Di Stefano Feltri e Alessandro Barbera.
Dal 2007 a oggi la crisi dell’euro ha fatto cadere governi, fallire banche, capitolare intere economie. Milioni di cittadini europei stanno pagando il conto di scelte che non hanno compreso né condiviso. Le previsioni catastrofiste sulla tenuta dell’euro sono (per ora) andate a vuoto, ma in Italia il prezzo è stato altissimo: molto rigore, troppe tasse, un aumento vertiginoso della disoccupazione e del debito pubblico. Così all’improvviso la politica è stata costretta a discutere, difendere, proporre: bisogna uscire dall’euro; solo la lira può salvare le imprese; la Germania di Angela Merkel sta combattendo una guerra senza carri armati. Oppure no: dobbiamo rimanere nella moneta unica ma “battere i pugni sul tavolo”, rompere i vincoli del rigore, accettare il fallimento delle istituzioni comunitarie e tornare a una “Europa dei popoli”, qualunque cosa questo voglia dire. Ma al di là degli slogan, quasi nessuno sa cosa sia successo davvero: come si è passati dalla crisi delle banche a quella degli Stati e poi di nuovo delle banche? Di questo circolo vizioso senza precedenti tra debito privato e debito pubblico, la Bce è la maggiore responsabile o l’unica soluzione possibile? Consegnare il destino dell’Europa alla Banca centrale è l’inevitabile conseguenza del vuoto della politica o una preoccupante sconfitta della democrazia? Il problema dell’Italia è l’Europa o semmai è vero il contrario? La notte dell’euro è stata lunga ma non è ancora finita. Queste pagine sono una guida per orientarsi nel buio.