Sono nato in una laguna, e nel mondo che per me conta – dove la terra finisce nel mare – vado in cerca di animali da quando ho imparato a camminare e a nuotare. Quella di diventare un ecologo marino fu dunque una scelta obbligata.
Un tempo mi bastava soddisfare la mia curiosità scientifica; capire i meccanismi della natura, o cercare di capirli, era motivo di completa soddisfazione. Questo mi ha portato a spiare i grandi animali del mare in Messico e in Islanda, alle Hawaii e nei Caraibi, in Marocco e alle Canarie, ultimamente soprattutto in Mediterraneo e Mar Rosso; raccogliendo dati per il dottorato ho fatto naufragio nel Mare di Cortez, ma ho anche scoperto una nuova manta.
Con il passare degli anni e con il progressivo deterioramento dell’ambiente marino, mi sono convinto che l’era della curiosità fine a se stessa è conclusa. Oggi, in pieno Antropocene, è venuto il momento di rimboccarsi le maniche e conservare quanto è rimasto, e nell’imperativo di conservare, la scienza da fine si è trasformata in mezzo.
Negli ultimi anni l’insegnamento di scienza e politiche di conservazione della biodiversità marina all’Università statale di Milano, insieme alla presidenza dell’Istituto Tethys che ho fondato, mi fornisce l’opportunità di trasmettere la mia passione a persone più giovani di me. Ho la speranza che un giorno queste persone potranno vedere un mare che torna a migliorare; purtroppo una sorte impensabile per quanto mi concerne.
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