L’intervista

“Bocciati per colpa del Pd, avevo ragione io”

Chiara Appendino - La sindaca M5S: “No al pre-dissesto perché voglio decidere dove tagliare”

7 Ottobre 2017

“Il rapporto di Fitch è chiaro, la responsabilità della crescita del debito di Torino è di Fassino”. La sindaca di Torino Chiara Appendino commenta il rapporto dell’agenzia statunitense di rating come una vittoria. Anche se Fitch “declassa” Torino e boccia il piano di rientro.

Perché ritiene che il rapporto di Fitch vi dia ragione?

Piero Fassino continua a dire di aver risanato il bilancio e di aver ridotto il debito. Ma la verità che emerge dal rapporto è un’altra: usando il decreto 35 del 2013, ha acceso un nuovo debito da quasi 500 milioni, che non risulta in quello principale, per pagare i fornitori. E di fatto il debito strutturale non è sceso.

L’agenzia però ha peggiorato l’outlook di Torino (la previsione sulla valutazione della credibilità creditizia nel medio e lungo termine, ndr), portandolo da stabile a negativo. Un giudizio che tocca anche la sua giunta.

No, Fitch afferma che è aumentato il debito per colpa di quei 500 milioni chiesti da Fassino. Come ha detto anche la Corte dei Conti.

Fassino potrebbe dire che si è mosso così a fronte di debiti per migliorare la città.

Ci ha imposto un altro debito strutturale, che dovremo pagare fino al 2040, e che ci costerà ogni anno 24 milioni.

Fitch afferma che sarebbe stato meglio il pre-dissesto rispetto al piano di rientro. Vi boccia, di fatto.

L’agenzia scrive che il nostro piano è challenging, ossia difficile da realizzare, mentre il pre-dissesto sarebbe stato più semplice e avrebbe offerto maggiori garanzie. Ma non era la mia soluzione.

Temevate di dover tagliare troppo?

Con il nostro piano ridurremo la spesa di 80 milioni, mentre con il pre-dissesto saremo dovuti salire almeno a 90. Però il tema non è quanto riduci ma come. Con il pre-dissesto avremmo dovuto applicare tagli lineari e obbligatori: il 10 per cento sui servizi e almeno il 25 per cento nei trasferimenti ai vari enti.

E allora?

Ho scelto una strada politicamente molto più impegnativa, ossia decidere dove e come tagliare. Non toccherò un euro alla cultura nel 2018: se tagliassi a quel settore un altro 25 per cento in cinque anni lo ucciderei.

Ma se non taglierà alla cultura dovrà ridurre i soldi per scuole e altri servizi. Le pare più giusto?

Bisognerà ragionare. Da qualche parte dovremo tagliare.

La discussione dentro il Movimento è stata difficile.

È vero, la discussione interna è stata molto forte, com’era giusto che fosse. In diversi mi hanno fatto un ragionamento che peraltro ho fatto anch’io: il debito e il disequilibrio non li abbiamo causati noi, e il pre-dissesto avrebbe chiarito le responsabilità. Politicamente sarebbe stato più facile. Ma il bene della città richiedeva altro.

Ne ha parlato con i vertici del M5S?

Mi sono confrontata con Luigi Di Maio. Gli ho spiegato com’era la situazione e lui si è detto d’accordo.

Lei rappresenta il volto “governista” dei 5Stelle. Ma in molti lamentano che stiate sacrificando lo spirito originario del M5S. Hanno ragione?

È naturale che ci sia questo dibattito. I sindaci sono in trincea, e per noi del Movimento governare è una sfida di crescita. Quando si parla di tagli nessuno è contento.

Il M5s piemontese si è spaccato sul G7 svoltosi a Venaria Reale (Torino). Ed è un riflesso anche di questo dibattito più generale.

Ma no, è stato un confronto normale, anche sulle tematiche del lavoro. Per me il diritto a manifestare deve essere sempre garantito, purché lo si eserciti in modo pacifico.

Lei però il G7 a Torino non lo ha voluto.

C’è stata una presa di posizione forte della città sul fatto che si potesse tenere al Lingotto. Io non autorizzo a tenere una manifestazione in base al fatto che mi piaccia o meno. La città si mette a disposizione, poi si valuta.

 

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