Dietro la battaglia attorno alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, che vede Roberto Giachetti del Pd (favorevole ai Giochi) e Virginia Raggi del M5S (contraria) si celano precisi interessi economici. Il sogno olimpico, di fatto, per un intero mondo politico e imprenditoriale è l’unica opportunità di convogliare nel breve termine risorse importanti – tra fondi pubblici e privati – sulla Capitale.
Col Campidoglio gravato da un debito storico di circa 12 miliardi e da un bilancio corrente che non riesce a coprire nemmeno i servizi essenziali, per gli imprenditori romani i Giochi diventano un’occasione irripetibile. Soprattutto per quelli legati al ciclo del cemento, per decenni una delle leve dell’economia cittadina, in crisi nera da cinque anni a questa parte (30 mila posti di lavoro in fumo e 4 mila aziende chiuse, stima Filca-Cisl): un mondo che resiste ai decenni e mantiene i suoi ufficiali di collegamento vecchi e nuovi nelle stanze di compensazione del potere capitolino (da Gianni Letta a Giovanni Malagò fino a Luca Lotti).
Nella valle di lacrime della crisi del mattone, il dossier presentato dal Comitato Roma 2024 – che prevede una spesa di 5,3 miliardi di euro per gli impianti – è “manna dal cielo”: dando per buoni i numeri, il contributo del Comitato olimpico internazionale (Cio), sponsor e merchandising coprirebbero 3,2 miliardi, il resto sarebbe a carico della collettività. Un mare di soldi (considerando anche i prevedibili extra) – più di quanto speso in 10 anni per la linea C della metro – conditi con la promessa di 170 mila posti di lavoro.
All’assegnazione dei Giochi manca poco più di un anno: la concorrenza di Parigi, Los Angeles e Budapest è agguerrita, ma non imbattibile. Ecco allora che per il “generone” romano diventa essenziale avere in Campidoglio un sindaco favorevole al dossier olimpico, come Giachetti.
Il candidato Pd ha stilato una lista di priorità per l’economia cittadina: Olimpiadi, stadio della Roma e completamento della Metro C. Un tris d’assi capace di stimolare i grandi gruppi imprenditoriali cittadini a sedersi al tavolo da gioco. Se non basta si passa alle minacce: “Se il Pd perde a Roma ho l’impressione che saltino le Olimpiadi”, ha buttato lì Matteo Renzi in tv, a Otto e mezzo.
Tra i più interessati al dossier olimpico c’è Francesco Gaetano Caltagirone, re del cemento e proprietario del Messaggero. Il progetto Roma 2024, infatti, considera prioritario il completamento della Vela, un futuristico palazzetto dello sport progettato da Santiago Calatrava, che sorge su terreni dell’Università di Tor Vergata. I lavori sono partiti nel 2007, la struttura doveva ospitare i Mondiali di Nuoto del 2009. Spesa prevista: 60 milioni di euro. Sono passati 9 anni, l’opera è incompiuta e ora servono 300 milioni per finirla. I cantieri sono della Vianini, azienda della holding di Caltagirone, che nel lontano 1987 ha siglato una convenzione come concessionario dei lavori dell’ateneo.
E ancora: dietro la Vela sorgerebbe pure il Villaggio Olimpico, dove una volta terminati i Giochi le stanze degli atleti andrebbero riconvertite in 8 mila alloggi da destinare a studentato e housing sociale. Altri affari per il settore edile con la creazione di un nuovo quartiere per 20 mila persone lì dove il Piano Regolatore non ne prevede. Senza dimenticare i progetti per finire la Metro C, che vede sempre la Vianini Spa tra i general contractor.
Altra struttura “baciata” dal dossier olimpico è la Nuova Fiera, costruita nel 2006 dalla Lamaro della famiglia Toti. Costato 330 milioni di euro, il polo fieristico non è mai decollato: distante dalla città e mal collegato, ora è gravato da debiti e problemi strutturali, visto che sorge su un terreno che sprofonda. Il progetto olimpico prevede di realizzarci gare di scherma, pugilato e arti marziali, ma pure un lago artificiale, che poco si presta alla coesistenza con la vicina pista dell’aeroporto di Fiumicino.
Se le Olimpiadi del 1960 hanno portato la modernità nella Capitale e gli impianti realizzati allora restano un pezzo di vita cittadina, il progetto Roma 2024 invece sembra guardare più agli interessi imprenditoriali che alla legacy olimpica. La posta in gioco, insomma, è alta, tanto che si vocifera persino di una telefonata del presidente del Coni, Giovanni Malagò, a Virginia Raggi per chiederle di “rivedere” la sua posizione sui Giochi. Lo staff della candidata M5S non conferma né smentisce: le sue prossime mosse ci diranno di più.