Prima la nomina nella giunta comunale di Reggio Calabria senza alcuna indicazione del suo partito. Poi la riconferma al termine del rimpasto post referendum a dicembre. E, infine, le dà il ben servito con un articolo sulla Gazzetta del Sud, arrivato prima dei messi comunali che ieri mattina (22 luglio ndr) le hanno notificato la revoca delle deleghe.
Quello che si sta consumando in riva allo Stretto tra il sindaco renziano Giuseppe Falcomatà e il suo assessore alla Legalità e ai Lavori pubblici Angela Marcianò rischia di trascinare il Pd in una bolgia che qualcuno, sbagliando, vuole derubricare a un banale scontro tra “prime donne”. Una bolgia che imbarazza il Pd nazionale e infastidisce il ministro dell’Interno calabrese Marco Minniti.
Di certo c’è che Falcomatà non ha gradito la scelta fatta alcune settimane fa da Renzi che ha voluto la Marcianò nella segreteria nazionale del partito. Non è un segreto che il sindaco di Reggio aspirava a quel posto e non regge nemmeno la critica: “Ma la Marcianò non ha la tessera del Pd”. Non l’aveva neanche nel 2014 eppure Falcomatà decise di puntare sull’avvocatessa trentanovenne affidandole il compito di risistemare il settore dei lavori pubblici in una città, importante come Reggio, sciolta per contiguità mafiose.
Quello che Falcomatà non aveva previsto, però, è che l’ex collaboratrice del procuratore Nicola Gratteri la rivoluzione la voleva fare veramente. Denunciò le storture del sistema, si oppose a dirigenti come Marcello Cammera (oggi imputato nel processo “Ghota”) e, l’anno scorso, le bruciarono anche una macchina. Divenne il simbolo della legalità nella giunta del Pd, ritagliandosi uno spazio per il quale in molti hanno provato invidia. A partire da Falcomatà.
Il suo redde rationem si è consumato ieri con un articolo sulla Gazzetta del Sud che annuncia la defenestrazione della Marcianò. “Apprendo solo stamattina dalla Gazzetta del Sud che oggi mi sono state ritirate le deleghe da assessore di questa città” è l’unico commento della componente della segreteria nazionale del Pd. Una decisione che, per il quotidiano, sarebbe stata autorizzata da Guerini che non nasconde il suo disappunto per essere stato preso dalla giacchetta dal sindaco di Reggio: “Sono costretto a smentire che tale decisione sia stata autorizzata dal Pd nazionale e in particolare da me. La realtà è ben diversa: ho provato a favorire un chiarimento, nel pieno rispetto dell’autonomia decisionale dei livelli politici ed istituzionali locali, a partire dal sindaco Falcomatà”.
Come a dire: la scelta è la sua, così come la responsabilità di quella che a tutti sembra una sfida a Renzi. E lo scontro “tra prime donne” assume un sapore più amaro e inquietante se si tiene in conto che, su richiesta del prefetto e del presidente dell’Anac Raffaele Cantone, proprio Angela Marcianò era la responsabile del protocollo per i “Patti per il Sud”. Centinaia di milioni di euro di opere pubbliche che stanno arrivando a Reggio e che non passeranno più dalla scrivania dell’assessore defenetrasta.