Una vicenda giudiziaria che lascia presagire un processo molto lungo unisce due città adriatiche. Ravenna e Molfetta, distanti 600 chilometri, sono al centro di un’indagine che intende far luce sulle responsabilità della politica e dell’imprenditoria nella realizzazione del nuovo porto commerciale della città pugliese. Nell’opera, come capofila di un consorzio di 3 imprese, vincitore dell’appalto per lavori pubblici, è coinvolta la cooperativa rossa Cmc di Ravenna (associata alla galassia Legacoop), quinta azienda nazionale nel settore delle costruzioni, impegnata tra l’altro in commesse importanti e discusse come la realizzazione della Tav Torino-Lione.
A Ravenna in questi giorni tante famiglie hanno temuto il peggio. La procura di Trani ha chiesto di bloccare tutti i cantieri della Cooperativa muratori cementisti e di interdirla totalmente dall’attività imprenditoriale. Al termine di un’udienza di più di due ore il gip del tribunale di Bari si è riservato la decisione in merito, rinviando di fatto un pronunciamento che chiarirà le responsabilità del colosso ravennate dell’edilizia nell’inchiesta sul porto fantasma di Molfetta.
Tutto è iniziato nel 2010 quando Guardia di Finanza e Forestale hanno avviato accertamenti sull’appalto integrato per l’ampliamento del porto commerciale marittimo. L’attività investigativa, conclusa a inizio di ottobre 2013, ha portato a spiccare due ordinanze di custodia cautelare e a iscrivere nel registro degli indagati 60 persone, di cui 9 facenti parte della Cmc, tra i quali si distinguono in particolare i nomi del presidente Massimo Matteucci, dell’amministratore delegato Dario Foschini e del dirigente tecnico Carlo Parmigiani. Agli arresti domiciliari è finito invece, il 7 ottobre, accanto all’ex dirigente comunale dei lavori pubblici del comune di Molfetta Vincenzo Balducci, il manager ravennate Giorgio Calderoni, procuratore speciale e direttore di cantiere, rimesso poco dopo in libertà. Per lui sono stati ipotizzati una sfilza di reati tra cui associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, crimini contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e diversi illeciti ambientali. L’indagine ha portato anche ai sequestri dell’area destinata al nuovo porto, per un valore di 42 milioni di euro e della restante somma di finanziamento pubblico (33 milioni di euro), non ancora impiegata dal Comune barese.
Un fiume di soldi (circa 83 milioni di euro) è arrivato a Molfetta per la costruzione della diga foranea e del nuovo porto. Allora era sindaco Antonio Azzolini, che ora siede a Palazzo Madama nelle fila del Pdl, come presidente della commissione bilancio. Le opere cantierate non sono mai state realizzate, vista la presenza di ordigni della seconda guerra mondiale nel fondale marino prospiciente l’area di lavoro. Un aspetto non trascurabile è che la presenza di residuati bellici “era già nota alle parti contraenti prima della consegna dei lavori”, come spiega la Forestale in una nota.
La richiesta di interrompere le attività della Cmc, formulata dal pm del tribunale di Trani, è motivata dal rischio di reiterazione del presunto reato in altre commesse. La linea difensiva della coop, sostenuta dagli avvocati Ermanno Cicognani di Ravenna e Filippo Sgubbi di Bologna, punta invece sull’estraneità dei vertici aziendali ai fatti e sul ruolo non ritenuto apicale di Calderoni, poiché egli avrebbe avuto rapporti diretti non con la Cmc ma con la società operativa Molfetta Newport, un’azienda con sede a Ravenna, per la quale è stata chiesta la medesima misura di interdizione.
Sul fronte della difesa del lavoro il M5S ravennate ha lanciato la sua provocazione all’amministrazione cittadina: “Nessuna forza politica, nemmeno il Pd, si è chiesta che cosa potrebbe accadere ai lavoratori della Cmc se la richiesta del pm venisse accolta”. Non ha tardato a rispondere il sindaco del Pd Fabrizio Matteucci, rimarcando il ruolo strategico della coop per il tessuto economico ravennate: “La Cmc è un’azienda affidabile e solida dal punto di vista patrimoniale ed economico -ha detto. È una delle imprese del settore delle costruzioni più importanti del nostro Paese e ha commesse in ogni parte del mondo. Non è mio compito e non voglio entrare nel merito dell’inchiesta giudiziaria: sarà la magistratura a decidere, ma inibire l’attività della Cmc provocherebbe danni enormi. Metterebbe in difficoltà migliaia di famiglie e, in un momento cosi difficile, la nostra economia cittadina”.