Nel giorno degli eventi per i sessant’anni dei Trattati di Roma e della visita di papa Francesco a Milano, ieri le agenzie di stampa hanno scioperato contro il bando di gara europeo per i servizi di informazione acquistati da palazzo Chigi – proposto dal ministro Luca Lotti – che mette a rischio centinaia di posti di lavoro. Fino all’ultimo momento, i sindacati hanno cercato di aprire un dibattito con il “lampadina”, ma l’onore di un contatto diretto con il più silente (in pubblico) dei renziani non è stato concesso.
I comitati di redazione si sono dovuti accontentare di una coppia di toscani, il portavoce del ministro Luca Di Bonaventura e il responsabile dell’ufficio stampa Francesco Selvi. Una coppia che ha una scarsa rilevanza politica, ma senz’altro una notevole capacità comica. Assistito dal collega Selvi, mercoledì il coraggioso Di Bonaventura ha tentato di difendere l’amico Luca con una sequenza sterminata di supercazzole, finché ha concluso con un accorato appello ai giornalisti per trasformare l’intervento involontariamente ironico in tragedia: “La disponibilità a incontrarsi e confrontarsi del ministro non è mai mancata.
Non risulta un rifiuto. E non lo dico per esaltarlo. Nei modi e nei termini questo confronto o questo incontro ci sarà. Potete non credermi. Giovedì non si può. Venerdì, domani, il ministro non c’è, sarà assente anche al Consiglio dei ministri. Nel senso che ha un problema personale: c’ha la suocera in coma in ospedale. Deve andare in ospedale. Per favore, tenetevelo per voi”.
I sindacati l’hanno tenuto per loro, per dirla alla Di Bonaventura, ma poi lo stesso Lotti s’è fatto scappare qualcosa di grosso: la verità che smentisce la bugia del suo fidato collaboratore. Il “lampadina” ha pubblicato su Facebook una fotografia con il campione della discesa libera Innerhofer: “Avevo preso un impegno con gli amici dell’Abetone e l’ho mantenuto: oggi ho partecipato a una bellissima iniziativa, il Trofeo sciistico Fabio Danti”. Dunque il ministro non era al capezzale della suocera, ma in montagna a sciare.
Così il renzismo aggiorna il campionario delle scuse più ciniche: dal nonno che moriva quattro o cinque volte l’anno in occasione delle interrogazioni scolastiche alla suocera che salva il “lampadina” dall’imbarazzo del Lingotto in veste di indagato (speciale) e, visto che ha funzionato, anche dal confronto o incontro (Di Bonaventura non ha deciso quale formula preferisce) con i sindacati dei giornalisti. Eppure il ministro, che aveva la delega all’Editoria anche da sottosegretario, ha impegnato tre anni di mandato per una riforma delle agenzie che mirava alle fusioni con il desiderio, mai smentito, di una monumentale agenzia unica in grado di celebrare il renzismo. Poi il ricorso del Velino ha bloccato il piano del “lampadina”, gli elettori hanno bocciato il referendum e il ministro s’è vendicato con il bando europeo.
Cioè secondo Lotti, che ha chiesto il solito parere all’Anac (che farebbe bandi di gara anche per scegliere il ristorante del sabato sera), per capire chi tra l’Ansa o, poniamo, la Reuters debba fornire i servizi a palazzo Chigi c’è bisogno di una gara. Non solo. Lotti ritiene che questa formidabile idea non toccherà i lavoratori: ma se l’Ansa perde, dove trova il denaro per mantenere gli organici attuali? Urge un po’ d’aria fresca per sconfiggere la confusione in testa. Una sciatina, magari.