Il governo ha fatto un regalo coi fiocchi ai capi della Cassazione. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato per decreto (quindi con carattere di urgenza) una proroga dei pensionamenti solo per i vertici della Suprema Corte, del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dell’Avvocatura dello Stato. Una norma così grossolanamente discriminatoria, ad alto rischio di incostituzionalità, da far irritare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva chiesto di procedere diversamente.
Il beneficiario più importante del decreto è il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio. È lui l’alto magistrato per il quale il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si è impuntato su questa proroga elitaria che ha fatto infuriare tutti i magistrati. È una delle poche cose che ha messo d’accordo le varie correnti delle toghe e ha fatto dire all’Anm, il loro sindacato, che è un provvedimento “improvvisato e che non rende un servizio alla giustizia”.
Canzio ha già beneficiato della proroga per il 2015, grazie alla quale ha potuto concorrere alla poltrona di presidente della Cassazione e l’ha spuntata. Il Consiglio superiore della magistratura infatti, nonostante sulla carta potesse restare in carica solo un anno, lo ha scelto con la sola astensione di due togati di Area, Lucio Aschettino e Piergiorgio Morosini e del laico eletto in quota 5Stelle Alessio Zaccaria. Quella di ieri è la terza proroga del governo che riguarda i magistrati, ma questa volta, a riprova che il sospetto di una norma ad personam non è campato in aria, coinvolge non più di una quarantina di toghe.
Il pasticciaccio è cominciato nel 2014, sempre per volere di Renzi, e sempre col ministro della Giustizia Andrea Orlando contrario, come per la proroga di ieri, ma non sulle barricate. Fu approvata una legge che portava da 75 a 70 anni l’età per la pensione. Senza alcuna norma transitoria, senza scaglionamento. Risultato: un vuoto di organico di mille toghe, nonostante il Csm abbia provveduto a oltre 400 nomine (il metodo con cui sono state fatte, le degenerazioni correntizie e i cartelli tra consiglieri laici sono un’altra storia).
Il decreto vale per i magistrati di Cassazione con incarichi direttivi, come i presidenti di sezione, che non abbiano compiuto 72 anni al 31 dicembre 2016 (Canzio li compirà il primo gennaio 2017): questi magistrati saranno prorogati per tutto l’anno prossimo. Gli altri a casa. Se, invece, come aveva chiesto l’Anm, il governo avesse stabilito la pensione a 72 anni per tutti i magistrati, Canzio non sarebbe rientrato tra i beneficiari. Il governo, per provare a dissimulare il provvedimento ad hoc, come detto, ha inserito i vertici del Consiglio di Stato, della Corte dei conti nonché gli avvocati dello Stato, che lavorano per Palazzo Chigi. Per tutti loro, però, la proroga vale se quest’anno non abbiano compiuto 70 anni.
Ma, fanno notare al Consiglio di Stato, nessuno fra i loro magistrati sarà toccato dal provvedimento. La giustificazione formale per quanto riguarda la Cassazione è che si vuole “assicurare la continuità negli incarichi”, anche in ragione “dell’elevato contenzioso ivi pendente”. Come se, invece, nelle procure e nei tribunali filasse tutto liscio e non ci fosse la moria di processi per prescrizione.
Tra coloro che usufruiranno della proroga ci sono il presidente aggiunto di Cassazione Renato Rordorf, il procuratore generale Pasquale Ciccolo e Antonio Segreto, presidente del Tribunale Superiore delle acque pubbliche (che ha sede in Cassazione). Se sarà equiparato a un magistrato di Cassazione, la proroga spetterà anche al procuratore antimafia Franco Roberti. Gli altri magistrati che invece sono tagliati fuori – come il procuratore di Napoli Giovanni Colangelo (al posto è interessato il capo di gabinetto di Orlando, Giovanni Melillo) o di Messina Guido Lo Forte – potrebbero fare ricorso al Tar per l’evidente disparità di trattamento, mettendo in difficoltà il Csm che deve provvedere per legge a sostituirli. Il decreto per essere effettivo deve essere firmato dal presidente Mattarella e pubblicato in Gazzetta. Entro 60 giorni, poi, il Parlamento lo deve approvare. La partita è ancora aperta.