I pali in ferro fissati “con lo sputo, con la farina”. Perché, dicono operai e indagati nelle intercettazioni, “continuiamo a lavorare a cazzo di cane”, “esce acqua da tutte le parti, una cosa pazzesca, da fare schifo”. Mentre in Italia crollano ponti e viadotti – recentemente è accaduto ad Ancona e a Fossano – ecco un’altra inchiesta che lancia ombre sulla sicurezza delle grandi opere. Stavolta parliamo del tunnel bis di Tenda. Mica noccioline, si tratta di un cantiere da 176 milioni, uno dei più grandi del Nord Italia. Qui dal 2020 dovrebbero passare migliaia di auto al giorno.
“Abbiamo agito per evitare un disastro”, ha detto la procuratrice di Cuneo, Francesca Nanni, che si occupa del fascicolo insieme con la pm Chiara Canepa. Le intercettazioni, riportate da La Stampa, fanno capire da dove nasce il timore: gli indagati al telefono parlano di pali in ferro “fissati con lo sputo, con la farina”. Si fa riferimento a muri di contenimento senza fondamenta. C’è chi fa cenno al pericolo che “ci scappi il morto”. Fino al colloquio tra uno degli indagati e un interlocutore ancora da identificare che dice: “Non c’è molto da fare… Se lo sono detti gli operai da soli: ‘Continuiamo a lavorare a cazzo di cane’”. Un’espressione forse non proprio tecnica, ma piuttosto chiara. Soprattutto se si parla di un tunnel scavato nella roccia con una lunghezza di 3.182 metri. È il raddoppio della vecchia galleria realizzata nell’800 per collegare il nostro Paese con la Francia passando per Limone e il Cuneese. Sono ormai sei anni che, per motivi di sicurezza, si può procedere soltanto a senso unico alternato con attese che sfiorano i 30 minuti.
Una settimana fa è scattato un blitz in grande stile della Guardia di Finanza di Cuneo: elicotteri, decine di auto, unità cinofile, uffici perquisiti anche a Milano e Roma. L’inchiesta ha portato a indagare 17 persone. Cinque – compresi il direttore dei lavori, il capo cantiere e un impiegato dell’Anas – sono finite agli arresti domiciliari. L’oggetto dell’inchiesta riguarda una partita da100 mila euro di materiale da cantiere che, secondo i pm, invece di essere utilizzato per il Tenda bis sarebbe stato rivenduto in nero a imprese terze, mentre alcuni degli accusati – sostiene la Procura – avrebbero fatto la cresta sui materiali. Di qui le accuse di furto aggravato e frode in pubbliche forniture.
Ma indagando e intercettando, gli investigatori hanno cominciato a chiedersi se i lavori per l’opera siano stati eseguiti a regola d’arte. “Certo! Non si può mettere in dubbio la sicurezza del tunnel”, fanno sapere ambienti della Grandi Lavori Fincosit. Ma i pm Canepa e Nanni vogliono vederci chiaro perché c’è in ballo la sicurezza delle persone. I lavori sono stati bloccati per cinque mesi e agli operai fuori sede è stato dato un biglietto per tornarsene a casa.
Il nuovo progetto, spiega Fincosit, prevede “la costruzione di una nuova canna mono-direzionale nel senso Italia-Francia con una carreggiata larga sei metri e mezzo – compresa la corsia di emergenza – mentre il collegamento Francia-Italia avverrà attraverso l’attuale tunnel ampliato”.
Il punto, però, non è più solo Tenda. Ma la sicurezza legata alle grandi opere. Nell’ottobre scorso ecco l’inchiesta Amalgama condotta dalle Procure di Roma e di Genova. Tra i progetti sotto la lente degli inquirenti soprattutto il Terzo Valico ferroviario tra Liguria e Pianura Padana e l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Vengono arrestati, tra gli altri, i vertici del consorzio Cociv – Michele Longo ed Ettore Pagani – che poi sono gli uomini della madre di tutte le maxi-opere: il Ponte sullo Stretto. E spuntano intercettazioni sul cemento che sarebbe stato utilizzato per la Salerno-Reggio: “Quel cemento sembrava colla, abbiamo rimandato indietro tre betoniere”, si lamenta l’impresario Paolo Piazzai, quando si trova davanti le miscele. Un suo collega aggiunge: “L’iniziale fornitura era acqua, la seconda non scendeva nemmeno dalla canalina e si intasa pure la pompa”. Si parla anche di “calcestruzzo che non ha una barriera fisica e defluisce un po’ a cazzo come gli pare a lui”. Non molto rassicurante parlando di un’autostrada che comprende 190 gallerie e 480 tra ponti e viadotti.
Ma non basta. Ce n’è anche per il Terzo Valico, opera da 6,2 miliardi – per appena 54 chilometri – che sta conquistando il record di inchieste. Tra le carte delle intercettazioni di Pagani ecco un passaggio che parla del rischio di ritrovare amianto durante i lavori di perforazione per realizzare i tunnel del Terzo Valico. E Pagani, parlando con un interlocutore ancora da identificare, dice: “Intanto la malattia arriva tra trent’anni”. Non solo: se fossero rese note le informazioni sull’amianto, “ti fermano i lavori”. Frasi che non hanno rilievo penale, ma che tolgono il sonno alle decine di migliaia di persone che vivono lungo il percorso della nuova linea ferroviaria.