Il 13 maggio un gruppo di 12 “cittadini” non meglio identificati (ma muniti di documenti) sono stati ricevuti presso la Cassazione per richiedere il referendum costituzionale, promuovendo “la raccolta di almeno 500.000 firme”. Il gruppetto ha eletto domicilio presso Maurizio Chiocchetti, in via Flaminia 838 a Roma. Eccola, l’unica traccia formale del Comitato per il Sì. Annunciato da Renzi settimane fa, ancora non esiste. C’è solo la richiesta di Chiocchetti e il sito, “Basta un sì”. Sabato è partita la raccolta in tutta Italia e serviva uno strumento legale. Perché secondo la legge 157 del ‘99 il comitato promotore di un referendum ha diritto “a un rimborso pari alla somma risultante dalla moltiplicazione di un euro per ogni firma valida”, se raccoglie le 500 mila firme. Dunque, 500 mila euro (per un referendum abrogativo il rimborso scatta solo se si raggiunge il quorum, per quello costituzionale è automatico). Da sottolineare che il referendum si sarebbe fatto comunque, perché ne avevano già fatto richiesta i parlamentari per il Sì e quelli per il No.
E dunque, la ricerca di un presidente si è rivelata più difficile del previsto, ma senza comitato, ai rimborsi non si poteva accedere. La responsabilità tecnica è stata data a Chiocchetti, che ha fatto praticamente tutte le battaglie referendarie per l’Ulivo, il Pds e i Ds. Poco più di un prestanome stavolta. Ma quello che sarà legalmente deputato a prendere i 500 mila euro di rimborsi. Altro che grande mobilitazione a soli scopi elettorali. Gli stessi rimborsi spettano al comitato del No. Che la richiesta di referendum l’ha presentata un mese prima, con le firme dei suoi costituzionalisti di punta, come Alessandro Pace e Massimo Villone. E ha già fatto una delibera dichiarando che i soldi non spesi per la campagna elettorale verranno restituiti. La stessa chiarezza non c’è stata nel fronte del Sì, che peraltro a differenza dei sostenitori del No, può contare sulle strutture (e i soldi) del Pd. Da sabato gli italiani firmano per una richiesta che si appoggia sulle strutture dem, ma che è emanazione del Comitato “Basta un sì” (logo apposto sulla liberatoria della privacy per avere la mail dei firmatari). Ma non sanno chi c’è.