Per me sono tutti sconosciuti. O quasi”. Se pensate che Joe Bastianich interpreti solo il personaggio di se stesso, che si sia calato nella parte del giudice burbero e fin troppo diretto che ai poveri concorrenti di Masterchef continua a ripetere “Vuoi che muoro”, sarete costretti a cambiare idea. L’inglese non ha le acrobazie linguistiche o i sofismi di cui è piena la nostra lingua, e un americano cresciuto nella periferia di New York da famiglia italiana ha fatto dell’immediatezza della lingua un elemento caratteriale. Archiviati i concorrenti “normali”, Bastianich ricomincia stasera con Celebrity Masterchef, il talent rivolto ai volti noti (più o meno): Maionchi, Cucinotta, Britti, Magnini e alcuni altri.
Bastianich, partiamo da qui. Li tratterà in modo diverso rispetto ai volti non noti di Masterchef?
Per me sarà un’esperienza interessante. Non essendo italiano, non vivendo nella cultura italiana sono tutti anonimi, non conosco neanche uno di loro. Forse solo la Cucinotta, per averla vista nel film Il postino. Per cui sono concorrenti come tutti gli altri, non sono vip. Li tratterò come tutti gli altri, che è la cosa giusta da fare.
In tutti questi anni ne ha viste (e assaggiate) di tutti i colori. Non crede che il rischio dei talent sia che la gente ci prova per emergere, cambiare vita, magari col talento ma senza aver studiato?
Cerchiamo ragazzi che siano preparati, informati, che portino qualcosa. Deve esserci manualità, creatività, passione. Diventi imprenditore usando la tua passione e mettendoci tutto l’impegno.
Lei non cucina, ma è a capo di locali e ristoranti in tutto il mondo. Si definisce ristoratore, autore, critico, rocker e runner, marito, padre e fratello. Come fa a tenere insieme tutto?
Seguo sempre il naso, faccio le cose con passione e cerco di farle bene. Mi creo degli obiettivi e mi alleno. Certo la mia giornata è piena, ma la vita è una sola: possiamo dormire quando siamo morti.
Se non avesse fatto il ristoratore, cosa avrebbe fatto?
Non ne ho idea. Spero qualcosa con la passione e con la musica, che mi appartiene.
Il suo primo rapporto con l’Italia non è stato buono: odiava il panino con la trippa che le preparava sua nonna. Ora l’ha recuperato?
Sono cresciuto povero, figlio di immigrati, negli anni 70 e nella periferia di New York. Quella vita aveva tanti difetti. Oggi, se mi guardo indietro, riesco ad apprezzare anche quei difetti. Sono tornato a 40 anni a fare televisione in Italia: fino ad allora era un percorso che non mi aspettavo.
Nella testa di noi italiani la cucina americana non è cucina: sono hot dog e pancakes. In una puntata di Masterchef lei ha cercato di dimostrare che non è così. Crede di esserci riuscito?
Anche nel nostro piccolo c’è la cultura di cibo, anche se quella italiana è la più importante del mondo. Ci sono piatti particolari che abbiamo cercato di mostrare, anche agli altri giudici. Gli americani sono studiosi. Spesso si mangia meglio il cibo italiano a New York che in Italia.
Ci spiega l’origine del “vuoi che muoro”? Non sa bene l’italiano o è una parola ascoltata in famiglia?
La nonna Erminia ha 97 anni, parla un misto tra dialetto veneto, triestino e inglese e si permette di inventare le parole nella storia. Da lei ho imparato che non ci si deve fermare al vocabolario.
Il rapporto con gli altri giudici di Masterchef: avete personalità molto diverse. Capita che litighiate?
Siamo amici, lavoriamo insieme ma abbiamo opinioni diverse, che ci sta. Bruno Barbieri a volte è troppo purista e mi fa incazzare, Antonino Cannavacciuolo parla napoletano e non si capisce un cazzo. Carlo Cracco è un presuntuoso.
E come ha preso la decisione di quest’ultimo di lasciare il programma?
Morto un papa se ne fa un altro.
Lo rimpiazzerà una donna?
Non abbiamo ancora deciso, in realtà. C’è anche l’ipotesi che non si prenda nessuno.
La cucina è maschile o femminile?
La cucina più buona, almeno in Italia, è quella delle donne: mia mamma e mia nonna trasmettono tradizione e amore per gli altri. Il ruolo dello chef è più militare, tiene sotto controllo e comanda in cucina, è altro ruolo.
Anche se lei non è un cuoco, cosa significa cucinare per Joe Bastianich?
È il futuro in questo mondo digitale. Le uniche cose che non puoi fare al telefono sono mangiare, andare al ristorante, acquistare prodotti. Ciò che di fisico ci mantiene insieme è la cucina. Magari al ristorante mettiamo giù i telefoni e riusciamo finalmente a parlare.