“Moretti e i manager pubblici devono rinunciare alla prescrizione. Lo Stato deve chiedere loro di non accettare la prescrizione. Non vogliamo vendetta, solo verità. Il dolore non si prescrive”, parla Marco Piagentini, 48 anni, uno dei sopravvissuti della strage ferroviaria di Viareggio che gli ha portato via la moglie Stefania e due dei tre figli (Luca e Lorenzo). Oggi arriverà la sentenza di primo grado per l’incidente (32 morti), tra i 33 imputati anche manager pubblici. E Mauro Moretti, all’epoca alla guida delle Ferrovie, oggi di Finmeccanica. Piagentini aspetta il verdetto “accompagnando Leonardo a calcio, aiutandolo a preparare il saggio di matematica. Non c’è altro modo per andare avanti… vivendo”. Non c’è odio nella sua voce, né il tentativo di suscitare commozione. Piuttosto “dignità”, parola che ripete spesso. Il suo tono fermo pare un estremo gesto di amore per la famiglia.
Cosa ricorda del 29 giugno 2009?
Tutto. Ho sentito lo sferragliare. Poi l’odore di gas. Ho capito che c’era pericolo di un’esplosione e ho caricato due figli in auto con mia moglie, poi sono corso in casa per prendere Leonardo. A quel punto è stato tutto fuoco…
Come si è salvato?
Destino. Forse dovevo vivere per Leonardo. Non so spiegare altrimenti… un furgone mi ha protetto dal crollo. Sono rimasto per un’ora sotto le macerie che mi hanno riparato dal calore del fuoco. Ma anche in quei momenti ero cosciente, sentivo le fiamme, le urla.
Poi è stato un calvario…
Quarantacinque giorni di coma, poi sei mesi di ospedale e 60 operazioni per le ustioni sul 98 per cento del corpo. Non le dico cosa provavo ogni mattina quando mi passavano una spazzola sulla carne.
Sapeva che sua moglie e due suoi figli erano morti?
Lo sentivo. Per mesi ho sognato me e mio figlio Leonardo che ci risvegliavamo a casa. Soli. Sempre lo stesso sogno. Ma tutti mi dicevano che gli altri erano vivi, in quelle condizioni non sarei sopravvissuto al dolore.
Il peggio è venuto dopo…
Leonardo con la sua energia mi ha aiutato ad andare avanti. Ci siamo trovati una casa, stiamo vicini. Bisogna pensare agli impegni di ogni giorno. Ora deve preparare il saggio.
Cosa spera dalla sentenza?
Noi parenti comunque abbiamo perso. Ci hanno portato via mogli e figli. Lei ha dei bambini?
Tre bambini, come lei.
Che bello tornare a casa e trovarseli accanto. Tre figli non arrivano mai per caso, è una scelta. Io avevo anche rinunciato a tante occasioni per stare con loro. Erano tutto.
E adesso?
Noi parenti chiediamo solo la verità. I pm hanno fatto un gran lavoro, ma lo Stato ci ha lasciato soli. Quando ha rinunciato a costituirsi parte civile. Poi promuovendo Moretti e altri manager. Premiando Moretti al Quirinale il giorno che il pm chiedeva la condanna. C’è un discorso morale, oltre al processo.
Per molti imputati si rischia la prescrizione…
A febbraio le accuse di incendio colposo e lesioni saranno prescritte. Resteranno l’omicidio colposo e l’incidente ferroviario. Ma Stato e manager non possono accettarla.
Quasi otto anni per la sentenza…
Noi parenti eravamo soli. Abbiamo raccolto 140 mila euro per la perizia, mentre imputati e società avevano decine di avvocati. Ma per fortuna eravamo in aula a sorvegliare.
Cos’è cambiato da allora?
I treni merci, quelle bombe, circolano come prima. E, come hanno detto i pm, si è investito per l’alta velocità mentre si doveva puntare sulla sicurezza. A me, da padre, non interessano treni che vanno da Milano a Roma in due ore. Voglio sicurezza.
Vi siete sentiti soli?
Ci hanno aiutato i soccorritori, i medici. E Viareggio, ogni anno alle commemorazioni vengono in 12 mila. L’Italia migliore.
Sarà dura l’attesa della sentenza?
Tanto. Ma siamo tutti insieme. E ho Leonardo con me, i compiti in classe cui pensare. La vita. Si tenga stretti i suoi figli. Me li abbracci forte.