Turchia

Gabriele Del Grande rischia di rimanere in carcere in Turchia per un anno

Il giornalista è detenuto in un centro migranti (Cie) ma per il fermo non è nemmeno necessaria l'incriminazione. Il documentarista non ha ricevuto nessuna formalizzazione del suo stato. Proprio sulla base di questa contraddizione, l'avvocato turco ha più volte fatto richiesta degli atti giudiziari, ma non gli sono stati consegnati

23 Aprile 2017

Gabriele Del Grande potrebbe rimanere in Turchia per altri 12 mesi, fino al prossimo aprile. Perché la legge che si applica alla sua situazione sarebbe quella che riguarda i Centri di identificazione e di espulsione: il fermo di polizia, iniziato il 9 aprile, si sarebbe concluso il 10, quando il reporter e documentarista entra nel primo Centro (quello di Hathay).

A quel punto, inizierebbe la “detenzione amministrativa”: può durare fino a 6 mesi che possono diventare 12.

È questo lo scenario sul quale stanno ragionando alla Farnesina. Questo il timore. Di certezze non ce ne sono. Anche perché la Turchia non risponde alle domande dell’Italia. Il ministero degli Esteri ha chiesto quanto può durare il “trattenimento” di Del Grande, e anche se è effettivamente un arresto o no. I Turchi non hanno risposto. Come non hanno fatto sapere in quale regime si trovi, né hanno fornito gli atti giudiziari sulla sua situazione. E poi, nessuno sa neanche chi decide: la polizia ufficiale, la polizia segreta, i servizi segreti, la sicurezza militare?

La prima domanda, però, è un’altra: ma come, non si trattava di aspettare 14 giorni (7 +7), il periodo in cui secondo la legge turca una persona può essere fermata senza un capo di imputazione? Era la versione che circolava nei giorni scorsi. “Questa storia dei 14 giorni era alla lettera un abbaglio: riguardava il fermo di polizia, che è finito il 10 aprile”, spiega Luigi Manconi, presidente della Commissione dei Diritti Umani del Senato.

Insomma, si sarebbero sbagliati tutti nella valutazione della vicenda. Va detto che la Farnesina non ha mai parlato ufficialmente di 14 giorni, ma non ha neanche smentito. E ha sempre parlato di tempi rapidi per il rilascio. E ieri a domanda specifica se il rischio sia che venga applicata la legge sulla “detenzione amministrativa” nei Cie è impossibile avere una risposta ufficiale, sia da Angelino Alfano, che dal suo vice, Enzo Amendola.

Ma di cosa si parla? Stando alla legge turca sui Cie, la “detenzione amministrativa” vale per coloro i quali esista il rischio di fuga o irreperibilità, per quelli che violano le regole di ingresso o uscita dalla Turchia, che utilizzano documenti falsi o infondati, e non lasciano la Turchia in tempo senza una scusa accettabile, e costituiscono una minaccia in termini di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di salute pubblica. A Del Grande, informalmente, le autorità turche contestano di aver cercato di passare in Siria senza permesso. E sul suo caso hanno parlato di profili che riguardano la sicurezza nazionale. Il documentarista stava facendo un’inchiesta sull’Isis e i suoi fuoriusciti. Tema sensibile. E infatti, gli viene addebitato, sempre in maniera informale, di “aver parlato con i terroristi”. I 6 mesi possono diventare 12 se lo straniero non collabora o “non fornisce i documenti giusti e le informazioni corrette sul suo paese”. Questo regime entra in vigore dopo che è stata presa una decisione di espulsione (entro 48 ore dal fermo).

Ma Gabriele non ha ricevuto nessuna formalizzazione del suo stato. Proprio sulla base di questa contraddizione, l’avvocato turco, Taner Kilic, ha ripetutamente fatto richiesta degli atti giudiziari, ma non gli sono stati dati. E adesso sostiene che la “detenzione amministrativa” nel Cie non è applicabile nel suo caso perché lo è solo quando lo straniero non vuole essere espulso o gli mancano i documenti. Avrebbe presentato una domanda al Tribunale per richiedere il rilascio perché è detenuto contro la legge: il Tribunale dovrebbe decidere entro 5 giorni. Ma venerdì, dopo la visita sua e del Console, era stato detto che non sarebbe neanche stato formalizzato il mandato per l’avvocato.

La realtà è che la legge in Turchia è vaga, cambia in continuazione e soprattutto non è rispettata. I giornalisti nelle carceri turche sono 174. La trattativa va avanti tutta sottotraccia e a livello politico: c’è una parte del regime che vorrebbe rilasciarlo, un’altra che si oppone. E non è chiaro neanche quale sia la contropartita possibile, al netto di un evidente e implicita richiesta di ammorbidirsi verso il regime di Erdogan.

Intanto, Del Grande è ancora in sciopero della fame, anche se ha sospeso lo sciopero della sete.

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