Processo a Di Maio. Lui chiede scusa e cede su Virginia
La rivolta contro il numero uno e la sindaca. Il processo al predestinato, al candidato premier in pectore, a Luigi Di Maio. E dopo il suo mea culpa, la sanzione per la sua protetta Virginia Raggi. Che rinuncia a Raffaele Marra e Salvatore Romeo, i fedelissimi, ma che non vuole rinunciare ai due assessori Paola Muraro e Raffaele De Dominicis. Finisce così, il giorno più lungo per i 5Stelle e per Di Maio. Stremato e con gli occhi lucidi, dopo una riunione infinita del Direttorio e del mini-direttorio romano alla Camera. Un corpo a corpo su cui pesa la prova a carico per il deputato, l’email con cui gli dissero, il 5 agosto, che Paola Muraro era indagata.
Gliela aveva inviata Paola Taverna, che ufficialmente non conferma ma che per tutto il giorno ripete che lei ha il testo inviato dalla sua casella di posta, “il report”. Nella pancia di Montecitorio è lei il pubblico ministero che striglia Di Maio e il Direttorio, che urla: “Siete solo dei ragazzini”. Frammenti, dal calvario del deputato campano. Spaventato, tanto da annullare la partecipazione al nuovo programma della Rai, Politics. Ma non rassegnato, assicurano i suoi. Convinti che “se cade Luigi, non si apre spazio per altri: viene giù tutto il Movimento”. Chissà se lo pensano anche Carla Ruocco, Paola Taverna e Roberta Lombardi. Le donne che capeggiano l’insurrezione contro Raggi e la sua cerchia ristretta. Ma pure contro di lui, Di Maio. Fino a ieri, l’unico vero referente della sindaca. Colui che faceva e disfaceva, anche in Campidoglio. E che adesso, raccontano i suoi, è costretto a capitolare, di fronte all’evidenza che “la Raggi ha gestito tutto malissimo” e che “non è detto che sia all’altezza del compito che ha”.
La riunione da stato di crisi arriva dopo il lunedì dell’audizione in Ecomafie di Raggi e Muraro, con entrambe a raccontare che dell’indagine sull’assessore sapevano da luglio. E buonanotte trasparenza. Ci sono tutti i big, compreso Alessandro Di Battista, che per arrivare in tempo ha annullato una tappa del suo tour sulla Costituzione (“Ci sono problemi a Roma ed è meglio tornare”, ammette su Facebook). Si parte, e Ruocco e Taverna azzannano subito Di Maio. Gli rimproverano le bugie sulla Muraro: “Sapevi che era indagata”. È un fuoco di fila: “Sei responsabile degli Enti locali, eppure non ti sei mai accorto dei problemi, da Quarto fino a Roma”. Gli contestano perfino le risposte dal palco della Festa del Fatto, domenica scorsa: “Hai eluso tutte le domande, non rispondevi su nulla”. Lui incassa, in silenzio. Ascolta, e ammette: “Ho sottovalutato la situazione, scusate”. Sulla email Di Maio si difende un po’ confusamente. Ammette di essere stato informato, quel 5 agosto, ma di aver capito che l’iscrizione nel registro degli indagati della Muraro era dovuto a un esposto contro l’assessore dell’allora presidente dell’Ama, Daniele Fortini, presentato tre giorni prima. Insomma, avrebbe preso sotto gamba la questione. Taverna e Ruocco però sono inarrestabili e puntano anche la Raggi: “Se ne deve andare, sta tradendo i nostri principi”. E citano il mini-direttorio “che non viene mai informato di nulla”.
Su un punto sono tutti d’accordo: la sindaca deve mandare via Marra e Romeo. Di Maio aveva sempre provato a difenderli pubblicamente, per coprire la sindaca. Ma ora si accoda agli altri. E c’è anche l’imprimatur di Beppe Grillo, che parla per telefono con i big, durante tutta la riunione. “Per quale ragione sono due intoccabili per la sindaca?” chiede più d’uno. Poi però c’è il caso Muraro. Ed è spaccatura.
La maggioranza chiede il passo indietro: “Ha mentito, se non se ne va da sola la cacciamo noi”. Così la pensano in tanti, così vuole Davide Casaleggio, il figlio dello scomparso Gianroberto. “Come facciamo a tenere un’assessora all’Ambiente indagata per violazione ambientale?” riassume il consigliere regionale Gianluca Perilli, del mini-direttorio romano. Ma c’è chi la difende, come la Taverna e il suo compagno Stefano Vignaroli, il deputato che ha indicato come assessore Muraro: “Aspettiamo le carte e poi decideremo, come abbiamo fatto a Livorno”. Ed è la stessa linea della sindaca. Su Facebook intanto irrompe Roberta Lombardi: “Chiedere scusa, mandare via chi con il M5S non c’entra nulla e mai c’entrerà nulla”. Lei, dimissionata dal mini-direttorio romano per i contrasti insanabili con Raggi, invoca provvedimenti esemplari. È forte dell’appoggio di Grillo, assicurano, con cui ha parlato in mattinata. Ma il suo è anche un segnale. Perché dopo il suo post battono un colpo anche Nicola Morra e Barbara Lezzi, senatori di peso. Durissimi. E l’obiettivo è sempre lui, Di Maio. Tanto che questa mattina i senatori si vedranno, per decidere una linea d’attacco comune.
La rivolta contro il numero uno e la sindaca. Il processo al predestinato, al candidato premier in pectore, a Luigi Di Maio. E dopo il suo mea culpa, la sanzione per la sua protetta Virginia Raggi. Che rinuncia a Raffaele Marra e Salvatore Romeo, i fedelissimi, ma che non vuole rinunciare ai due assessori Paola […]