Il professor Cutolo, onnisciente della tv anni 60, diceva: “Con i se non si fa mai la storia, e nessuno può dire con serietà quello che sarebbe avvenuto ove la storia non avesse camminato come effettivamente ha camminato”. È questo il leit motiv dietro cui si nascondono tutti nell’affaire Monte dei Paschi. Ma per Mps il noto brocardo non si applica. Il tempo, infatti, ha un valore in finanza e a maggior ragione in casi come Mps, che da anni perde ogni mese un miliardo di depositi. Non solo, ci sono stati momenti in cui sarebbe bastata un po’ di coerenza per non assistere allo scempio di questi giorni.
Le questioni della vigilanza si commentano da sole. La disfatta della vigilanza, non l’ostacolo, deriva da decisioni organizzative di Bankitalia e Consob che ne hanno “smontato” le capacità operative e preventive. Interventi neanche troppo chirurgici hanno spostato e/o ridimensionato quella classe dirigente che aveva tutelato le due istituzioni ai tempi delle scalate allegre, Antonveneta, Bnl e non solo. Tutto ciò nel presupposto che tutti siano intercambiabili, mentre la storia ci insegna che non è affatto così.
La distruzione di Mps comincia nel novembre del 2007; Mussari butta 9 miliardi di euro attraverso l’acquisizione di Antonveneta. Seguono altre operazioni finanziarie per tappare il buco. Le più significative sono il subordinato da 4 miliardi di euro (di cui oltre 2 piazzati al retail) e i 7 miliardi di euro di derivati Alexandria e Santorini stipulati con Nomura e Deutsche Bank, con transazioni milionarie in cui si buttano altri 3 miliardi di euro. Poi si effettuano due aumenti di capitale, altri 8 miliardi di euro che andranno in fumo in breve tempo. In questo delirium tremens di finanza tossica e suicida c’è uno sprazzo di lucidità nel 2012: 4 miliardi di euro arrivano a Mps con un prestito convertibile in azioni, i Monti Bond. Se Mps non li restituisce, lo Stato diventa azionista di Mps all’80 per cento se non di più.
Sui Monti Bond si gioca uno snodo chiave. Se lo Stato decide di finanziare la Banca con un prestito convertibile – discutendo l’operazione a Bruxelles con non poche difficoltà e costringendo de facto Mps a pagare cedole elevate – significa che si è già riservato il diritto di diventare, “alle brutte”, proprietario della banca. “Le brutte” ci stavano tutte. Il 1° agosto 2013 la Commissione europea, con il voto favorevole dell’Italia, emana la “Comunicazione sul settore bancario”. La Germania ha già dato 250 miliardi di euro alle sue banche per rimetterle a posto, Deutsche Bank a parte (che non è più una banca ma un hedge fund con 40 mila miliardi di euro di derivati in pancia) e decide che è arrivato il momento di inserire il bail-in nella regolamentazione europea. Lo Stato potrà aiutare le banche solo a condizione di far pagare prima azionisti e obbligazionisti subordinati. Sono ovviamente fatti salvi i diritti già acquisiti.
Tradotto: se i Monti Bond (emessi prima del 1° agosto 2013) venissero convertiti in azioni non si applicherebbe la nuova disciplina e gli obbligazionisti subordinati sarebbero salvi. E invece no! Si dimentica che l’ingegneria finanziaria dei Monti Bond è strutturata per far diventare lo Stato azionista e si decide di rimborsarli spingendo Mps a spericolati aumenti di capitale in cui gli azionisti perderanno tutto.
Insomma, si prende l’ancora di salvezza e la si butta a mare, per poter sostenere che il contribuente non era stato coinvolto nel salvataggio di Mps. Peccato che questo abbia significato polverizzare 8 miliardi di euro di azioni, mentre i 4 miliardi di euro degli obbligazionisti subordinati non avranno vita facile. La commissaria europea Margrethe Vestager è stata chiarissima: il ristoro delle perdite dovrà basarsi sulla dimostrazione di vendita scorretta.
Non a caso il comunicato del Consiglio dei ministri di pochi giorni fa dice che il ristoro passerà dal criterio della prevenzione dei contenziosi. Solo se ci sarà una accertata violazione nella vendita dei titoli i risparmiatori avranno un ristoro delle perdite.
Si noti infine che Mps è anche costata allo Stato oltre 4 miliardi di euro di mancato gettito fiscale a causa di una imponente opera di svalutazione di crediti deteriorati effettuata dalla Banca e pari a oltre 15 miliardi di euro. Il contribuente quindi ha risparmiato i 4 miliardi di euro di Monti Bond e ha pagato in altra forma la stessa cifra. Riadattando il noto motto: 4 miliardi entrati dalla finestra sono usciti dalla porta.
Riassumendo: scelte sbagliate che a) non hanno valutato a 360 gradi l’impatto dell’operatività di una banca sui contribuenti; b) e ancora peggio non interpretano la circostanza che in un Paese come il nostro, ad alta propensione al risparmio, risparmiatore e contribuente siano sovrapponibili, hanno condotto al disastro di oggi.
Chissà se saremmo dove siamo se ognuno avesse fatto il suo piccolo (e mi riferisco a tutti i poteri dello Stato) senza se e senza ma, invece di sacrificare il proprio dovere istituzionale sull’altare della “operazione di sistema”.
La morale è una sola, arrivati a questo punto: le operazioni di sistema hanno portato alla crisi sistemica.