È il caso che Virginia Raggi e il Movimento 5 Stelle di Roma si ricordino in fretta il motivo per cui hanno vinto. I tanti elettori che li hanno votati non erano solo nauseati dall’operato delle precedenti giunte di destra e di sinistra. Dai pentastellati i cittadini si aspettavano, e ancora si aspettano, un deciso cambio di registro rispetto alle logiche di potere che da sempre governano i partiti. Pretendevano, e pretendono, scelte cristalline da parte dell’amministrazione, fatte nella convinzione di favorire l’interesse generale e non questa o quella corrente del Movimento.
È dunque bene che la sindaca dimostri (se lo ha) di avere carattere – non cattivo, ma di ferro – e impari a motivare analiticamente e pubblicamente tutte le sue decisioni più importanti. Nelle settimane precedenti al giovedì nero della giunta, lo spettacolo offerto durante la tornata delle nomine è stato poco edificante. Non ci voleva un genio della politica per capire che di fronte ad alcuni emolumenti corrisposti a consulenti e staff sarebbero esplose le polemiche. La stampa avversa e le lobby (a partire da quella nauseabonda e anti-italiana pro-Olimpiadi) non aspettavano altro. I militanti e i simpatizzanti dei 5Stelle, da sempre abituati a vedere il Movimento in prima linea contro sprechi e privilegi della Casta, avevano tutto il diritto di non capire perché fosse stato triplicato lo stipendio al capo-segreteria della sindaca (da 40 a 120 mila euro) o perché quello dell’ex capo di gabinetto Carla Raineri fosse di 193 mila euro l’anno.
Dovere della politica, e in particolare di Virginia Raggi, era spiegare subito il perché di quelle scelte e di quei compensi, ricordando immediatamente, e non dopo l’esplosione del caso, che a regime per gli staff sarebbe stato risparmiato un milione di euro rispetto a quanto spendeva Ignazio Marino. Allo stesso modo la questione Raineri e del capo segreteria andava chiarita prima e non dopo. Certo, può essere che gli errori siano causati dall’inesperienza.
Ma d’ora in poi non vi sono più alibi. Per esempio: immaginiamo che il M5S abbia ottimi motivi per non stracciarsi le vesti davanti alle dimissioni dei vertici dell’Atac (l’azienda dei trasporti). Il suo numero uno, Marco Rettighieri, è un manager scelto più di anno fa dal deputato Pd Stefano Esposito, ha lavorato per il tav Torino-Lione e per l’Expo dell’attuale sindaco di Milano, Beppe Sala. È evidente che la sua visione sul futuro dell’Atac possa essere diversa da quella dei 5Stelle. Ma alcune cose i romani hanno il diritto di saperle con chiarezza. È vero o falso che, un assessore, come sostiene Rettighieri, ha chiesto informazioni sullo spostamento di un dirigente iscritto al Movimento? E se la cosa è falsa – come si spera – l’ex numero uno dei trasporti verrà denunciato per calunnia?
L’unico modo per evitare i retroscena dei giornali (spesso giocoforza imprecisi e sempre forieri di divisioni) è quello di parlare apertamente e con una voce sola. Rispondere alle domande, o meglio ancora anticiparle. Qui non ci vogliono dirette streaming. Ci vuole solo il rispetto degli impegni presi in fatto di trasparenza e di scelte condivise. Il M5S di Roma deve essere serio e coerente. Partendo, o meglio ripartendo, da quanto diceva prima del voto: quando arriverà una parola definitiva sul no alle Olimpiadi e sull’Imu da far pagare alla chiesa? Tra qualche settimana, come sempre, la luna di miele tra gli elettori e chi ha vinto le Comunali finirà. E allora per correre ai ripari sarà tardi. Iscritti M5S e amministratori se ne ricordino.