Un viceministro, un sottosegretario, nove deputati e sette senatori. Il listino di indagati e imputati del Pd tra Parlamento e governo conta diciotto persone. Come nella hit parade ci sono delle new entry soprattutto in vetta alla classifica, per così dire, cioè tra viceministri e sottosegretari (ma anche tra gli onorevoli).
Gli ultimi nomi agli “onori” delle cronache sono quelli di Filippo Bubbico e Vito De Filippo.
Bubbico, viceministro dell’Interno, a febbraio è stato indagato dalla Procura di Roma insieme con il ministro Angelino Alfano (capo di Ncd), il segretario particolare di Bubbico, l’ex senatore del Pd Vladimiro Crisafulli e l’ex presidente dell’università Kore di Enna, Cataldo Salerno.
Oggetto del fascicolo: il trasferimento del prefetto di Enna, Fernando Guida, spostato a Isernia con un provvedimento firmato durante il Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2015.
Il sottosegretario alla Salute ed ex governatore lucano, Vito De Filippo, è indagato per induzione indebita nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Potenza sui presunti vantaggi concessi alla lobby del petrolio. La posizione del sottosegretario è stata oggetto di accertamenti per chiarire il senso di alcune intercettazioni telefoniche nelle quali si registrava l’attivismo dell’ex sindaco di Corleto Perticara. Conversazioni in cui pareva emergere un “interessamento” con il sottosegretario per piazzare il figlio all’Eni. De Filippo si è presentato ai magistrati e ha fornito la sua versione che esclude ogni illecito. La sua posizione sarebbe destinata all’archiviazione.
Resta in piedi un’altra storia. Così la racconta lo stesso De Filippo: “Sono indagato per le spese sostenute quando ero governatore della Basilicata. Parliamo di 1.200 euro spesi dalla mia segreteria per francobolli usati per spedire atti pubblici. Dopo 25 anni che faccio politica non è venuto fuori altro”.
Già, le spese pazze delle Regioni che hanno decimato anche tante amministrazioni di centrosinistra. E hanno toccato molti consiglieri regionali nel frattempo promossi deputati o senatori.
A cominciare dalla Regione Lazio, martoriata dagli scandali. Il Pd non ne è stato immune, anzi.
Ecco allora che risultano ancora indagati sei onorevoli: il deputato Marco Di Stefano e i senatori Bruno Astorre, Carlo Lucherini, Claudio Moscardelli, Francesco Scalia e Daniela Valentini.
Moscardelli la racconta così: “Le accuse di peculato sono cadute, resta quella di concorso in abuso d’ufficio”. Cioè? “Il gruppo del Pd in Regione avrebbe assunto dei collaboratori senza un concorso di evidenza pubblica. Ma fanno tutti così, da sempre, in tutta Italia. È una prassi consolidata”, è la difesa di Scalia. Le indagini sono chiuse, si attende una decisione del gip.
Di Stefano, però, ha altre questioni giudiziarie da risolvere. È stato rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica. I fatti riguardano il periodo in cui il deputato era assessore della giunta Marrazzo.
L’inchiesta riguarda presunti favori ottenuti da un gruppo di imprenditori che avrebbero affittato a prezzi fuori mercato immobili a una società della Regione.
Gli stessi immobili poi venduti, secondo l’accusa, all’Enpam a prezzi doppi rispetto al mercato con un plusvalore di 38,2 milioni.
Di Stefano nega ogni addebito: “Il processo mi consentirà finalmente di dimostrare la mia innocenza”.
Dal Lazio alla Sardegna. La lista degli indagati eccellenti perde un nome di peso: Francesca Barracciu che era sottosegretario ai Beni culturali del governo di Matteo Renzi, ma si è dimessa proprio per le vicende giudiziarie. Le solite spese pazze. Non è stata la sola indagata. Con lei si contarono una trentina di esponenti Pd. Tra loro il senatore Silvio Lai e i deputati Siro Marrocu e Marco Meloni.
Altri onorevoli indagati erano consiglieri regionali in Calabria e sono stati toccati dall’inchiesta “Erga Omnes”. Parliamo di Demetrio Battaglia, Bruno Censore e Ferdinando Aiello. Le indagini sono concluse e il pm sta decidendo se chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione.
La piemontese Paola Bragantini, invece, è indagata (truffa aggravata) – insieme con altri nove eletti – nell’inchiesta sulle “giunte fantasma” della Quinta Circoscrizione di Torino.
Luisa Bossa, sindaco di Ercolano per dieci anni e oggi deputato, risultava invece indagata nell’inchiesta sugli appalti di Ercolano. Il suo avvocato, Giovanni Siniscalchi, racconta: “Non abbiamo mai ricevuto nessuna informazione di garanzia. Non sappiamo finora quali sono gli eventuali addebiti e se l’onorevole Bossa sia effettivamente indagata. Entro poche settimane si saprà”.
Nicodemo Oliverio risulta ancora imputato per bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale nel processo sul patrimonio immobiliare della Dc. I collaboratori dell’onorevole, interpellati dal cronista, non hanno rilasciato dichiarazioni.
Infine, Claudio Broglia, uno dei sindaci simbolo della ricostruzione dopo il terremoto in Emilia oggi anche senatore. È accusato di omessa denuncia di reato in relazione alle occupazioni delle case danneggiate dal terremoto. “Noi abbiamo fatto il possibile, abbiamo controllato di tutto e di più. Da anni mi dedico alla ricostruzione. E mi ritrovo indagato, mi ritrovo in tv nel programma di Crozza”, sospira Broglia.
Nel complesso, rispetto all’estate scorsa, si registra una leggera flessione nel borsino degli onorevoli Pd indagati. Anche per via di alcune defezioni: Francantonio Genovese e Maria Tindara Gullo, a lui molto vicina, sono passati dal Pd a Forza Italia. Da registrare anche archiviazioni e assoluzioni, come quelle di Matteo Richetti, Francesco Sanna, Giuseppe Luigi Cucca, Andrea Rigoni. Così come Salvatore Margiotta è stato assolto definitivamente in Cassazione (era stato condannato in appello) dall’accusa di turbativa d’asta e corruzione in relazione all’appalto per la costruzione del Centro Oli della Total.
Ma a sorpresa, tra gli stessi indagati Pd, qualcuno getta il seme del dubbio: “Mica ci sono solo io. Guardate che di indagati ce ne sono altri. Reati minori, piccole cose, magari. Ma siamo molti… vuole qualche nome?”.