I taiwanesi dimostrano al mondo di essere molto più di una pedina nella contesa tra Cina e Stati Uniti e scelgono la continuità: Lai Ching-te è il nuovo presidente eletto della Repubblica di Cina, Taiwan. A spoglio ultimato, il candidato del Partito progressista democratico (Dpp) si attesta al 40,2%, avendo superato il rivale dell’opposizione storica del Kuomintang, l’ex poliziotto Hou Yu-ih, fermo al 33,4% e il terzo incomodo Ko wen-je, del Partito popolare di Taiwan (Tpp), con il 26% dei voti.
Il voto frammentato – Per la prima volta nella storia della democrazia taiwanese il Dpp si è così aggiudicato un terzo mandato di fila, dopo una tradizionale alternanza alla presidenza tra i candidati di Dpp e Kmt. A contribuire in questo senso è stata la presenza del Tpp e del suo leader Ko Wen-je che, rifiutando un’alleanza con i conservatori del Kmt a poche ore dalla presentazione delle liste elettorali lo scorso novembre, ha finito per frammentare il voto degli indecisi, mai così presenti come in questa tornata elettorale, favorendo Lai.
Il “fattore Ko” ha inciso in senso opposto sulle legislative. Qui, come anticipato, il Dpp non è riuscito a ottenere la maggioranza e Lai si ritroverà a gestire uno Yuan legislativo (il Parlamento di Taiwan) contrastato da due forze di opposizione. “Mi rivolgo a chi non mi ha votato – ha detto il neopresidente eletto nel suo primo discorso alla folla di sostenitori subito dopo la vittoria – vi vedo e vi ascolto, ci sono aree nelle quali non abbiamo fatto abbastanza e faremo di tutto per migliorare Taiwan”. Un messaggio rivolto soprattutto ai più giovani che, stanchi del bipolarismo di una certa “vecchia politica” e più attenti a tematiche come lo stagnamento dei salari e l’alto prezzo delle case avevano trovato tiepida e insoddisfacente la proposta del Dpp.
L’altra sponda dello Stretto – “Non sarò né aggressivo né umile, manterrò lo status quo”. La rassicurazione ai media internazionali da parte di Lai è arrivata subito a chi si domanda cosa ne sarà di Taipei ora che ha vinto il candidato più inviso a Pechino. Per ragioni storiche la Repubblica Popolare considera Taiwan parte del proprio territorio e punta a “riunificare” l’isola ribelle con crescenti pressioni militari. Il Dpp è il partito dell’identità taiwanese in quanto tale e dal 2016 non ha contatti diplomatici con la Cina perché non riconosce il Consenso del ’92 (quello che stabilisce l’esistenza di una sola Cina, senza esplicitare quale), considerato per Pechino la base delle relazioni bilaterali.
La vittoria di Lai, che in passato si è dichiarato apertamente come “lavoratore per l’indipendenza” formale e non solo de facto dell’isola, è quindi interpretata da molti analisti come un potenziale rischio di escalation. Lo scorso luglio si era addirittura fatto scappare l’augurio di “visitare la Casa Bianca”, cosa che implicherebbe un cambio di posizione da parte degli Stati Uniti rispetto alla politica dell’Unica Cina. Anche per questo il neopresidente eletto si è affrettato a ribadire che “mantenere pace e stabilità nello Stretto sarà la missione di questa presidenza”, pur ringraziando gli elettori per il loro “coraggio” e sottolineando che hanno dimostrato al mondo che la scelta tra “democrazia e autoritarismi” può “resistere a ogni pressione”. La linea di Lai sarà dunque quella di continuare a rinsaldare lo status di Taiwan sul palcoscenico globale ora che solo 12 Paesi ne riconoscono la sovranità e di potenziare la difesa con riforme militari. Un obiettivo che passa necessariamente attraverso la collaborazione con gli Stati Uniti, sempre più presenti nell’Indo-Pacifico in ottica anticinese. Dopo la difesa, è l’economia ad avere la priorità nella futura amministrazione Lai. Due settimane prima del voto, la Cina ha rimosso le agevolazioni tariffarie sulle importazioni di alcuni prodotti taiwanesi: la coercizione economica spaventa di più dell’aggressione militare.
Difficile però immaginarsi una reazione immediata al voto da parte della Cina, impegnata con un rimpasto all’interno dell’Esercito popolare di liberazione e propensa a mantenere un basso profilo. Almeno in questa fase. Eventuali manovre militari rischiose attorno all’isola principale di Taiwan potrebbero verificarsi a maggio, in occasione dell’insediamento ufficiale di Lai. A preoccupare è però l’annuncio dell’amministrazione Biden che ha in programma l’invio di una delegazione di alto profilo a Taipei nei prossimi giorni. Qui la presenza di Pechino su quella linea mediana che separa le due sponde dello Stretto e che dalla visita dell’allora speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, è stata progressivamente erosa, potrebbe invece farsi più massiccia.
Il primo commento da parte della Cina è arrivato da Chen Binhua, portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo cinese. “I risultati elettorali di Taiwan rivelano che il Dpp non rappresenta l’opinione pubblica tradizionale dell’isola”. La perdita della maggioranza in Parlamento da parte del Dpp è una vittoria per Pechino che potrebbe puntare sulle divisioni interne per “vincere senza combattere”, come vuole l’Arte della guerra di Sun Zi. Intanto, sui social media in lingua cinese come Weibo e Douyin (versione originale di TikTok), dopo la propaganda degli ultimi giorni che dipingeva Lai come il candidato “pericoloso”, sono sbarcati video e commentatori che mostrano le “elezioni locali di Taipei, provincia della Repubblica popolare cinese”.
Mondo
Il nuovo presidente di Taiwan evita (per ora) lo scontro con la Cina e mira allo “status quo”. Manca la maggioranza, è un’arma per Pechino
I taiwanesi dimostrano al mondo di essere molto più di una pedina nella contesa tra Cina e Stati Uniti e scelgono la continuità: Lai Ching-te è il nuovo presidente eletto della Repubblica di Cina, Taiwan. A spoglio ultimato, il candidato del Partito progressista democratico (Dpp) si attesta al 40,2%, avendo superato il rivale dell’opposizione storica del Kuomintang, l’ex poliziotto Hou Yu-ih, fermo al 33,4% e il terzo incomodo Ko wen-je, del Partito popolare di Taiwan (Tpp), con il 26% dei voti.
Il voto frammentato – Per la prima volta nella storia della democrazia taiwanese il Dpp si è così aggiudicato un terzo mandato di fila, dopo una tradizionale alternanza alla presidenza tra i candidati di Dpp e Kmt. A contribuire in questo senso è stata la presenza del Tpp e del suo leader Ko Wen-je che, rifiutando un’alleanza con i conservatori del Kmt a poche ore dalla presentazione delle liste elettorali lo scorso novembre, ha finito per frammentare il voto degli indecisi, mai così presenti come in questa tornata elettorale, favorendo Lai.
Il “fattore Ko” ha inciso in senso opposto sulle legislative. Qui, come anticipato, il Dpp non è riuscito a ottenere la maggioranza e Lai si ritroverà a gestire uno Yuan legislativo (il Parlamento di Taiwan) contrastato da due forze di opposizione. “Mi rivolgo a chi non mi ha votato – ha detto il neopresidente eletto nel suo primo discorso alla folla di sostenitori subito dopo la vittoria – vi vedo e vi ascolto, ci sono aree nelle quali non abbiamo fatto abbastanza e faremo di tutto per migliorare Taiwan”. Un messaggio rivolto soprattutto ai più giovani che, stanchi del bipolarismo di una certa “vecchia politica” e più attenti a tematiche come lo stagnamento dei salari e l’alto prezzo delle case avevano trovato tiepida e insoddisfacente la proposta del Dpp.
L’altra sponda dello Stretto – “Non sarò né aggressivo né umile, manterrò lo status quo”. La rassicurazione ai media internazionali da parte di Lai è arrivata subito a chi si domanda cosa ne sarà di Taipei ora che ha vinto il candidato più inviso a Pechino. Per ragioni storiche la Repubblica Popolare considera Taiwan parte del proprio territorio e punta a “riunificare” l’isola ribelle con crescenti pressioni militari. Il Dpp è il partito dell’identità taiwanese in quanto tale e dal 2016 non ha contatti diplomatici con la Cina perché non riconosce il Consenso del ’92 (quello che stabilisce l’esistenza di una sola Cina, senza esplicitare quale), considerato per Pechino la base delle relazioni bilaterali.
La vittoria di Lai, che in passato si è dichiarato apertamente come “lavoratore per l’indipendenza” formale e non solo de facto dell’isola, è quindi interpretata da molti analisti come un potenziale rischio di escalation. Lo scorso luglio si era addirittura fatto scappare l’augurio di “visitare la Casa Bianca”, cosa che implicherebbe un cambio di posizione da parte degli Stati Uniti rispetto alla politica dell’Unica Cina. Anche per questo il neopresidente eletto si è affrettato a ribadire che “mantenere pace e stabilità nello Stretto sarà la missione di questa presidenza”, pur ringraziando gli elettori per il loro “coraggio” e sottolineando che hanno dimostrato al mondo che la scelta tra “democrazia e autoritarismi” può “resistere a ogni pressione”. La linea di Lai sarà dunque quella di continuare a rinsaldare lo status di Taiwan sul palcoscenico globale ora che solo 12 Paesi ne riconoscono la sovranità e di potenziare la difesa con riforme militari. Un obiettivo che passa necessariamente attraverso la collaborazione con gli Stati Uniti, sempre più presenti nell’Indo-Pacifico in ottica anticinese. Dopo la difesa, è l’economia ad avere la priorità nella futura amministrazione Lai. Due settimane prima del voto, la Cina ha rimosso le agevolazioni tariffarie sulle importazioni di alcuni prodotti taiwanesi: la coercizione economica spaventa di più dell’aggressione militare.
Difficile però immaginarsi una reazione immediata al voto da parte della Cina, impegnata con un rimpasto all’interno dell’Esercito popolare di liberazione e propensa a mantenere un basso profilo. Almeno in questa fase. Eventuali manovre militari rischiose attorno all’isola principale di Taiwan potrebbero verificarsi a maggio, in occasione dell’insediamento ufficiale di Lai. A preoccupare è però l’annuncio dell’amministrazione Biden che ha in programma l’invio di una delegazione di alto profilo a Taipei nei prossimi giorni. Qui la presenza di Pechino su quella linea mediana che separa le due sponde dello Stretto e che dalla visita dell’allora speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, è stata progressivamente erosa, potrebbe invece farsi più massiccia.
Il primo commento da parte della Cina è arrivato da Chen Binhua, portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo cinese. “I risultati elettorali di Taiwan rivelano che il Dpp non rappresenta l’opinione pubblica tradizionale dell’isola”. La perdita della maggioranza in Parlamento da parte del Dpp è una vittoria per Pechino che potrebbe puntare sulle divisioni interne per “vincere senza combattere”, come vuole l’Arte della guerra di Sun Zi. Intanto, sui social media in lingua cinese come Weibo e Douyin (versione originale di TikTok), dopo la propaganda degli ultimi giorni che dipingeva Lai come il candidato “pericoloso”, sono sbarcati video e commentatori che mostrano le “elezioni locali di Taipei, provincia della Repubblica popolare cinese”.
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Roma, 7 gen. (Adnkronos) - C’è la data del debutto stagionale indoor di Marcell Jacobs: l’oro di Tokyo esordirà nei 60 metri il 2 febbraio a Boston in occasione del New Balance Indoor Grand Prix. Sarà subito un big match: l’azzurro delle Fiamme Oro incontrerà il campione olimpico dei 100 metri di Parigi Noah Lyles.
L’annuncio è arrivato nella serata italiana: per Jacobs si tratterà di un ritorno sui 60 metri a distanza di quasi due anni dalla medaglia d’argento conquistata agli Europei indoor di Istanbul 2023 alle spalle dell’altro azzurro Samuele Ceccarelli. In questa specialità, Jacobs è stato campione del mondo a Belgrado nel 2022 con il record europeo di 6.41 dopo aver vinto l’oro nella stagione precedente agli Euroindoor di Torun 2021. Per l’atleta allenato da Rana Reider in Florida è il primo confronto diretto con Lyles sui 60 dopo tre sfide sui 100 metri, tutte terminate in favore dello statunitense: Parigi in Diamond League nel 2023, semifinale dei Mondiali di Budapest 2023, finale delle Olimpiadi di Parigi 2024. Il primato personale di Lyles sulla distanza risale alla scorsa stagione: 6.43 ad Albuquerque.
Roma, 7 gen. (Adnkronos) - "Fra una tanto propagandata ed inutile 'zona rossa' e l’altra, ora il governo Meloni e il ministro Piantedosi permettono un altro tipo di zona: la 'zona nera' fatta di neofascisti con la loro squallida ed inaccettabile simbologia, certi di essere impuniti. Una vergogna per il nostro Paese, un’onta per questo governo". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs sulla manifestazione ad Acca Larentia.
Roma, 7 gen. (Adnkronos) - Riunione del gruppo Pd Camera con la segretaria Elly Schlein. All'ordine del giorno dell'assemblea un punto sulla ripresa dei lavori parlamentari e sulla riforma della giustizia, con la separazione delle carriere, che sarà all'esame dell'aula.
Militello (Catania), 7 gen. (Adnkronos) - "Conservare i territori nella loro genuina consistenza è una opera preziosa di carattere nazionale, ma non si può fare se vengono impoverite, indebolite o addirittura abbandonate comunità delle aree interne montane". E' la denuncia del Capo dello Stato Sergio Mattarella nel suo intervento a Militello Val di Catania. "Vi sono gli strumenti moderni che consentono ormai di rispondere a questa esigenza - prosegue Mattarella - Il digitale consente di annullare le distanze, l'isolamento di un tempo, delle campagne, delle montagne, ma occorre procedere velocemente in queste direzione. Occorre accogliere, quindi, l'invito che arriva oggi da Militello di tenere conto di quanto sia elemento nazionale rilevante la sorte delle aree interne montane e delle isole minori. Quindi, da Militello parte una esortazione, una condivisione di opinioni che non è solo nell'interesse di questa città ma di tutti i comuni del nostro paese, grandi e piccoli, di pianura, di montagna, di aree interne, che avvertono quanto il vincolo nazionale sia essenziale, importante per ciascuno di loro e quanto sia indispensabile garantire nei territori servizi adeguati, collegamenti adeguati, e per tutti i cittadini e le cittadine".
Militello (Catania), 7 gen. (Adnkronos) - "Nel nostro paese, nel nostro Bel paese tante città, come Militello Val di Catania, tante aree interne o montane sono protagoniste della storia". Lo ha detto il Capo dello Stato Sergio Mattarella intervenendo a Militello Val di Catania. "Le aree interne, montane, delle piccole isole coprono il 60 per cento del nostro territorio, ci vivono 13 milioni di nostri concittadini - dice - Le aree interne, montane,sono per il nostro paese una ricchezza non solo storica, di memoria, conservano una immensa ricchezza di patrimonio artistico e culturale.Che fa parte essenziale, protagonista dell'attrazione che il nostro paese esercita nel mondo per la sua cultura, la sua arte, la sua storia, il suo modello di vita. Sono aree che richiedono, quindi, un intervento costante". "E' vero, come sanno bene i sindaci, vi è un problema che riguarda le comunicazioni, una quantità di servizi che vanno garantiti nell'interesse del'intero paese, non solo delle comunità interne", aggiunge.
Militello (Catania), 7 gen. (Adnkronos) - "Le nostre comunità soffrono il ridimensionamento dei servizi che riguardano la sanità, la scuola, i trasporti. Bisogna fermare questo processo, occorre combattere la dispersione scolastica e il rischio di isolamento. Spesso vedono i propri figli partire per studiare, lavorare, affermarsi in luoghi lontani, ritornare nelle feste comandate e avere un cuore sanguinante perché le radici sono forti e fa male andare via". E' la denuncia del sindaco di Miltello in Val di Catania, Giovanni Burtone, intervenendo al Palazzetto dello sport alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "L'inverno demografico- dice- si sta trasformando in glaciazione e non e' solo con la monetizzazione che si può affrontare. Serve una visione, serve convogliare nuove energie per tornare a dare speranza a questi luoghi. Ecco perché la visita della massima carica della nostra Repubblica, del garante della Costituzione e di quei diritti fondamentali che sono codificati nella prima parte della Carta, assume carattere di evento straordinario. In un mondo globalizzato e sempre connesso in cui purtroppo gli echi delle guerre ci ricordano che la natura umana ha limiti che ci fanno ricadere sempre negli stessi errori e che ci preoccupano per il futuro. La richiesta di pace non e' velleitaria ma la consapevolezza che il più lungo periodo di pace che questo continente ha conosciuto non e' una conquista perenne ma quotidiana".
Roma, 7 gen. (Adnkronos) - “Sono testimone, prima da sindaco e ora da deputato europeo, del lavoro che Elisabetta Belloni ha sempre svolto nella sua vita professionale, forte della sua esperienza in campo diplomatico e internazionale. Le sue dimissioni rappresentano una perdita importante per le Istituzioni democratiche della Repubblica italiana. A lei va il mio grazie più sincero per l'alto servizio che ha reso al nostro Paese, da ultimo nel suo delicato ruolo al vertice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Mi auguro che continuerà a ricoprire ruoli strategici e importanti nell'interesse dell'Italia e dell’Europa”. Lo dichiara l’europarlamentare Pd Dario Nardella.