L’organizzazione terroristica basca Eta ha annunciato per sabato 8 aprile la consegna delle armi ancora in suo possesso. Nell’ottobre del 2011 l’Eta aveva dichiarato il cessate il fuoco permanente, mettendo fine a oltre 50 anni di lotta armata. Il governo socialista di José Luis Rodríguez Zapatero provò a risolvere il conflitto basco attraverso la via del dialogo, tentativo che fallì con l’attentato dell’Eta al terminal T4 dell’aeroporto Barajas di Madrid a fine 2006. Ne parla Alfredo Pérez Rubalcaba, ministro nei governi González, e ministro degli Interni e vicepresidente nei governi Zapatero, poi segretario del Psoe.
Lei ha detto che l’annuncio del disarmo di Eta è una finzione.
Ho detto che stanno facendo una sceneggiata: lo presentano come un atto volontario, invece non hanno altra scelta, è la conseguenza della sconfitta di 6 anni fa. È sconfitta dalla polizia, dichiara la fine della violenza perché sa di essere finita. Batasuna aveva lasciato l’Eta (quando era già molto debole) perché perseguitata dalla polizia.
Per lei la fine dell’Eta risale al 2011 con il cessate il fuoco?
Sì, quel giorno potemmo cominciare a godere della pace, finirono la violenza, l’estorsione, la paura. Quel giorno finì il terrorismo.
Quale fu la sua reazione?
Mi assalì una ridda di sentimenti, una grande allegria per la fine e una grande tristezza per quelli che non l’avevano potuta vedere.
Qual è il passo successivo che dovrebbe fare l’Eta?
La dissoluzione. Lo faranno? Non lo so, proveranno a scambiarlo con qualcosa? Non hanno niente da scambiare. Ma non li aspetteremo, gli spagnoli cominciarono a godere della pace nell’ottobre 2011. Consegnano le armi? Meglio che lo facciano, ma la nostra vita non cambierà tra l’8 e il 9 aprile.
E l’attitudine del governo?
Nei due anni a capo dell’opposizione non feci mai una critica alla politica antiterrorista. E continuerò così.
Secondo la legislazione per apologia del terrorismo, Cassandra Vera è stata condannata per dei tweet su Carrero Blanco.
L’articolo del Codice penale sull’apologia del terrorismo deve esistere, perché gli atti di apologia del terrorismo jihadista sono frequenti sulle reti sociali. Altro è che si usi per cose diverse, mi meraviglia si possa condannare qualcuno per fare dell’ironia su Carrero. Per principio rispetto le sentenze, ma alcune mi piacciono, altre mi stupiscono.
Quanto ha inciso sulla fine dell’Eta la mobilitazione popolare e delle istituzioni basche?
Che la società basca ripudiasse quelli che lottavano in suo nome, come l’Eta affermava, è stato molto importante.
Senza l’attentato al terminal T4, il processo di dialogo avviato da Zapatero avrebbe dato frutti?
Non lo so: la situazione non era facile. L’Eta era divisa all’interno, e un processo del genere separava il politico da ciò che era propriamente il terrorismo stabilendo campi di gioco distinti: della politica parlavano i rappresentanti dei cittadini e con l’Eta si parlava della fine della violenza. Non era disposta a questo.
Però l’attentato fu determinante per il fallimento del processo.
Liquidò definitivamente la via del dialogo. L’Eta provò a fare quello che aveva fatto l’Ira, che mise una bomba due anni prima di cominciare il negoziato col governo, e sbagliò.
Ha detto che non si può permettere che l’Eta ricostruisca la narrazione.
Cerca di far passare il suo come un contributo alla pace: lasciarono la violenza perché sconfitti dalla fermezza democratica dello Stato.
Sei anni dopo il cessate il fuoco, com’è cambiata la Spagna?
Abbiamo superato una tappa terribile, quasi 900 morti, migliaia di feriti, moltissimi attentati. E la società spagnola la fece sparire con la massima velocità, in pochi mesi aveva collocato l’Eta nel baule della storia. Volevamo così tanto che finisse, che quando finì volemmo dimenticarlo.