuno o una battaglia da fare ogni volta” dichiara Amir Zuccalà, responsabile progetti dell’Ente nazionale sordi.

Nello stesso articolo del decreto si conferisce legittimità alla figura dell’interprete in lingua dei segni quale professionista specializzato nella traduzione e interpretazione della lis. Lo stesso riconoscimento è stato dato alla versione tattile della lingua dei segni (list è l’acronimo), metodo di comunicazione per le persone sordocieche che integra il movimento delle mani con il tatto, e per gli interpreti dedicati. Questo consentirà, tramite un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le disabilità, di concerto con il ministero dell’Istruzione, di definire i percorsi formativi per l’accesso alle professioni di interprete di lis e list. “Era ora – esordisce Francesca Malaspina, presidente nazionale dell’associazione degli interpreti di lingua dei segni italiana -. Finalmente si potrà portare all’università il corso per interprete della lingua dei segni equiparandolo a quello per interprete vocale. Fino ad oggi – spiega – la formazione è stata affidata ad enti privati (salvo alcuni progetti “pilota” come quello dell’Università Ca’ Foscari ndr), alcuni qualificati altri più discutibili, che non devono rispettare standard minimi e ai candidati in alcuni casi non richiedono neanche il diploma di scuola media. Mi auguro – conclude Malaspina – che con il nuovo decreto il servizio della lingua dei segni venga messo a disposizione in tutti gli organismi pubblici”. Il comma 3 dell’articolo 34-ter per ora stabilisce che le pubbliche amministrazioni promuovano “progetti sperimentali per la diffusione dei servizi di interpretariato in lis e list e di sottotitolazione”.

Grazie al riconoscimento della lingua dei segni le persone sorde hanno il diritto di scegliere liberamente come comunicare. In Italia, secondo un’indagine Istat del 2015, sono 8,6 milioni i cittadini (dai 15 anni in su) con limitazioni moderate all’udito e 2 milioni quelli con limitazioni gravi. Mentre le persone che percepiscono un’indennità in quanto affette da sordomutismo, e quindi potrebbero più di tutti gli altri beneficiare della lis, sono 45mila. “La lingua dei segni è una modalità aggiuntiva e complementare alla via uditiva per i portatori di protesi acustica e di impianto cocleare, ossia l’orecchio artificiale elettronico per i gravemente sordi” afferma Gaetano Paludetti, direttore dell’unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria del policlinico Gemelli di Roma e presidente della Società italiana di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico facciale. “Mentre – continua – è l’unica lingua per i sordi dalla nascita che non hanno imparato a parlare bene non avendo mai utilizzato dispositivi di supporto uditivo”. Può essere inoltre una lingua sostitutiva per chi mal tollera questi apparecchi in certe circostanze. “Si può avere l’effetto acustico di rimbombo e in generale si possono avvertire dei rumori di fondo, che possono dare fastidio specialmente negli spazi affollati. Per ridurre questi disagi – aggiunge il medico – sarebbe opportuno finanziare interventi, poco onerosi, per migliorare l’acustica degli ambienti chiusi, come le scuole e le chiese, e di tutti i luoghi pubblici”. Si stima che in Italia 1 bambino su mille nati nasce sordo. L’associazione nazionale sordi resta insoddisfatta. “La maggioranza dei sordi e delle persone con problemi uditivi non usa la lis – sostiene il portavoce Renato Di Carlo -. Ci sono altre misure urgenti da chiedere al Governo e al Parlamento: l’inclusione delle batterie per impianti e protesi nel nomenclatore tariffario dei dispositivi erogabili dal Servizio sanitario nazionale e la sottotitolazione di qualità per tutti i programmi televisivi”.

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