“Non intendo rinunciare al principio di salvataggio dei naufraghi e neppure a quello della sicurezza dei miei concittadini. Per questo ritengo necessaria la presenza di polizia giudiziaria sulle navi delle Ong”. A conclusione di un periodo di grande emergenza sul fronte Mediterraneo Marco Minniti, ministro dell’Interno del governo Gentiloni, accoglie il Fatto Quotidiano nel suo ufficio al Viminale, sulla scrivania una copia di Homo Deus, saggio immaginifico dell’isrealiano Yuval Noah Harari su un futuro in cui l’uomo cercherà di sconfiggere la morte facendosi Dio.
Viene dal Pci Minniti, responsabile del partito nella Piana di Gioia Tauro negli anni 80, poi segretario a Reggio Calabria. Non ci vuole stare a passare come il ministro-sceriffo di destra: “Il codice di condotta è stato firmato da quattro Ong su otto. Vorrei ricordarne la genesi: nasce da un’iniziativa parlamentare. La richiesta ci è arrivata dal documento approvato all’unanimità dalle forze politiche, caso unico in questa legislatura, nella commissione Difesa del Senato. Il codice è stato portato poi da noi al vaglio dei ventotto ministri dell’Interno dell’Ue, ha ricevuto il sì anche da parte della Commissione europea. C’è stato, quindi, il via libera in sede Frontex. Il codice – Minniti ripete la parola aumentando il tono di voce – non è un atto unilaterale di un governo fascista”.
Un successo per Minniti, quindi, monco secondo alcuni perché tra chi non ha firmato c’è anche Medici senza frontiere, ong di storia e prestigio, non certo improvvisata, che ha spiegato di non poter consentire l’ingresso a bordo di armi: potrebbe essere un precedente pericoloso per i loro ospedali in scenari di guerra: “Gli agenti della polizia giudiziaria italiani non possono andare da nessuna parte senza armi – ribadisce Minniti –. Sono contrario alla giustizia fai-da-te, per me gli unici a dover essere armati sono coloro che rispondono allo Stato. Sono una garanzia per le Ong stesse”. Su questo il ministro non transige: “Siccome tutti i migranti vengo portati a terra in Italia, bisogna ricercare l’equilibrio tra i diritti di chi è accolto e i diritti di chi accoglie: serve un rapporto pienamente fiduciario tra chi opera i salvataggi e il Paese che apre i porti”.
A questo punto parte il dialetto calabrese nascosto sotto l’abito istituzionale: “O vaiu all’acqua o ’nnacu u figghiolu”. Che significa: “O vado a prendere l’acqua o cullo il neonato, tutte le Ong scelgano da che parte stare”. E spera ancora che chi non ha firmato torni sui suoi passi: “Auspico una piena assunzione di responsabilità da parte di tutti, compresa Msf: si valuti bene quanto è accaduto, nessuno può ignorarlo. Nessuno può far finta di non vedere quanto è emerso dalle indagini della Procura di Trapani. Proprio per evitare generalizzazioni c’è bisogno di una reazione forte. Penso che per le Ong il codice sia una tutela. Tutto deve essere tenuto in serio conto. Se fossi stato il capo di una di quelle organizzazioni lo avrei proposto ora io un codice”.
Che cosa rischia chi non ha firmato? Le Ong dissidenti, a partire da Msf, potranno continuare le loro operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale, il tono di Minniti si fa cupo e preannuncia problemi: “Chi non ha firmato non potrà far parte del sistema di salvataggio che risponde all’Italia, fermo restando il rispetto della legge del mare e dei trattati internazionali”. Non lo specifica, non entra nel merito il ministro, ma per chi non ha firmato navigare sarà molto più complicato nei prossimi giorni, non c’è dubbio ascoltandolo. “Ma per firmare c’è ancora tempo”, ribadisce il ministro.
“Estremismo umanitario” è la definizione giusta per Minniti per definire le azioni della Jugend Rettet: “Dagli elementi che ho, da quanto ha detto il procuratore Ambrogio Cartosio, non posso sostenere che le motivazioni siano altre, ma penso che l’approccio ideologico della Ong tedesca sia profondamente sbagliato. Non possono decidere loro di aprire corridori umanitari venendo a patto con i carnefici. Purtroppo quelle non hanno nulla a che vedere con operazioni di ricerca e salvataggio”. Su questo il ministro diventa quasi furente: “Perché questa forza ideale loro non l’hanno mai tradotta in un atto di disobbedienza simbolica. Perché non hanno neanche simbolicamente cercato di sbarcare in un porto non italiano?”.
Riprende fiato il ministro: “Questo codice è pensato per non consentire una generalizzazione in negativo delle Ong, che non condivido; credo che sia legittimo da parte di Parlamento, governo italiano e Unione europea chiedere un coordinamento”. E qui s’interseca la partita libica, la missione militare con le navi italiane verso Tripoli.
Ieri Mejbari, vice di Sarraj, ha sconfessato il suo premier e invitato l’Italia a fare marcia indietro, accusando di voler violare la loro sovranità: “Non è un’operazione combact, ma solo supporto tecnico-logistico alla Guardia costiera tripolina concesso al governo Sarraj, su sua richiesta, l’esecutivo libico riconosciuto dalla comunità internazionale”. La Farnesina è corsa ai ripari: “Interverremo solo su richiesta di Guardia costiera e governo libici”. “Detto questo – continua Minniti – la stabilizzazione del Paese non può prescindere neppure dal generale Haftar”. La missione è stata criticata, ieri sul Messaggero, anche dal generale Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica: “Non ci aiuterà, servono più diplomazia e intelligence”. Sorride Minniti: Su questo mi permetto di dissentire “da ex presidente della fondazione Icsa…”; poi torna serio: “Abbiamo messo in piedi una cabina di regia con Ciad, Niger e Mali, la prossima riunione sarà a fine agosto. Stiamo parlando di Paesi francofoni, molto legati a Parigi, che dialogano con noi per la gestione della frontiera del Fezzan, meridione libico, che non è la frontiera con l’Italia, ma con l’Europa. Credo che l’azione diplomatica sia di primo livello”.
Il Sud del Mediterraneo che scoppia per l’Italia può diventare anche un problema di terrorismo. Da gennaio ci sono stati 67 rimpatri preventivi: si possono escludere atti di terrorismo in Italia? “Mai dire mai, lavoro per il mai, ma non dirò mai mai – conclude il ministro dell’Interno Marco Minniti –. Noi vantiamo un know how di chi ha sconfitto il terrorismo interno e debellato il terrorismo mafioso. Siamo gli unici in Europa”.