La difesa di Matteo Renzi è affidata ai social network. Prima un post su Facebook (“le intercettazioni pubblicate del Fatto ribadiscono la mia serietà … politicamente sono un regalo”) e poi una diretta streaming. La rubrica si chiama #Matteorisponde ma dovrebbe essere ribattezzata #Matteononrisponde per almeno quattro omissioni del segretario del Pd.
Prima omissione. Renzi non parla di “Luca”. Eppure nel corso della telefonata, dice al padre: “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”. Matteo Renzi dovrebbe spiegare all’opinione pubblica se, come semb ra, quel Luca è Lotti. Poi dovrebbe dire cosa ci sia di tanto segreto nei colloqui tra Luca (Lotti) e Tiziano Renzi di cui lui è a conoscenza.
Il punto è fondamentale. Luca Lotti è accusato di avere avuto da qualcuno notizia delle indagini e di averle spifferate al capo di Consip, Luigi Marroni, che ha poi provveduto a far bonificare i suoi uffici dalle cimici: è lui stesso, il 20 dicembre scorso, a raccontarlo ai magistrati di Napoli. Anche Tiziano Renzi, secondo i carabinieri del Noe, era a conoscenza delle indagini dall’inizio di ottobre e, a dicembre, è sicuramente stato avvertito con precisione dell’inizio delle intercettazioni. Il 5 dicembre (il giorno dopo il referendum) la Procura di Napoli mette sotto controllo il suo telefono e il 7 dicembre arriva la telefonata dell’autista del camper delle primarie di Matteo Renzi, Roberto Bargilli, che avverte Carlo Russo (co-indagato di Renzi senior): “Ha detto il babbo di non chiamarlo più”. Insomma la frase “tu la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro” detta dal segretario Pd è sospetta. L’ex premier, però, sul punto dovrebbe dire altro: Tiziano e Luca hanno parlato delle indagini prima che la notizia fosse pubblica? E lui ne era informato?
Seconda omissione. #Matteononrisponde anche su sua madre, Laura Bovoli, e sul ricevimento con gli imprenditori al Four Season Hotel: nella conversazione con suo padre si cita un ricevimento nell’albergo a 5 stelle di Firenze che Matteo Renzi utilizza, da buon leader di sinistra, come sede dei suoi incontri. A detta di Tiziano al ricevimento “c’erano una serie di imprenditori ma c’era anche Lalla (sua moglie Laura Bovoli, ndr) e siamo andati via subito”. Matteo non fa finire il babbo: “Non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”. Ieri il segretario dem non ha chiarito se il ricevimento di cui si parla sia quello organizzato nel 2012 ai tempi delle primarie contro Bersani: sarebbe molto strano che i Renzi si preoccupino di un convegno di 5 anni fa, insignificante rispetto alle contestazioni dei pm che sono del 2016. E allora qual è? E perché la mamma non deve essere sentita sul punto?
Terza omissione. Il terzo buco di #Matteononrisponde è quello sulla sfiducia nella linea di difesa scelta dal padre. Matteo pensa che l’indagine sia seria quando parla al telefono e pensa invece che la difesa non lo sia: non crede né alla storia che Carlo Russo per Tiziano sia solo il padre di un suo figlioccio e non crede nemmeno alla storia del colloquio con Luigi Marroni per la Madonnina dell’ospedale Meyer.
Per il “Matteo Renzi al telefono”, infatti, non è vero che Tiziano ha incontrato l’ad Consip Marroni solo per parlare della statua della Madonna da piazzare nel cortile dell’ospedale di Firenze. Eppure esattamente questa – da quello che ha detto l’avvocato di Tiziano Renzi, Federico Bagattini, il 3 marzo – è la difesa che poi suo padre adotta durante l’interrogatorio. La versione di Marroni è ben diversa: il manager ha detto ai pm che Tiziano Renzi ben due volte gli chiese di ascoltare le richieste di Carlo Russo sulle gare Consip. Altro che Madonnina. Al telefono, il segretario Pd sembra credere al manager: “Non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorie”.
Quarta omissione. Matteo Renzi sembra trarre dalla risposta del padre sugli incontri con Alfredo Romeo (annotano i carabinieri: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda, ma i bar no”) la convinzione che almeno un appuntamento con l’imprenditore napoletano ci sia stato. Tanto che chiede al padre di dire ai pm quanti sono stati e che non crede possibile che lui non ricordi di aver incontrato uno come Romeo (“noto a tutti”). La difesa di Renzi sui social è debole anche sul presupposto della telefonata: ora sostiene che la notizia pubblicata da Repubblica quel giorno (gli incontri con l’imprenditore Romeo rivelati ai pm dal commercialista Alfredo Mazzei, già tesoriere campano del Pd e amico dell’imprenditore) è falsa e questo presupposto farlocco l’aveva indotto a fare un “duro interrogatorio” telefonico al padre: eppure Mazzei non ha cambiato versione, la notizia resta vera. L’unica smentita finora è quella di Tiziano Renzi, che però col figlio sul punto tentenna distinguendo tra “ristoranti” e “bar”.
Tutte le omissioni di #Matteononrisponde potrebbero essere oggetto di interesse anche dei magistrati. In questo caso Renzi non potrebbe cavarsela con una balla come quella riservata al sottoscritto su un vecchio pezzo dell’Espresso. Chissà se sarà mai convocato. E se si avvarrà della possibilità di non testimoniare sui familiari.