La storia è triste: ci sono migranti in cerca di un tetto, di un pasto, se possibile di un lavoro. Basta passare davanti alla stazione di Milano, di Como, al posto di frontiera di Ventimiglia per sapere se è vero. Ma viviamo in un stagione di cattiveria contagiosa, e così la storia triste (resa più triste dalle immagini delle guerre che ci esplodono intorno, dalle notizie che ci portano i bambini delle insopportabili fotografie) si è trasformata in una catena di scherzi, tipo Amici miei di Monicelli, il più potente al più debole, il più furbo al più sprovveduto, il più politico per la sua vendetta politica, il giornalista obbligato a lavorare di Ferragosto per riesumare la salma del vip rapace e ridicolo.
Perché la catena di scherzi funzioni bisogna far finta che a Capalbio ci siano i vip, che i vip siano radical, che i radical siano di sinistra e che i vip-radical chic siano intellettuali, e per giunta che si preparino alle barricate. Ma la catena di scherzi non si ferma qui. Trascuriamo chi profitta del grande gioco da spiaggia per comprensibili ragioni ideologiche (il divertimento legittimo di Sallusti, di Belpietro, di Pierluigi Battista). Il fatto disorientante è che ci cascano i presunti vip stessi organizzandosi spontaneamente in due gruppi. Quelli del primo gruppo ti dicono (ascoltandoli si presume champagne) che “i migranti non devono venire qui a bighellonare”, segno che essi, uomini di vita e di esperienza, sanno per certo che, se li lasci fare, quelli bighellonano, anzi hanno traversato il mare o i fili spinati per questo scopo, bighellonare.
I secondi redigono appelli vibranti badando però, come nei compiti in classe, a non farlo vedere un momento prima, per non diluire il loro esclusivo messaggio con altre firme. Tutti girano in cerchio, scambiandosi colpe, responsabilità e insulti. Roberto Saviano: “E che cosa ti combina l’intellighenzia di Capalbio? Che cosa fa per spegnere la rabbia e il qualunquismo?”. È sfuggito anche a lui il movimento di tutta l’organizzazione di ciò che sta avvenendo. Funziona così. In superficie la polizia italiana viene impiegata per conto di quella francese a Ventimiglia, i profughi vengono fermati a Como per conto degli amici svizzeri, e Milano serve da area di sosta all’aperto, visto che nessun governo li protegge e ci protegge, e nessuno esige dagli altri europei il rispetto delle regole di libera circolazione delle persone. Ma questo stesso governo ha preparato il suo scherzo: il buco nero delle prefetture. Dall’alto di una struttura autoritaria creata abolendo le Province, si buttano addosso ai Comuni anche piccoli e piccolissimi, del tutto ignari e del tutto impreparati, un numero a scelta di migranti (decide il funzionario di turno, pur di eliminare l’ingombro stradale) senza selezionare famiglie, bambini o uomini soli, o badare alle affinità regionali, culturali, di lingua. Nelle prefetture (che del resto non avevano mai avuto simili compiti) non c’è alcuno strumento di interpretazione culturale né alcuna attitudine a come e dove organizzare l’arrivo. L’importante è la partenza. Che vadano via e se la vedano i sindaci. Un esempio è il piccolo centro di Cona (Conetta) vicino a Venezia: 200 abitanti e 700 ospiti inviati un po’ sbadatamente da un funzionario di prefettura che forse non sapeva come dividere il gruppo. Per Capalbio è andata così: la prefettura invece di chiamare il sindaco chiama una cooperativa già attiva a Roma in tempi notati dalla magistratura.
Come dislocazione la cooperativa sceglie alcune case di un borgo invenduto, fallito, di proprietà di una impresa che non piacerebbe a Cantone. A questo punto se la veda il sindaco, che non ha mai avuto diritto di parola. Tanto è uno (Pd) che non vuole l’autostrada. E il presidente della Regione (Pd), è uno che si batte come un leone per costruire l’autostrada (privata) che dovrebbe spaccare Capalbio, e non lo andrà certo a salvare. Ma avreste dovuto vedere le povere colleghe di varie Tv, mandate sulla spiaggia ex celebre per avere il parere morale dei presunti radical chic vista mare. Sono tutti in partenza, non uno di sinistra, non uno con casa vicino ai profughi, quando arriveranno, dunque documento di niente.
Era una occasione per affrontare davvero il problema dei rifugiati, che continueranno a venire e continueremo ad accogliere, nonostante Salvini. Ma è stata un’occasione penosamente perduta in un Paese male in arnese e mal governato. Figuratevi che si discute seriamente se “farli lavorare” (i profughi, che altrimenti bigellonano). Invece di dibattere sul come “offrire loro lavoro” che è il modo civile di iniziare l’integrazione. Dimenticavo, Maroni non vuole. E allora torniamo ai radical chic. Il vecchio scherzo funziona sempre. Poiché non ci sono, non possono neppure rispondere.