di Ilaria Muggianu Scano

Occorre leggere tutto, leggere sempre e leggerlo attentamente. Sbaglia chi cerca di ravvisare in questo libro I Paralipomeni della Batracomiomachìa. Non è un sottile esercizio letterario ma una semplice e pur legittima opera di propaganda. È chiaro il target, ancor più chiara la mission. Chi non ama l’agone politico, chi non se ne sente interpellato non può che passare dritto, ma dal momento che un testo come questo fa plurime incursioni nelle scuole secondarie dovrebbe diventare affare di ognuno di noi, e l’operazione da legittima ha da essere quantomeno analizzata.

La confessione ontologica del titolo è la dichiarazione programmatica di una donna che si candida a guidare il Paese e coincide con un lungo flusso di coscienza, nel quale il successo personale in ambito politico lascia intravedere tutto il lucore di un riscatto sociale perseguito lungo l’intera esistenza: “Buon compleanno, Franco”, il commiato di un padre che non merita nessun bambino al mondo. Entra in azione la modalità riscatto, con tutti i nodi che questo determina.

Parlavamo del target: pagina dopo pagina, è evidente l’obiettivo di dichiararsi icona pop dei giovanissimi. I capitoli dell’autobiografia sono scanditi dal rap che un vincitore del Grande Fratello ottiene musicando un discorso della leader di FdI. L’endorsement è celebrato in termini entusiastici. La sintonia con i più giovani è rincorsa lungo tutto il libro con citazioni di opere di letteratura fantasy e il climax del plot è il refrain di un solido impegno di militanza durante gli anni delle scuole superiori.

Questo fa onore a una giovanissima che persegue i suoi ideali con grinta e determinazione, ma è evidente anche l’illusione di conquistare il giovanissimo partito del non-voto con questa narrazione che risulta ormai anacronistica tra i banchi di scuola. Si possono conquistare con così poco? Stiamo parlando di ragazzi che già a 17 anni hanno girato per il mondo, praticano gli sport più variegati a livello agonistico conseguendo altissimi traguardi, sono polistrumentisti e impegnatissimi in numerose opere benefiche. Hanno le idee chiare sul fatto che la propria realizzazione passi attraverso le relazioni e la conquista di un lavoro per il quale hanno studiato fino a conseguire laurea, specializzazione e diversi master, conoscono più lingue e sono cosmopoliti. Certamente non hanno alcuna, o pochissima, fiducia nella politica militante perché sanno che “uno su mille ce la fa” a far sentire la propria voce nel mare magnum politico italiano, e questo è esattamente il mantra del libro Io sono Giorgia.

I ragazzi, al più, vorrebbero entrare nel governo della cosa pubblica per le proprie competenze. Questa è la loro idea di politica. Alcuni passaggi lasciano intuire la rinuncia ad un editing sul testo, che depone a favore della genuinità di chi scrive, ma fa trasparire la malagrazia del racconto del legame sentimentale con il compagno. Una storia d’amore bella, poetica e romantica ma avvilita dalla sottolineatura di un certo dislivello economico tra l’autrice parlamentare e l’altra metà del cielo.

Decisamente meno cesaropapista di quanto si è soliti pensare, la Giorgia di Io sono Giorgia è disarmantemente sincera. Giorgia Meloni parla spesso dell’unico, granitico obiettivo personale: lottare per le proprie idee. Non compare tra le pagine alcun riferimento a pensatori di peso, FdI non ha un intellettuale organico, anche se Meloni cita con convinzione il filosofo Marcello Veneziani, il quale sembrerebbe prendere repentinamente distanze siderali, all’indomani dell’uscita dell’autobiografia meloniana, con l’articolo “Tu sei Giorgia, e gli altri?”, severa recensione al manifesto programmatico della politica in cima agli indici di gradimento e di intenzione di voto.

Meloni, profondamente contraria alle quote rosa, è coerente a se stessa dalla prima all’ultima pagina: lotta per affermare le proprie idee. Sarebbe stato importante leggere “Lotto per la verità, lotto per ciò che è giusto”.

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