“Qualcosa è slittato, diventato oggetto di un’altra delega, cancellato o addirittura va contro lo spirito della legge”. Il paradosso del ddl concorrenza per l’Istituto Bruni Leoni è chiaro: “Rischia di introdurre elementi anticoncorrenziali”. Parcheggiato in Senato da 8 mesi, e dopo due anni dall’uscita di Palazzo Chigi, non rappresenta più quel disegno di legge, frutto delle segnalazioni dell’Antitrust, che dovrebbero produrre importanti ricadute economiche sui consumatori. E come ha ironizzato il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, grande sostenitore delle liberalizzazioni, “più che una legge annuale sta diventando un piano quinquennale”.
“Una vicenda che rasenta il ridicolo”, dice il relatore Salvatore Tomaselli. E il riferimento va alle ostilità dei partiti e delle lobby, che ora potrebbero opporsi al voto di fiducia sul testo. Negli ultimi giorni si è, infatti, discusso sull’inserimento della norma anti-scorreria e del salva Flixbus. La prima riguarda le scalate finanziarie (si legga Vivendi–Mediaset) e fissa obblighi di trasparenza quando la partecipazione in una società quotata supera il 5% (o il 10%). L’altra norma dovrebbe cancellare il blocco per i bus low cost di Flixbus, previsto dal Milleproroghe. E che limita la possibilità di operare su tratte interregionali solo alle società che si occupano principalmente di trasporto. Non, quindi, alla piattaforma tedesca che trasporta ogni anno 3,5 milioni di fuori sede visto che si appoggia a piccole società italiane.
Se le novità sull’energia sono tra le più discusse (dal 1° luglio 2018 verrà abolito il regime di maggior tutela per l’elettricità), il capitolo farmacie è il più corposo. Il ddl concorrenza prevede che possano essere di proprietà anche di società di capitale, sebbene con un limite del 15%-20% delle farmacie regionali esistenti, ma i cui soci potranno anche non essere farmacisti abilitati. In pratica, “viene premiata solo la logica del profitto, con la spinta a un oligopolio che metterebbe fuori mercato il singolo farmacista”, accusa la federazione delle parafarmacie (Fnpi). Poi c’è la questione dei farmaci di fascia C con obbligo di ricetta (servono a curare mal di denti e dolori muscolari) che possono essere venduti solo in farmacia. Medicinali talmente diffusi che ogni anno fanno spendere agli italiani 3 miliardi di euro. Ma, anche se dal 2012 il decreto Cresci Italia ha concesso alle farmacie la possibilità di praticare sconti su questi farmaci, poche lo fanno. E le parafarmacie stanno alla finestra sperando che nel ddl concorrenza venga inserita la possibilità di vendita a tutti.
Così come il provvedimento potrebbe essere il veicolo per l’introduzione di un registro sulle concessioni balneari auspicato dal ministro Calenda. In Italia non esiste un dato su quanto le singole 25mila concessioni paghino allo Stato. Complessivamente sono 104 milioni di euro, ma la media del pollo di Trilussa non è un principio di equità. E intanto il rischio è che sdraio e ombrellone continuino a restare care per i bagnanti.
Sul fronte delle assicurazioni, sono due le principali novità: gli sconti sull’Rc auto agli automobilisti virtuosi nelle province con il tasso di sinistri più elevato e gli sconti per chi installa la scatola nera (le frodi assicurative costano 12 miliardi l’anno). Ma secondo i Consumatori, gli sconti sono positivi solo per gli automobilisti virtuosi del Sud e l’obbligatorietà della scatola nera potrebbe vanificare qualsiasi riduzione delle tariffe. Inoltre, denunciano, “gli elevati costi di installazione, manutenzione e gestione potrebbero ricadere sugli automobilisti attraverso incrementi occulti”.
Chi, invece, dovrebbe bramare per l’approvazione del ddl concorrenza è il tartassato dal telemarketing. Nel testo è prevista una modifica del Registro delle opposizioni che dovrebbe finalmente tutelare dalle chiamate indesiderate.