“Ferma condanna” e “personale indignazione” per la “brutale repressione” delle manifestazioni e per le condanne a morte di molti dimostranti. Il presidente della Repubblica Sergio Matarella ha ricevuto il nuovo ambasciatore dell’Iran in Italia, Mohammad Reza Sabour, per un breve colloquio al Quirinale e ha espresso tutto il proprio disappunto per quanto sta avvenendo da mesi nella Repubblica islamica in seguito alla morte di Mahsa Amini.
Mattarella, informa il Colle, ha sollecitato l’ambasciatore a rappresentare alle autorità iraniane l’urgenza di porre immediatamente fine alle violenze rivolte contro la popolazione. “Il rispetto con cui l’Italia guarda ai partner internazionali e ai loro ordinamenti trova un limite invalicabile nei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”, si legge in una nota del Quirinale dopo che Mattarella ha ricevuto il diplomatico iraniano per la presentazione delle Lettere credenziali.
Questa è la linea dell’esecutivo ed è stata esplicitata già diverse volte ai più alti livelli. Colpisce però la franchezza delle parole presidenziali – rese pubbliche con una nota – e, soprattutto, la trasmissione diretta di sentimenti di indignazione nel primo incontro con il nuovo ambasciatore. Non si tratta, come detto, del primo messaggio del capo dello Stato contro la repressione attuata dall’Iran nei confronti dei propri cittadini, scesi in piazza per protestare dopo la morte della giovane donna che non indossava correttamente il velo. Il 16 dicembre, Mattarella aveva parlato di “ripetuti, brutali, tentativi di soffocare le voci dei giovani che manifestano pacificamente per chiedere libertà e maggiori spazi di partecipazione” sottolineando che si trattava di comportamenti che “vanno fermamente condannati”. E aveva quindi sottolineato: “Si condanna da sé stesso uno Stato che respinge e uccide i propri figli”.
I rapporti dell’Unione europea con l’Iran sono ai minimi termini ma al di là delle parole la diplomazia ha scelto di non chiudere del tutto la porta a Teheran. E c’è un’ottima ragione: mentre i media internazionali informano sulle proteste di donne e giovani e delle durissime repressioni dei mullah, gli esperti – anche d’oltre Oceano – tengono d’occhio il dossier sul nucleare iraniano. Tutte le informazioni di intelligence indicano una vera e propria corsa dell’Iran nel programma di arricchimento dell’uranio e i siti specializzati si spingono a dare per possibile la realizzazione di una bomba nucleare in tempi strettissimi. Un’escalation drammatica che soprattutto in Israele viene seguita con estrema attenzione.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha incontrato il direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, con il quale ha avuto uno scambio di informazioni anche sul nucleare del Paese islamico. Solo pochi giorni fa Tajani aveva confermato quanto sia necessario avere in ogni caso un canale di comunicazione aperto con le istituzioni iraniane: “Resta aperta la porta del dialogo sul nucleare. Dunque, nessuna posizione aggressiva. Abbiamo chiesto – aveva spiegato il ministro degli Esteri – a un Paese con il quale abbiamo relazioni diplomatiche di rispondere ad alcune nostre richieste. Ad essere condannati a morte non sono pericolosi terroristi ma ragazzi che hanno partecipato a una manifestazione”.