Dopo le roventi polemiche del passato, un nuovo studio scientifico sulla contaminazione da pesticidi nel terreno e nell’aria, causata dalla coltivazione intensiva delle mele, arriva come una bomba a terremotare l‘Alto Adige e in particolare la Val Venosta, area d’elezione della Provincia autonoma dove si produce quasi la metà del raccolto italiano. A differenza di quanto accaduto nei mesi scorsi, quando una analoga ricerca tedesca finì letteralmente sul banco degli imputati in un processo per diffamazione, questa volta l’analisi realizzata da un pool di ricercatori dell’Istituto di scienze ambientali dell’Università tedesca di Kaiserslautern-Landau è stata pubblicata addirittura dalla prestigiosa rivista internazionale Nature. I risultati sono pesanti: dal campionamento condotto su 53 siti lungo 11 transetti altitudinali nella Val Venosta, la più grande area di coltivazione delle mele d’Europa, alla ricerca di 97 pesticidi di uso corrente nel suolo e nella vegetazione, sono stati “rilevati un totale di 27 pesticidi (10 insetticidi, 11 fungicidi e 6 erbicidi), provenienti principalmente da meleti. Il numero e le concentrazioni dei residui diminuivano con l’altitudine e la distanza dai frutteti, ma venivano rilevati anche nei siti più alti”, scrivono gli autori, sino nel Parco nazionale dello Stelvio.
Mentre il monitoraggio dell’acqua è stato stabilito su scala europea dalla Direttiva quadro sulle acque, questa è una delle prime ricerche che effettuano misurazioni dei pesticidi nel terreno. Secondo l’indagine, “la mappatura indica che le miscele di pesticidi possono essere presenti ovunque, dal fondovalle alle vette delle montagne. Questo studio dimostra una diffusa contaminazione da pesticidi degli ambienti alpini. Poiché sono state rilevate miscele di residui in remoti ecosistemi alpini e aree protette, chiediamo una riduzione dell’uso di pesticidi per prevenire ulteriore contaminazione e perdita di biodiversità”. In particolare, “i prati vallivi vicino ai meleti sono stati contaminati con un massimo di 13 diversi pesticidi di uso comune, principalmente insetticidi e fungicidi. Inoltre, residui di pesticidi di uso comune sono stati rilevati in tutti i siti di campionamento, anche nei prati alpini remoti a 2.318 metri di altitudine“.
“Si ipotizzava il trasporto di pesticidi ad altitudini più elevate e l’esposizione di insetti nel suolo e nella vegetazione lungo i pendii montuosi, ma non erano stati valutati in precedenza”, scrivono i ricercatori tedeschi Carsten A. Brühl, Nina Engelhard, Nikita Bakanov, Jakob Wolfram, Koen Hertoge e Johann G. Zaller. Ecco perché “lo scopo” del loro studio “era di valutare l’entità della distribuzione e dell’esposizione ai pesticidi di uso comune in due matrici terrestri chiave per gli insetti: il suolo, dove ad esempio la maggior parte delle api solitarie (circa il 65% delle specie) scavano i loro nidi e la vegetazione, che è habitat e risorsa alimentare per insetti erbivori come cavallette (ortotteri) o bruchi di farfalle (lepidotteri)”.
I risultati sono stati peggiori delle attese, finendo per confermare anche le ipotesi su nuove vie di contaminazione: “Da uno studio sul campionamento dell’aria nel fondovalle della Val Venosta sono stati rilevati anche diversi pesticidi, tra cui il fluazinam, che sono stati trasportati a diversi chilometri dalla fonte di applicazione. Anche in questo studio il fluazinam è stato rilevato più frequentemente (98% di tutti i campioni) anche alle altitudini più elevate (2318 metri sul livello del mare) e nella remota Val Mazia”, scrivono gli autori. “In Val Venosta”, secondo la ricerca condotta lungo l’intero asse della valle di 80 chilometri, “la sovrapposizione di venti stagionali e diurni, di circolazioni montagna-valle e di condizioni meteorologiche su larga scala determina il trasporto aereo di pesticidi di uso comune in tutta la valle, con conseguente deposizione e contaminazione a livello paesaggistico lungo la valle e dal fondovalle alle cime delle montagne, con nessuna differenza evidente tra i versanti esposti a nord o a sud. Questo modello di contaminazione è particolarmente preoccupante considerando che abbiamo effettuato il campionamento all’inizio di maggio” del 2022, scrivono gli autori, “e che le applicazioni di pesticidi continuano fino alla fine di settembre. Inoltre, potrebbero esserci più pesticidi di uso comune in uso rispetto ai 97 selezionati da noi analizzati, il che potrebbe aumentare ulteriormente il numero dei loro residui e la complessità delle miscele”.
Di certo, purtroppo il problema non è localizzato solo nel paradiso alpino dell’Alto Adige: “Simili modelli di contaminazione che portano a paesaggi chimici sono previsti in altre regioni dove viene praticata l’agricoltura intensiva in ambienti sensibili come le valli montane”, come in Germania e in Austria, scrivono gli autori dello studio. Che concludono con una proposta: “Per comprendere meglio il destino e l’esposizione ai pesticidi, sono necessari programmi di monitoraggio terrestre a lungo termine e su larga scala che dovrebbero essere incorporati nell’attuale proposta di direttiva UE sul monitoraggio del suolo”.
La notizia non sarà sicuramente gradita ai circa 6mila piccoli coltivatori di mele dell’Alto Adige. Anche perché, oltre al colpo di immagine, la ricerca pubblicata da Nature impatta su una realtà economia e sociale dove la mela è regina. Secondo le previsioni del Consorzio delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta, la stagione melicola 2023-24 appena partita potrebbe portare a una produzione totale (integrata e biologica) di 340mila tonnellate, il 10% in più dell’annata 2022-23. La stagione conclusa l’anno scorso è stata in generale ampiamente positiva per la raccolta delle mele in Alto Adige dal punto di vista quantitativo. Secondo Assomela, l’organismo di filiera che raggruppa tutte le principali realtà produttive nazionali del settore nel quale Alto Adige e Trentino sono predominante, a livello regionale l’Alto Adige nel 2023 si è portato a una raccolta di 1.005.617 tonnellate, in crescita del 16% rispetto al 2022, mentre il Trentino è rimasto pressoché stabile a 485.951 tonnellate.
La Val Venosta, con un terzo della produzione altoatesina, è il cuore di questo distretto, con importantissimi investimenti sul fronte della sostenibilità. Nel 2023 la raccolta di mele biologiche della valle si è chiusa a 48mila tonnellate, in crescita del 20% sul 2022. Ottima la qualità e buono anche l’andamento commerciale, segnalava l’Associazione delle Cooperative di produttori della valle, capaci di sostenere anche la maggior domanda dei mercati a nord delle Alpi, dove le produzioni 2023 erano state meno abbondanti della norma, e, soprattutto, un approvvigionamento in grado di andare di pari passo alla proposta di mele premium di produzione integrata con tutte le varietà in assortimento disponibili anche in biologico. “Dopo due anni un po’ complessi, l’ottimismo è giustificato dai risultati commerciali registrati in questi primi tre mesi, durante i quali è stato venduto il 35% in più di volumi rispetto all’anno scorso. Il mercato tira e ritira”, commentava poche settimane fa il product manager dell’Associazione Gerhard Eberhoefer. Dati confermati martedì 9 gennaio da Assomela che ha reso note le cifre su produzione, giacenze e vendite di mele italiane nella stagione commerciale 2023/2024. La produzione totale di mele nel 2023 si è assestata a 2.174.674 tonnellate, il 2,9% in più dell’anno prima, con la quota destinata al consumo fresco cresciuta di poco oltre 4% su base annua a 1.878.891 tonnellate.
Quello della mela è un business fondamentale per l’economia dell’Alto Adige, non solo per il valore economico (il giro d’affari per i produttori è stimato in oltre 700 milioni di euro, senza considerare la trasformazione industriale a valle in succhi e concentrati e l’alta percentuale di esportazioni) ma anche per l’impatto sociale sul territorio, vista la rete capillare delle 6mila piccole imprese agricole familiari che producono mele, riunite in cooperative e nel consorzio. Nel vicino Trentino, ad esempio, il 95% del volume della frutta nella Provincia autonoma, pari a circa 500 mila tonnellate, è dato dalle mele che si assestano su un giro d’affari di 350 milioni.
Lo studio pubblicato da Nature dimostra quindi la dimensione del problema della contaminazione e conferma la ricerca realizzata dall’Umweltinstitut di Monaco di Baviera nel 2017, costruita analizzando i libretti dei fitofarmaci usati nei meleti: all’epoca gli altri ricercatori tedeschi scrissero che veniva accertato l'”impiego di principi attivi estremamente pericolosi e l’esposizione multipla. Ogni meleto viene trattato in media 38 volte in un anno”. All’epoca la banca dati a disposizione dei ricercatori fu dovuta all’effetto boomerang della querela per diffamazione (finita con un’assoluzione) presentata dall’allora assessore all’agricoltura (e produttore agricolo) Arnold Schuler (Südtiroler Volkspartei) e dagli operatori del settore. All’epoca Schuler replicò che lo studio era stato “fatto per metterci in cattiva luce, il 90% degli insetticidi utilizzati è biologico”. Sarà. Ma la nuova ricerca delinea un quadro inquietante.
Ambiente & Veleni
La coltivazione intensiva di mele avvelena di pesticidi la Val Venosta. La ricerca su Nature: “Rilevati anche nei prati alpini a 2.300 metri”
Dopo le roventi polemiche del passato, un nuovo studio scientifico sulla contaminazione da pesticidi nel terreno e nell’aria, causata dalla coltivazione intensiva delle mele, arriva come una bomba a terremotare l‘Alto Adige e in particolare la Val Venosta, area d’elezione della Provincia autonoma dove si produce quasi la metà del raccolto italiano. A differenza di quanto accaduto nei mesi scorsi, quando una analoga ricerca tedesca finì letteralmente sul banco degli imputati in un processo per diffamazione, questa volta l’analisi realizzata da un pool di ricercatori dell’Istituto di scienze ambientali dell’Università tedesca di Kaiserslautern-Landau è stata pubblicata addirittura dalla prestigiosa rivista internazionale Nature. I risultati sono pesanti: dal campionamento condotto su 53 siti lungo 11 transetti altitudinali nella Val Venosta, la più grande area di coltivazione delle mele d’Europa, alla ricerca di 97 pesticidi di uso corrente nel suolo e nella vegetazione, sono stati “rilevati un totale di 27 pesticidi (10 insetticidi, 11 fungicidi e 6 erbicidi), provenienti principalmente da meleti. Il numero e le concentrazioni dei residui diminuivano con l’altitudine e la distanza dai frutteti, ma venivano rilevati anche nei siti più alti”, scrivono gli autori, sino nel Parco nazionale dello Stelvio.
Mentre il monitoraggio dell’acqua è stato stabilito su scala europea dalla Direttiva quadro sulle acque, questa è una delle prime ricerche che effettuano misurazioni dei pesticidi nel terreno. Secondo l’indagine, “la mappatura indica che le miscele di pesticidi possono essere presenti ovunque, dal fondovalle alle vette delle montagne. Questo studio dimostra una diffusa contaminazione da pesticidi degli ambienti alpini. Poiché sono state rilevate miscele di residui in remoti ecosistemi alpini e aree protette, chiediamo una riduzione dell’uso di pesticidi per prevenire ulteriore contaminazione e perdita di biodiversità”. In particolare, “i prati vallivi vicino ai meleti sono stati contaminati con un massimo di 13 diversi pesticidi di uso comune, principalmente insetticidi e fungicidi. Inoltre, residui di pesticidi di uso comune sono stati rilevati in tutti i siti di campionamento, anche nei prati alpini remoti a 2.318 metri di altitudine“.
“Si ipotizzava il trasporto di pesticidi ad altitudini più elevate e l’esposizione di insetti nel suolo e nella vegetazione lungo i pendii montuosi, ma non erano stati valutati in precedenza”, scrivono i ricercatori tedeschi Carsten A. Brühl, Nina Engelhard, Nikita Bakanov, Jakob Wolfram, Koen Hertoge e Johann G. Zaller. Ecco perché “lo scopo” del loro studio “era di valutare l’entità della distribuzione e dell’esposizione ai pesticidi di uso comune in due matrici terrestri chiave per gli insetti: il suolo, dove ad esempio la maggior parte delle api solitarie (circa il 65% delle specie) scavano i loro nidi e la vegetazione, che è habitat e risorsa alimentare per insetti erbivori come cavallette (ortotteri) o bruchi di farfalle (lepidotteri)”.
I risultati sono stati peggiori delle attese, finendo per confermare anche le ipotesi su nuove vie di contaminazione: “Da uno studio sul campionamento dell’aria nel fondovalle della Val Venosta sono stati rilevati anche diversi pesticidi, tra cui il fluazinam, che sono stati trasportati a diversi chilometri dalla fonte di applicazione. Anche in questo studio il fluazinam è stato rilevato più frequentemente (98% di tutti i campioni) anche alle altitudini più elevate (2318 metri sul livello del mare) e nella remota Val Mazia”, scrivono gli autori. “In Val Venosta”, secondo la ricerca condotta lungo l’intero asse della valle di 80 chilometri, “la sovrapposizione di venti stagionali e diurni, di circolazioni montagna-valle e di condizioni meteorologiche su larga scala determina il trasporto aereo di pesticidi di uso comune in tutta la valle, con conseguente deposizione e contaminazione a livello paesaggistico lungo la valle e dal fondovalle alle cime delle montagne, con nessuna differenza evidente tra i versanti esposti a nord o a sud. Questo modello di contaminazione è particolarmente preoccupante considerando che abbiamo effettuato il campionamento all’inizio di maggio” del 2022, scrivono gli autori, “e che le applicazioni di pesticidi continuano fino alla fine di settembre. Inoltre, potrebbero esserci più pesticidi di uso comune in uso rispetto ai 97 selezionati da noi analizzati, il che potrebbe aumentare ulteriormente il numero dei loro residui e la complessità delle miscele”.
Di certo, purtroppo il problema non è localizzato solo nel paradiso alpino dell’Alto Adige: “Simili modelli di contaminazione che portano a paesaggi chimici sono previsti in altre regioni dove viene praticata l’agricoltura intensiva in ambienti sensibili come le valli montane”, come in Germania e in Austria, scrivono gli autori dello studio. Che concludono con una proposta: “Per comprendere meglio il destino e l’esposizione ai pesticidi, sono necessari programmi di monitoraggio terrestre a lungo termine e su larga scala che dovrebbero essere incorporati nell’attuale proposta di direttiva UE sul monitoraggio del suolo”.
La notizia non sarà sicuramente gradita ai circa 6mila piccoli coltivatori di mele dell’Alto Adige. Anche perché, oltre al colpo di immagine, la ricerca pubblicata da Nature impatta su una realtà economia e sociale dove la mela è regina. Secondo le previsioni del Consorzio delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta, la stagione melicola 2023-24 appena partita potrebbe portare a una produzione totale (integrata e biologica) di 340mila tonnellate, il 10% in più dell’annata 2022-23. La stagione conclusa l’anno scorso è stata in generale ampiamente positiva per la raccolta delle mele in Alto Adige dal punto di vista quantitativo. Secondo Assomela, l’organismo di filiera che raggruppa tutte le principali realtà produttive nazionali del settore nel quale Alto Adige e Trentino sono predominante, a livello regionale l’Alto Adige nel 2023 si è portato a una raccolta di 1.005.617 tonnellate, in crescita del 16% rispetto al 2022, mentre il Trentino è rimasto pressoché stabile a 485.951 tonnellate.
La Val Venosta, con un terzo della produzione altoatesina, è il cuore di questo distretto, con importantissimi investimenti sul fronte della sostenibilità. Nel 2023 la raccolta di mele biologiche della valle si è chiusa a 48mila tonnellate, in crescita del 20% sul 2022. Ottima la qualità e buono anche l’andamento commerciale, segnalava l’Associazione delle Cooperative di produttori della valle, capaci di sostenere anche la maggior domanda dei mercati a nord delle Alpi, dove le produzioni 2023 erano state meno abbondanti della norma, e, soprattutto, un approvvigionamento in grado di andare di pari passo alla proposta di mele premium di produzione integrata con tutte le varietà in assortimento disponibili anche in biologico. “Dopo due anni un po’ complessi, l’ottimismo è giustificato dai risultati commerciali registrati in questi primi tre mesi, durante i quali è stato venduto il 35% in più di volumi rispetto all’anno scorso. Il mercato tira e ritira”, commentava poche settimane fa il product manager dell’Associazione Gerhard Eberhoefer. Dati confermati martedì 9 gennaio da Assomela che ha reso note le cifre su produzione, giacenze e vendite di mele italiane nella stagione commerciale 2023/2024. La produzione totale di mele nel 2023 si è assestata a 2.174.674 tonnellate, il 2,9% in più dell’anno prima, con la quota destinata al consumo fresco cresciuta di poco oltre 4% su base annua a 1.878.891 tonnellate.
Quello della mela è un business fondamentale per l’economia dell’Alto Adige, non solo per il valore economico (il giro d’affari per i produttori è stimato in oltre 700 milioni di euro, senza considerare la trasformazione industriale a valle in succhi e concentrati e l’alta percentuale di esportazioni) ma anche per l’impatto sociale sul territorio, vista la rete capillare delle 6mila piccole imprese agricole familiari che producono mele, riunite in cooperative e nel consorzio. Nel vicino Trentino, ad esempio, il 95% del volume della frutta nella Provincia autonoma, pari a circa 500 mila tonnellate, è dato dalle mele che si assestano su un giro d’affari di 350 milioni.
Lo studio pubblicato da Nature dimostra quindi la dimensione del problema della contaminazione e conferma la ricerca realizzata dall’Umweltinstitut di Monaco di Baviera nel 2017, costruita analizzando i libretti dei fitofarmaci usati nei meleti: all’epoca gli altri ricercatori tedeschi scrissero che veniva accertato l'”impiego di principi attivi estremamente pericolosi e l’esposizione multipla. Ogni meleto viene trattato in media 38 volte in un anno”. All’epoca la banca dati a disposizione dei ricercatori fu dovuta all’effetto boomerang della querela per diffamazione (finita con un’assoluzione) presentata dall’allora assessore all’agricoltura (e produttore agricolo) Arnold Schuler (Südtiroler Volkspartei) e dagli operatori del settore. All’epoca Schuler replicò che lo studio era stato “fatto per metterci in cattiva luce, il 90% degli insetticidi utilizzati è biologico”. Sarà. Ma la nuova ricerca delinea un quadro inquietante.
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Obiettivo ottavi di finale, quasi, raggiunto per l'Inter. La vittoria di Praga contro lo Sparta avvicina infatti la qualificazione ai nerazzurri, già certi dei playoff, e vittoriosi in Repubblica Ceca 1-0 grazie al bel gol di Lautaro Martinez nel primo tempo. Ora Inzaghi sale al quarto posto in classifica a quota 16 punti, mentre lo Sparta Praga rimane a 4, eliminato.
L'Inter riesce a sbloccare il match già al 12' grazie al bel gol di Lautaro Martinez, che calcia al volo su assist di Bastoni e firma l'1-0 nerazzurro. Lo Sparta Praga è confuso ma la squadra di Inzaghi non riesce ad approfittarne: Asllani non sfrutta un grossolano errore in uscita dei cechi, mentre Barella ci prova da fuori area senza riuscire a inquadrare la porta. L'unica occasione dei padroni di casa arriva con Birmancevic, ma il suo tiro viene bloccato facilmente da Sommer.
Nella ripresa l'Inter trova il raddoppio al 59' con Dumfries, rapido a segnare in tap-in dopo il tentativo parato di Lautaro, ma l'arbitro annulla per un fuorigioco a inizio azione di Dimarco. Proprio l'esterno nerazzurro ci prova da fuori area, ma senza centrare la porta, mentre Lautaro sfiora la doppietta ma trova ancora una volta la parata del portiere avversario. Nel finale è Frattesi, appena entrato in campo, ad avere una buona occasione, ma anche lui si scontra con il riflesso provvidenziale di Vindahl. Termina quindi 1-0 per l'Inter a Praga.
Palermo, 22 gen. (Adnkronos) - Sarà 'Confini' il tema della 15esima edizione di Taobuk-Taormina International Book Festival, ideato e diretto da Antonella Ferrara, che si terrà dal 18 al 22 giugno 2025. Sul concept prescelto si confronteranno oltre 200 scrittori, artisti, scienziati, intellettuali, politici ed economisti, provenienti da più di 30 Paesi nel mondo, chiamati ad animare la manifestazione realizzata con il sostegno della Regione Siciliana, Assessorato del Turismo, Sport e Spettacolo, e con il contributo di Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Città di Taormina, Parco Archeologico Naxos Taormina, Fondazione Taormina Arte Sicilia, Ministero della Cultura, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Rappresentanza in Italia del Parlamento Europeo, ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo, Teatro Massimo Bellini di Catania, Fondazione Taormina Arte Sicilia, Fondazione Palazzo Strozzi, Università degli Studi di Messina, Università degli Studi di Catania.
Come sottolinea Antonella Ferrara, presidente e direttrice artistica di Taobuk: “I confini, fisici e geografici, ma anche ideali ed esistenziali, segnano la nostra esperienza come individui e come collettività. Non si possono configurare esclusivamente come semplici linee di separazione, ma rappresentano luoghi di confronto e scoperta, spazi di passaggio dove l’io incontra il tu, il noto si confronta con l’ignoto, e la diversità diventa risorsa. Troppo spesso, però, li interpretiamo come mura invalicabili, che difendono un’identità percepita come fragile o minacciata. Invece di essere corridoi verso l’altro, vengono sovente eretti come demarcazioni isolanti, linee che separano ciò che è familiare da ciò che non lo è, alimentando diffidenza e paura. Ma un confine non si può ridurre a ciò che si contrappone: è anche e soprattutto ciò che collega. È dunque un invito a uscire dal proprio perimetro per accogliere il diverso, comprendere il nuovo, costruire ponti.”
I prestigiosi Taobuk Award saranno assegnati, come ogni anno, a personalità di altissimo profilo letterario, artistico, scientifico o dell’impegno civile, coerentemente con la vocazione multidisciplinare del festival e con la missione di farsi osservatorio della società attraverso un dialogo permanente con i protagonisti di un villaggio sempre più globale. La consegna avverrà nella serata di sabato 21 giugno al Teatro Antico di Taormina nel corso del Taobuk Gala, uno spettacolo che andrà in onda, come di consueto, su Rai1. Particolarmente attesi gli scrittori Peter Cameron, Joe R. Lansdale e Susanna Tamaro, tra gli assegnatari del Taobuk Award for Literary Excellence.
Taobuk farà da cornice ad una serie di iniziative volte a celebrare i 50 anni dalla prima edizione di “Horcynus Orca”, capolavoro di Stefano D’Arrigo, in collaborazione con la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, presieduta da Luca Formenton e diretta da Paolo Verri. Un progetto ambizioso e articolato che attraversa tutto il Paese, dando vita ad un fitto calendario che vedrà la realizzazione di una mostra, uno spettacolo e un’importante opera di digitalizzazione. Si tratta di un anniversario che si lega profondamente al motivo conduttore di questa edizione del Festival. Molteplici i confini che il protagonista ‘Ndrja Cambria dovrà varcare. L’iniziativa coinvolgerà anche l’editore Rizzoli, che sta ripubblicando le opere dello scrittore, per approdare poi nelle scuole di Sicilia, Calabria Piemonte e Lombardia con oltre 1000 copie distribuite agli studenti, coinvolti in un lavoro di lettura e commento del testo, i cui risultati saranno presentati al Salone del Libro di Torino e a Taobuk, dove le classi più meritevoli vinceranno un soggiorno. Un risvolto non secondario verrà, infine, dalla digitalizzazione dei principali documenti relativi alla vicenda editoriale di “Horcynus Orca”, grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e di Pavia. Infine, domenica 22 Giugno nella cornice del Teatro Antico di Taormina, il festival accoglierà un suggestivo spettacolo, tra musica e parole, affidato alla regia di Davide Livermore, a cui spetterà di evocare i suggestivi brani del romanzo di D’Arrigo.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Le persone vogliono sentirsi sicure nelle loro città, nelle loro case. Ma l'approccio della destra è sbagliato perchè non basta rafforzare i presidi delle forze dell'ordine, che neanche fanno perchè non ci mettono soldi e mandano poliziotti a fare la guardia ai centri migranti vuoti in Albania, servono presidi sociali e educativi e anche la questione del cambiamenti climatico è una questione di sicurezza". Lo dice Elly Schlein all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato.
Milano, 22 gen. (Adnkronos) - "Come ogni anno, Samsung presenta il nuovo flagship: Samsung Galaxy S25. Lo scorso anno, con Galaxy S24, abbiamo introdotto per la prima volta l’intelligenza artificiale sugli smartphone e quest’anno, con la nuova serie, facciamo un ulteriore balzo in avanti, riuscendo a dare all’intelligenza artificiale una connotazione ancora più fluida, semplice e, direi, conversazionale”. Lo spiega ai microfoni dell’Adnkronos Nicolò Bellorini Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia, in occasione di Samsung Galaxy Unpacked 2025, l’evento con cui l’azienda sudcoreana presenta la nuova serie di smartphone Samsung Galaxy.
Questa rivoluzione nel mondo degli smartphone AI è resa possibile da diverse innovazioni, la multimodalità in primis, come sottolinea Bellorini: “Samsung Galaxy S25 è in grado di capire perfettamente il contesto nel quale avvengono le richieste, perché comprende voce, video, suoni, testi, file Pdf e qualunque altra cosa. La seconda innovazione importante è la potenza degli agenti AI, che consente a S25 di performare task complessi, che possono andare anche da un’app all’altra”.
I più recenti top di gamma di Samsung portano infatti le capacità di Galaxy AI a un livello superiore, con un’elaborazione AI avanzata direttamente sul dispositivo, migliorando ulteriormente il comparto fotografico leader del settore Galaxy grazie a ProVisual Engine di nuova generazione e offrendo prestazioni eccezionali grazie al processore Qualcomm Snapdragon 8 Elite per Galaxy.
La nuova serie Galaxy S25 stabilisce così un nuovo standard per l’AI mobile, garantendo l’esperienza mobile più naturale e consapevole mai raggiunta, e rappresenta il primo passo nella visione di Samsung di cambiare il modo in cui gli utenti interagiscono con i loro smartphone e con il mondo che li circonda.
“Come l’anno scorso, sono tre i modelli disponibili, Galaxy S25 Ultra, Galaxy S25+ e Galaxy S25, con vari tagli di memoria - conclude il Vice President Mobile eXperience division di Samsung Electronics Italia - da 128Gb fino 1Tb, tutti con 12Gb di Ram”.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Quale è la visione del governo Meloni di fronti ai cambiamenti climatici? E' semplice, basta fare così". Lo dice Elly Schlein tappandosi gli occhi all'evento 'Chi non si ferma é perduto' sui cambiamenti climatici, organizzato dai senatori Pd in collaborazione con Deputati Pd e Fondazione Demo, alla Sala Koch al Senato. "Come facevamo da bambini, quando c'era qualcosa che ci faceva paura. Ma il prezzo della non conversione, del non affrontare i cambiamenti climatici è molto più costoso che farlo".
"Quanta competitività perdono le aziende italiane rispetto" ad altri Paesi dove si investe in rinnovabili? Ma "il governo non se ne occupa. Questi sono invece gli obiettivi che ci stiamo dando in vista della Cop 30" in Brasile.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "La Lega di Matteo Salvini non perde tempo e scavalca a destra Giorgia Meloni, sempre più legata all'internazionale nera, annunciando la decisione di aprire il dibattito per dire stop all'adesione dell'Italia dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Questa posizione, ispirata all'analogo passo compiuto ieri da Donald Trump, rappresenterebbe un grave segnale di isolamento dell'Italia a livello internazionale e dai principali organismi impegnati nella tutela della salute globale". Così Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e parlamentare di Avs.
"L'Oms non è solo un'istituzione scientifica di riferimento, ma un baluardo nella lotta contro pandemie, malattie croniche e disuguaglianze sanitarie in Africa e nei Paesi più poveri. Quando, a metà del XIX secolo, la peste, il colera e la febbre gialla hanno scatenato ondate mortali in un mondo appena industrializzato e interconnesso, l’adozione di un approccio globale alla salute è diventata un imperativo. Medici, scienziati, presidenti e primi ministri convocarono con urgenza la Conferenza Sanitaria Internazionale di Parigi nel 1851, un precursore di quella che oggi è la più grande del suo genere: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nota come Oms. In mezzo alle crisi, ai conflitti, alla continua minaccia di epidemie e ai cambiamenti climatici, l’Oms ha reagito: dalle guerre a Gaza, in Sudan e in Ucraina fino a garantire l’arrivo di vaccini e forniture mediche salvavita in aree remote o pericolose, svolgendo un ruolo fondamentale di indirizzo nel rispondere all'emergenza Covid-19".
"La Lega dimostra ancora una volta un approccio irresponsabile, che antepone logiche ideologiche e sovraniste al benessere dei cittadini. Interrompere la nostra adesione all'Oms significa rinunciare a strumenti essenziali di coordinamento globale, scambio di conoscenze e accesso a risorse indispensabili per affrontare emergenze sanitarie. Andrebbero ignorati: ma siccome governano il Paese è bene sapere cosa pensano di questa folle proposta il Ministro della salute Schillaci, la premier Giorgia Meloni e la maggioranza di destra che sostiene il suo governo" conclude Bonelli.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - L'Istituto per il Credito Sportivo e Culturale ('Icsc') torna per la seconda volta sul mercato delle emissioni Esg portando a termine con straordinario successo il collocamento di un prestito obbligazionario Social unsecured senior preferred dedicato al supporto di investimenti ad elevato impatto nei settori Sport e Cultura, riservato agli investitori istituzionali.
L’operazione ha registrato ordini complessivi per circa 2 miliardi di euro, pari a oltre 6 volte l’offerta iniziale. L’emissione ha visto la partecipazione di un’ampia platea di sottoscrittori nazionali ed esteri per il 45%, in particolare Germania/Austria (24%), a dimostrazione del crescente interesse degli investitori per il settore delle infrastrutture sociali in Italia.
Il prestito obbligazionario, con scadenza a cinque anni e cedola a tasso fisso annua del 3,50%, costituisce la prima emissione a valere sul programma Emtn (Euro Medium Term Note) da 1 miliardo di euro pubblicato il 19 dicembre 2024, la seconda per Icsc dopo l’emissione stand alone del 2022. Il rating del Social Bond è stimato in linea con quelli assegnati alla Banca dalle agenzie S&P e DBRS, rispettivamente pari a BBB- (Stable) e BBB (Positive).
I proventi dell’emissione saranno utilizzati per sostenere investimenti ad elevato impatto sociale nei settori Sport e Cultura, in linea con la missione dell’Istituto e gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
“L’emissione del nuovo Social Bond riflette il crescente impegno di Icsc sul fronte della finanza sostenibile, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo dei settori Sport e Cultura. La straordinaria domanda da parte degli investitori istituzionali conferma la fiducia dei mercati nei confronti di Icsc, riconoscendone la consolidata capacità di mobilitare capitali a lungo termine secondo principi di sostenibilità, responsabilità e inclusione sociale, equità intergenerazionale. Lo Sport e la Cultura rappresentano in misura crescente asset class in grado di generare significative opportunità di investimento a impatto, creando valore economico e sociale, reale e duraturo per il Paese", ha commentato l’Amministratore Delegato Antonella Baldino.
Il bond, ammesso alla negoziazione presso il mercato regolamentato della Borsa del Lussemburgo, è stato emesso a valere sul Social Bond Framework di Icsc, pubblicato nel luglio 2022, che ha ottenuto una favorevole Second Party Opinion rilasciata da Iss Corporate Solutions, confermando l’allineamento agli Icma Principles e la robustezza degli Eligibility Criteria.
Imi-Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Santander e Morgan Stanley hanno agito in qualità di Joint Lead Managers del collocamento.