L’ombra dei servizi segreti nell’inchiesta Consip. Questa volta non per i falsi contestati a Giampaolo Scafarto. Ma per alcune comunicazioni di quest’ultimo, capitano del Noe, “con un superiore non più interno al Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri” al quale sarebbero state date notizie sull’inchiesta Consip. Il sospetto è che si tratti di qualcuno che ora lavori all’Aise, i servizi segreti esteri, che dipendono dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
La vicenda viene riportata nell’invito a comparire inviato a Scafarto per il prossimo interrogatorio, il terzo: sarà sentito dai pm romani lunedì prossimo alle tre del pomeriggio. Da quei pochi elementi che ci sono nella convocazione sembra si tratti di un’ulteriore fuga di notizie, che questa volta arriva a una persona che prima era nello stesso nucleo del capitano.
La vicenda emerge tra le tante chat estrapolate dal cellulare di Scafarto durante il suo primo interrogatorio, quello del 10 maggio scorso, quando è stato chiamato a rispondere alle accuse di falso. Secondo i pm romani, avrebbe falsificato due passaggi dell’informativa depositata il 9 gennaio scorso: quello relativo ai servizi segreti e quello che invece riguarda la ormai nota frase intercettata, “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”. Nell’informativa questa frase era stata attribuita ad Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano ora in carcere per corruzione. In realtà a pronunciarla era stato l’ex parlamentare Italo Bocchino (indagato in un filone dell’inchiesta Consip per traffico di influenze), come correttamente riportato nei brogliacci. Inoltre, come ha spiegato nei giorni scorsi lo stesso Bocchino, “la frase che sarebbe stata pronunciata da me si riferiva presumibilmente all’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e a valutazioni politiche del tutto estranee ai fatti dell’inchiesta”. Quindi nessun riferimento a Tiziano Renzi (indagato anche lui per traffico di influenze), che l’ex parlamentare ha precisato di non aver mai conosciuto.
Lunedì, però, quando Scafarto tornerà dai magistrati romani con il suo legale, l’avvocato Luigi Annunziata, non dovrà più rispondere di questo. Gli verranno fatte domande diverse: ossia si chiederà, come preannunciato nell’invito a comparire, se e cosa abbia riferito dell’inchiesta Consip a qualche collega, che poi ha abbandonato il Noe. Nella convocazione nessun riferimento all’interlocutore. Ma il sospetto è che sia qualcuno che poi sia transitato nei servizi segreti, che non hanno alcun diritto di conoscere queste informazioni.
È infatti un’altra amministrazione, che dipende da Palazzo Chigi, e che quindi non deve sapere di indagini in corso. A questo punto la domanda sorge spontanea: se qualcuno degli 007 sapeva, ha trasmesso la notizia? A chi? Alla propria amministrazione?
Per adesso si cammina sempre nel campo delle ipotesi. Solo lunedì potrebbero arrivare delle risposte e si capirà se si sia trattato di una ulteriore fuga di notizie su un’indagine così delicata.
Tutto quindi dipenderà da come Scafarto spiegherà ai pm le chat dalle quali emerge questa vicenda, se quindi sarà confermata questa circostanza, e dalle carte in mano alla Procura.
In un altro filone – che riguarda sempre la fuga di notizie però in un’altra direzione – sono indagati per rivelazione di segreto istruttorio il ministro dello Sport Luca Lotti, il Comandante generale dell’arma dei carabinieri Tullio Del Sette e il Comandante della Legione Toscana Emanuele Saltalamacchia. A fare questi nomi, a verbale, è stato l’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni. Per quanto riguarda la posizione di Del Sette, dice di averlo saputo de relato, ossia da Luigi Ferrara, appena dimessosi da presidente della principale stazione appaltante dopo esser stato indagato per false informazioni ai pm.
Ferrara sentito dai magistrati ha minimizzato il ruolo del numero uno dell’Arma, dicendo che non lo avvertì di nessuna indagine. Le vicende di questi tre indagati quindi sono diverse da quelle che riguardano le nuove domande che potrebbero essere fatte a Scafarto.
Intanto si è arrivati a un primo accordo tra la Procura e Alessandro Diddi, legale di Marco Gasparri, il dirigente della Consip accusato di aver ricevuto da Romeo in poco più di tre anni circa 100 mila euro. In cambio, secondo l’accusa, avrebbe fornito informazioni riservate sulle gare.
Per lui e per Romeo (che proprio per questa vicenda si trova in carcere dal primo marzo) i pm hanno chiesto il giudizio immediato.
Gasparri ha ammesso tutto davanti ai magistrati, mentre l’imprenditore napoletano continua a non rispondere. L’accordo riguarda un patteggiamento per il dirigente a 20 mesi di reclusione, sul quale dovrà esprimersi il gip.