Bisogna assolutamente erigere un monumento al Legislatore Ignoto (senza volto, si capisce) e dedicargli una strada, una piazza, una festa nazionale. Commemorarlo, ecco, per quell’elementare sentimento di gratitudine che gli è dovuto per gli alti servigi resi alla Patria. Stiamo parlando dell’anonimo personaggio che appena esce una legge sbagliata, scandalosa o soltanto comica viene regolarmente incolpato di averla scritta da solo, di nascosto, all’insaputa del governo, del Parlamento, dei partiti. Di lui si sa soltanto che è un tipo diabolico, perché riesce ogni volta a gabbare centinaia di parlamentari che gli firmano e gli approvano tutto. Ed è pure attivissimo: piazza un colpaccio dopo l’altro senza mai farsene accorgere: niente impronte digitali, intercettazioni telefoniche o telematiche o ambientali, riprese di telecamere, testimoni. Un fantasma. Ogni mattina esce di casa col passamontagna, i guanti, le ghette, gli occhiali scuri, il bavero rialzato, il telefono satellitare incaptabile. Si intrufola Dio solo sa come, con un pass contraffatto, nei palazzi della politica, partorisce leggi tragicomiche, le mette in circolo, carpisce firme e voti con l’inganno in Consiglio dei ministri, nelle commissioni e infine nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama subornando plotoni di politici ignari di tutto ma pronti a tutto e capaci di tutto. Infine si gode lo spettacolo.
I giornali o le opposizioni scoprono la boiata e allora va in scena il vaudeville: premier, ministri e sottosegretari cascano dal pero, i parlamentari si dissociano da se stessi, i leader dei partiti prendono le distanze dai medesimi, in una gara all’insaputismo e all’“io non c’ero e se c’ero dormivo” che gonfia le vele dell’antipolitica e ingrossa le file del populismo. Ecco, il nostro uomo dev’essere un simpatizzante grillino, o leghista, o meloniano, perché a ogni sua impresa le forze anti-sistema guadagnano migliaia di voti gratis, senza far nulla: basta lasciar fare gli altri. Cioè ai professionisti e ai competenti che han fatto le scuole alte, mica come i baluba che si bevono le fake news, sbagliano i congiuntivi, non distinguono il Cile dal Venezuela, non sanno neppure sterminare i topi e i centurioni a Roma, e figurarsi se un giorno – Dio ne scampi – dovessero andare al governo e scrivere le leggi.
Si spiega così l’emendamento di Natale 2014 che depenalizzava la frode fiscale: non fu Renzi, fu il Legislatore Ignoto. E il Codice degli appalti pieno di vaccate: non fu colpa di nessuno, fu il nostro uomo. E la controriforma costituzionale, scritta coi piedi (gli stessi): altro che Boschi e Verdini, era tutta roba sua.
E la riforma Madia-Napolitano jr.-Mattarella jr. della PA bocciata dalla Consulta: sempre lui (poi la Madia, tanto per cambiare, copiò). E la legge Renzi-Padoan sulle banche popolari, finita alla Consulta: ancora lui. E l’Italicum raso al suolo della Corte: opera sua. E la Buona Scuola, smantellata persino dalla finta laureata Fedeli: sempre lui. E gli 80 euro retrattili per un milione e passa di lavoratori: tutta farina del suo sacco. E il bail in con i tre decreti sul non-rimborso dei risparmiatori fregati dalle banche: tutta roba sua. E l’emendamento Boschi-Delrio che leva i superpoteri a Cantone: un altro audace colpo del solito ignoto. Il quale, alcuni mesi fa, si annoiava a morte e s’è voluto divertire un po’ mettendo lo zampino nella legge sulla legittima difesa. Perché ovviamente è stato lui, mica quel sant’uomo di David Ermini, responsabile giustizia del Pd e relatore della norma, che è un professionista della politica, un avvocato, un giurista, un toscano e pure un renziano, insomma una testa tanta: come potrebbe mai ignorare che, per estendere la licenza di uccidere senza distinzioni fra notte e giorno, bisogna accuratamente evitare di inserire il benché minimo accenno al “tempo di notte” e, per dire “oppure”, è meglio scrivere “oppure” e non “ovvero” o “imperciocché” o “perdindirindina” o “poffarbacco”? Ora il povero Ermini, sconfessato da Renzi che naturalmente sapeva tutto perché tutto è avvenuto ai tempi del suo governo (come per la legge sul telemarketing, rinnegata ieri), è pure assediato dalle domande dei militanti in fuga, di cui la più gentile è: “Chi è quel pirla che ha scritto ’sta legge?”. E non può rispondere “Non è stato nessuno” o “È stato uno che non conosco”.
Così promette di cancellare in Senato quel maledetto “tempo di notte” approvato dalla Camera, che ha fatto di lui l’erede naturale di Ridolini. E scarica quello sciagurato “ovvero” sulla ministra Finocchiaro (così impara a non essere toscana). Tutto per non ammettere che in una notte senza luna un ignoto visitatore si introdusse in casa sua sottraendogli il testo originale della legge e sostituendolo con la versione riveduta e corrotta col “tempo di notte” e l’“ovvero”, e lui non potè neppure sparargli perché la legge non era ancora passata. Dopodiché, anche quella volta, nessuno si accorse di nulla e la Camera approvò festosamente la boiata (225 sì, 166 no e 11 astenuti): lì, a gentile richiesta di Renzi & Alfano, si vota di tutto, anche – se del caso – l’abrogazione dei semafori e delle strisce pedonali (non invece di quelle di cocaina, vista la concentrazione di polvere bianca riscontrata da MillenniuM nei wc della Camera). Ora traballano le poltrone di Gentiloni, Calenda e Campo Dall’Orto. E tutti a domandarsi: chi è quel pirla che ha nominato Campo Dall’Orto dg e ad della Rai, ha indicato al Quirinale Gentiloni come premier e ha nominato Calenda viceministro al Commercio estero, poi rappresentante permanente dell’Italia nell’Ue, infine ministro dello Sviluppo Economico, e ora vuole cacciarli tutti e tre? E qui purtroppo non si scappa: o è il solito ignoto, o è il solito noto.