Ogni mattina all’alba decine di pullman vanno a cercarli a Radom, una cittadina ucraina a 100 chilometri da Varsavia. Centinaia di lavoratori pronti a coprire il fabbisogno di manodopera in Polonia. Loro, gli ucraini sono pronti a lavorare anche per pochi zloty. I polacchi sono partiti dopo l’allargamento dell’Unione e stime ufficiose parlano di 2,3 milioni di persone emigrate nell’ovest dell’Europa dal 2004. E oggi ci sarebbe più di un milione di ucraini in Polonia. Spesso clandestini, perchè il governo attuale di destra non vuole riconoscerli. “Si fanno pagare il minimo legalmente e il resto sottobanco – dice Lukasz Komuda, esperto del lavoro –. Senza ucraini l’economia polacca andrebbe al collasso”.
Sicuramente le industrie di produzione di Volkswagen e Samsung si fermerebbero. Però manca una politica attiva per far tornare i polacchi, seppur adesso almeno 150.000 connazionali rischiano di rientrare perchè messi fuori dal Regno Unito dopo la Brexit. “Abbiamo un buco di lavoratori, anche se facessimo 700.000 bambini all’anno (e oggi se ne fanno 400.000) ci vorrebbero vent’anni per riempire il nostro mercato del lavoro” spiega l’esperto. Intanto si sfruttano i vicini di casa.