Carife, anno 2007. L’istituto bancario ferrarese sta acquistando banche in mezza Italia e moltiplicando le filiali. Il management tra i tanti progetti in cantiere ne lancia uno che nelle premesse doveva rivoluzionare il mercato dell’arte. L’investimento iniziale, da raccogliere attraverso quote di adesione da 250mila euro, è di tutto rispetto. Si parte da 25 milioni. I più ottimisti arrivano a ipotizzare una raccolta di 50 milioni. È il progetto Pinachoteca, un nome che all’indomani del 5 aprile 2007, giorno della presentazione, è su tutti i principali quotidiani economici nazionali. Un nome che oggi in pochi ricordano, visto che appena un anno dopo non ne parla più nessuno.
Eppure per lanciare Pinacotheca i vertici della Cassa di Risparmio di Ferrara erano riusciti a muovere addirittura Palazzo Koch. Il gruppo bancario estense ottenne da Bankitalia, primo caso nella storia finanziaria italiana, l’autorizzazione a creare un fondo d’investimento chiuso dedicato alle opere d’arte. La maxi operazione venne affidata a Vegagest, società di gestione del risparmio allora in mano alla stessa Carife.
Il portafoglio investimenti immaginato inizialmente parlava di un budget compreso tra 20 e 50 milioni di euro. Milioni utili ad avviare la compravendita di opere pittoriche di artisti minori attivi tra il 1200 e il 1800. Quella doveva essere la fetta di mercato da conquistare e sviluppare. Con un presunto ritorno economico e di immagine per tutta la città. “Il fondo Pinacoteca farà sentire la propria voce nel mercato dell’arte – assicurava l’allora direttore generale Gennaro Murolo – con importanti ricadute positive anche sul nostro territorio”.
Collegata alla strategia dell’art fund c’era anche l’allestimento di una mostra e la restituzione ai ferraresi di una medievale chiesa sconsacrata. La parte tecnica doveva essere affidata a un pool di esperti coordinati da Vittorio Sgarbi, con il compito di cercare in tutto il mondo tele da acquistare. Opere d’arte di autori minori da valorizzazione a fini di una successiva vendita al grande pubblico.
Le sottoscrizioni erano partite il 30 marzo 2007. La raccolta doveva durare nove mesi, per arrivare a fine anno con la campagna acquisti di opere d’arte. Basta già un mese per capire che le previsioni erano infondate. Per maggio era stata annunciata una grande mostra mercato a Ferrara, da tenersi nella la chiesa di San Simone, già di proprietà Carife. Il monumento doveva diventare poi sede permanente per l’esposizione di quadri di provenienza internazionale. Ma non ci è mai entrata una cornice.
Arriviamo a novembre 2007. Su Milano Finanza (Numero 229 del 17/11/2007) si legge che Vegagest sta ancora attuando il fund raising tra i potenziali sottoscrittori. Nemmeno un anno dopo, siamo a ottobre 2008, il fondo risulta già in vendita. Lo rende noto in una intervista al Sole 24Ore (inserto Plus del 10/03/2012) Valter Mainetti, amministratore delegato di Sorgente Group (tra le maggiori società italiane nel settore dei fondi di investimento) e presidente dell’omonima fondazione. Proprio Sorgente Sgr perfezionerà nel settembre 2009 l’acquisizione di Pinacotheca dal gestore Vegagest. Sorgente poi, nel marzo del 2012, la metterà a sua volta in vendita. Evidentemente perché l’affare è tutt’altro che remunerativo.
“Pinacotheca era una mia idea che è nata e morta lì – commenta oggi il coordinatore mancato Vittorio Sgarbi -, un progetto che è naufragato lentamente. Ma è passato troppo tempo ormai perché questo importi a qualcuno, sarebbe come andare a parlare del governo D’Alema”.
Forse oggi non importerà a nessuno ma, a guardare la situazione di Carife a sei anni di distanza, qualche dubbio sulla lungimiranza del management di allora sorge spontanea. Carife, anno 2013. L’istituto bancario ferrarese, dopo una campagna di espansione fallimentare e investimenti allegri a Milano, si trova in amministrazione straordinaria. Il piano di risanamento prevede esodi incentivati per oltre 100 persone. Chi rimane vedrà lo stipendio decurtato fino al 25%. Ciliegina sulla torta, l’ex dg Murolo, che prometteva ricadute positive sul territorio, è stato condannato in primo grado a 3 anni per truffa nel processo legato ai progetti di sviluppo immobiliare della Cassa nei fondi Milano Santa Monica e MiLuce.