Ieri, come tutti voi, ho trovato in edicola col Fatto del giorno quello del 23 settembre 2009. Un piccolo regalo che abbiamo voluto farvi e farci per il nostro ottavo compleanno. E me lo sono riletto da cima a fondo, con l’emozione che nasce dal rivivere l’entusiasmo con cui affrontammo questa folle sfida: lo stesso entusiasmo che mettiamo ogni giorno anche oggi per offrirvi un giornale interessante, attendibile e diverso, ben sapendo che nessun lettore è per sempre e che ciascuno va conquistato e riconquistato quotidianamente in edicola. Antonio Padellaro apriva così l’editoriale d’esordio: “Ci chiedono: quale sarà la vostra linea politica? Rispondiamo: la Costituzione della Repubblica”. Allora la Costituzione era minacciata da B. e dalla sua corte; un anno fa, grazie a una campagna partita proprio dal Fatto, l’abbiamo difesa da analoghe minacce provenienti dal fronte opposto (si fa per dire): il Pd renziano, con tv e giornaloni a rimorchio. “Il Fatto – scriveva Padellaro – sarà un giornale di opposizione”: al governo dell’epoca targato centrodestra, ma anche “al Pd e alla multiforme sinistra che in tutti questi anni non sono riusciti a costruire uno straccio di alternativa”. E pure a Di Pietro perché creasse “qualcosa di nuovo, liberandosi dei riciclati soprattutto al Sud”. Purtroppo non ci riuscì o neppure ci provò e si condannò all’estinzione. Infatti di lì a poco quello spazio fu occupato e ampliato dai 5Stelle, che ancora non esistevano neppure nella mente di Grillo e Casaleggio. “Lo abbiamo chiamato il Fatto – concludeva Padellaro – in memoria di Enzo Biagi, che ci ha insegnato a distinguere i fatti dalle opinioni… epurato, come Montanelli, dalla compagnia dei servi e dei mediocri. Pensando al loro coraggio ci facciamo coraggio”.
Le pagine del primo numero erano impreziosite da firme come Antonio Tabucchi e Oliviero Beha, che purtroppo non ci sono più, e da molte altre che continuano a darci lustro, comprese le tante che si sono nel frattempo aggiunte. Ciò che non è cambiato sono i tentativi, sempre più disperati ma mai abbandonati, di affibbiarci un padrone. Ci divertimmo a raccoglierli nella rubrica “Dicono di noi”: chi ci spacciava per l’house organ dell’Idv, con tanto di finanziamenti occulti, chi per il giornale delle procure e delle manette. Poi, via via, si inventarono che eravamo il giornale della sinistra radicale, dei 5Stelle, del partito di Ingroia, persino di Renzi e infine dei suoi nemici scissionisti. Li abbiamo smentiti tutti coi fatti, finendo presto o tardi nel mirino o nelle black list dell’intero arco costituzionale e incostituzionale.
Abbiamo fatto scoop sgraditi a tutti, da B. a Renzi, dagli amici di Bersani alla sinistra radicale ai 5Stelle. L’inchiesta (poi archiviata) su Gianni Letta, il caso Ruby, i traffici di B. per chiudere Annozero, l’intercettazione di Vendola sull’Ilva, il caso Raggi-polizze, i segreti della trattativa Stato-mafia e le manovre di Napolitano contro i pm di Palermo, le riunioni segrete della famiglia Boschi su banca Etruria, lo scandalo Consip: tutte notizie date in anteprima dal Fatto. E tutti gli altri a cercare il cui prodest, come se ogni notizia avesse un colore, un beneficiario, un mandante e un movente. Le stesse dietrologie ci inseguivano quando elogiavamo Renzi perché diceva cose giuste (salvo poi fare il contrario), o difendiamo il M5S da accuse false e riconosciamo anche i suoi meriti, o ci ritrovavamo nostro malgrado in compagnia del centrodestra nella battaglia del No, o riconosciamo a Minniti il tentativo di regolare l’immigrazione incontrollata, o chiediamo alla galassia delle sinistrine di darsi un leader e un simbolo credibili.
Certo, dare notizie a 360 gradi e prendere posizioni controcorrente ci ha alienato le simpatie dei trinariciuti: quelli che, negli anni della battaglia anti-B., ci hanno iscritti d’ufficio al centrosinistra e non ci hanno perdonato le critiche al centrosinistra che scimmiotta B.; o quelli che ci hanno scambiati per il giornale grillino solo perché ci rifiutiamo di demonizzare i 5Stelle a prescindere, come fanno tutti gli altri. In questi otto anni abbiamo imparato sulla nostra pelle che un giornale libero e senza padroni, come avevamo promesso e come siamo sempre rimasti, pur con i nostri errori, non è impopolare solo nell’establishment, ma anche presso molti italiani che non riescono a liberarsi della sindrome del tifoso ultrà. Per contro, altri che ci etichettavano come antiberlusconiani -e-basta hanno scoperto che le nostre erano battaglie di principio e che la Costituzione la difendiamo a prescindere da chi la straccia.
Così molti lettori ci rimangono fedeli da otto anni, altri ci hanno lasciati, altri ancora ci hanno raggiunti strada facendo. La somma, malgrado i chiari di luna delle edicole che chiudono e della gente che preferisce smanettare su Iphone e tablet anziché sfogliare i giornali, ci consentirà anche quest’anno di chiudere il bilancio (il nono su nove) in attivo. Grazie anche a un sito web sempre più forte, al nuovo mensile Millennium che va a gonfie vele e alla piattaforma tv che vi proporremo fra qualche giorno. Non sarà, questa, l’unica novità. I giornali che si fossilizzano guardandosi l’ombelico senza aprirsi alle nuove esigenze dei cittadini non hanno futuro. Noi, non avendo alle spalle cavalieri bianchi o neri che rimpinguano i bilanci, dobbiamo continuare a conquistarci i lettori giorno per giorno. Quindi approfitteremo dell’inizio della campagna elettorale, che si annuncia fra le più truffaldine mai viste, per dare una rinfrescata al Fatto con una serie di nuovi strumenti per votare informati. Ancora qualche giorno di pazienza e ne saprete di più.
Intanto, grazie a tutti per questi primi, meravigliosi otto anni.