L’amministratore delegato del Sole 24 Ore Gabriele Del Torchio è fuori: per restare al timone aveva chiesto la sostituzione del direttore del giornale Roberto Napoletano. Il nuovo consiglio d’amministrazione che sarà eletto dall’assemblea del 14 novembre prossimo dovrà annunciare centinaia di licenziamenti. Nel frattempo il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia dovrà risolvere l’equazione dell’aumento di capitale da almeno 100 milioni per tenere in vita il gruppo editoriale.
La situazione è davvero drammatica ma Boccia, da lucido analista politico quale è, sospetta che sia in corso un “attacco mediatico” agli industriali e al loro quotidiano come ritorsione per l’appoggio al Sì al referendum del 4 dicembre. Se tenesse a freno la fantasia e con più certosina pazienza si rileggesse il verbale del Consiglio generale di Confindustria del 17 ottobre scorso, si renderebbe conto che il problema non sono gli articoli del Fatto che informano sul dramma finanziario e occupazionale del Sole, ma semmai i silenzi dei giornali preoccupati solo di non disturbare i manovratori della crisi italiana. C’è stata una discussione durissima, con scambi di accuse, insinuazioni, velate minacce, rivelazioni imbarazzanti. E alla fine la decisione di tenere tutto riservato perché, come ha avvertito Gina Nieri di Mediaset, “guardate che i giornalisti ci aspettano fuori per scrivere negatività su di noi. Non ci mettiamo quindi del nostro”. (I giornalisti, vil razza dannata. E questi sarebbero i grandi manager editoriali). Boccia coglie l’assist al volo: “Vi chiedo di condividere la sintesi da rappresentare all’esterno”.
Sole al tramonto? Secondo Boccia “il Sole non è in pericolo, non rischia il default”, come risulterebbe da “notizie alimentate arte da alcuni quotidiani” (una fissazione). Gli risponde Giorgio Squinzi, alla guida degli industriali fino a maggio scorso e presidente del Sole da aprile fino al 30 settembre, quando ha accusato Boccia di avergli estorto una lettera di dimissioni in bianco: “Quanto ci ha illustrato il presidente Boccia mi sembra pecchi di ottimismo, in questi otto anni di quotazione in Borsa sono stati bruciati 350 milioni di euro. La prospettiva è quella di ulteriori perdite nel 2016, senza dimenticare che c’è stato un mancato rispetto dei covenants” (traduzione: il Sole non ha portato i libri in tribunale per la clemenza di Intesa Sanpaolo).
Replica Boccia, velenoso: “Il mio ottimismo scaturisce dalla necessità di difendere l’operato del presidente Squinzi”. Il presidente uscente è afflitto dai sensi di colpa. Lui ha affidato al presidente Benito Benedini, all’ad Donatella Treu e a Napoletano il gioiello confindustriale. Si pente: “È evidente che sono molto più bravo come imprenditore che nel valutare le persone”. Ricorda quante volte ha chiamato Benedini a riferire sui conti del Sole (“purtroppo le informazioni si sono rivelate molto diverse dalla reale situazione”). Poi accusa anche la sua ex pupilla Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria oggi “bocciana” di ferro, e il presidente della Bnl Luigi Abete: “Sedevano in cda, lui da circa 20 anni e lei da almeno tre, e non hanno mai segnalato alcuna criticità rispetto alla gestione Benedini-Treu”. Abete non ci sta: “Nel dicembre 2014 ti ho detto in Direttivo che dovevamo abbassare il punto di pareggio perché altrimenti in un anno e mezzo la cassa sarebbe finita”. Ma Squinzi non si ferma: “Saranno le autorità competenti a fare chiarezza: sapete che Consob e Procura di Milano hanno già avviato un’inchiesta molto precisa e dettagliata”.
Indagati indignati. Molti si sentono presi in giro da Benedini e da Napoletano: “Gli spot di quei due che venivano a raccontarci che andavamo bene li abbiamo ascoltati tutti”, si sfoga l’ex presidente della Confindustria di Vicenza Giuseppe Zigliotto. È scatenato: “Abbiamo mantenuto in carica per sei anni un ad (Treu) che ci ha presentato tutti i bilanci in perdita, e nel 2013 ve l’ho scritto che gli avete dato pure un bonus da 150mila euro. Abbiamo anche perseverato nell’errore, perché la stessa ad è stata finalmente allontanata ad aprile scorso, incassando una liquidazione da 1,5 milioni a fronte di risultati disastrosi”. Zigliotto, fedelissimo di Gianni Zonin, conosce l’argomento: nel dicembre scorso ha lasciato il cda della Popolare di Vicenza in quanto indagato per aggiotaggio.
Le accuse si travestono elegantemente da raccomandazioni per il futuro. Carlo Pesenti, dimissionario dal cda del Sole con Squinzi e per lo stesso motivo, invoca “una governance che elimini i conflitti d’interesse”. L’ex presidente della Confindustria Antonio D’Amato pretende, inascoltato, che nel cda non entrino personaggi “in concorrenza con l’attività principale del Sole” (ce l’ha con Abete, banchiere ma anche editore, ndr) né provenienti da aziende quotate in Borsa, che possano, attraverso il nostro gruppo, influenzare l’andamento del loro titolo (ce l’ha ancora con Abete e con Edoardo Garrone della quotata Erg, ndr)”. Ohibò, il Sole portatore di “marchette” per i papaveri confindustriali? Se lo scrivesse il Fatto sarebbe un attacco mediatico.
Aurelio Regina, che si era candidato contro Boccia per la presidenza, va giù ancora più duro: “Dal cda che stiamo per eleggere non mi aspetto molto perché ho purtroppo conosciuto le dinamiche e le modalità con le quali si sono avvicendati i tanti cda. Diciamo con chiarezza: tutto quello che di peggio poteva accadere è successo, a cominciare dall’irritualità di avere sempre presente nel cda il direttore della testata… I risultati di queste distorsioni sono sotto i nostri occhi, molte scelte sono state tese più a far finta di aumentare le copie vendute che all’equilibrio di costi e ricavi. Durante un cda segnalai la stranezza del grafico sulle copie vendute che appariva davvero senza nessuna relazione con tutto il resto. Anche in questo caso ho pagato un prezzo di totale esclusione del mio nome dagli articoli del nostro quotidiano”. Chi si stupisse di vedere l’Italia in coda alle classifiche mondiali sulla libertà di stampa telefoni a Regina.
Checché ne dica Boccia, molti imprenditori associati a Confindustria si vergognano delle imprese dei loro blasonati colleghi. “Alcuni di noi si sentono umiliati”, protesta Umberto Risso di Genova. Ercole Galizzi, presidente di Bergamo, se la prende ancora con Benedini: “È venuto più volte a decantarci una situazione in netto miglioramento ma gran parte di quello che è stato detto non era corretto e fondato, sono sconcertato. Adesso il rischio è di avere uscite dal sistema: quanto sta accadendo sta minando la nostra base associativa in modo profondo e incisivo”. Il presidente di Parma Alberto Figna è scoraggiato: “Confindustria è stata incapace di gestire il Sole. Che cosa ci fa credere di diventare capaci nel prossimo futuro?”. Il presidente dei siderurgici Antonio Gozzi è scettico: “Quando si bruciano 350 milioni di euro in sette anni è inevitabile chiedersi quali sono le condizioni per le quali oggi possiamo immettere altre risorse in questa azienda senza dilapidarle di nuovo”. Il presidente di Federmeccanica Fabio Storchi è depresso: “Chiedo scusa agli altri imprenditori perché non mi sono mai preoccupato di approfondire il tema, fermandomi alle relazioni di Benedini”. Aldo Fumagalli, ex presidente dei giovani industriali, è scandalizzato: “Mi pare evidente che non è stata maturata bene in questi anni – né da chi ha gestito il Sole né da una parte di Confindustria – la consapevolezza di cosa significa essere una spa”.
Lo psicodramma deve però tradursi in concretezza. Ci sono decisioni da prendere e posizioni da difendere. Il presidente provvisorio del Sole Carlo Robiglio stende tutti: “Ho trovato una situazione difficile, che voi non potete immaginare. Manca una governance efficace ormai da anni. E ci sono 1.250 dipendenti di cui forse la metà è di troppo”. Emma Marcegaglia, presidente dell’Eni, sponsor di Squinzi prima e di Boccia poi, non si tira indietro: “Abbiamo più di 1.200 dipendenti e bisogna mandarne via un numero enorme. Dobbiamo accettare tutti insieme il rischio che ci saranno degli scioperi, sarà una lotta dura”. Le fa eco Giorgio Fossa, altro ex di viale dell’Astronomia, prossimo presidente del Sole: “Dobbiamo lavorare pesantemente sul numero dei dipendenti e sulle loro capacità, evitando però che accada – come spesso avvenuto – che ci si volti indietro e le truppe non si vedano”.
Boccia sfida i critici, chiede fiducia e compattezza a uso esterno: “Datemi il tempo necessario e vi porterò le soluzioni”. Chiarisce che Del Torchio, nominato il 13 giugno scorso e colpevole di aver aperto troppi cassetti, è fuori: “L’azionista di maggioranza chiede all’ad se vuole restare e gli conferma la sua fiducia. Ma se poi l’ad chiede chi sarà il direttore e quale sarà la composizione del cda, il rischio è che i ruoli si ribaltino”. Giorni dopo ha scelto come Ad Franco Moscetti, leopoldino ante marcia. Gliel’hanno subito bocciato. Come ha ricordato D’Amato, minacciando ricorsi interni contro la conferma di Abete nel cda del Sole: “Il presidente di Confindustria non è un monarca assoluto”.