Matteo Renzi lo ha detto chiaro a Otto e mezzo il 3 marzo: “Se ci sono dei ricatti (…) c’è il dovere di fare i processi, noi siamo persone per bene e non abbiamo paura dei processi”. E poi ancora con riferimento alle pressioni sull’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni: “No no, parliamoci chiaro quando c’è l’espressione ‘ricatto’ non c’è nulla di politico”.
Qualche giorno dopo la trasmissione – durante una conversazione con l’avvocato Federico Bagattini – il padre Tiziano Renzi, dice: “Avvocato, ho avuto una notizia: Luigi Marroni è ricattabile!”. Il legale cerca di portare il discorso su un tema diverso: “Anche io ho avuto una notizia”. Il padre di Matteo però insiste: “È ricattabile per cose private”.
La telefonata avviene dopo l’interrogatorio di Tiziano Renzi da parte dei pm Paolo Ielo e Celeste Carrano durante il quale Renzi senior e Bagattini hanno capito benissimo che il nemico numero uno, l’uomo che ha messo nei guai l’indagato davanti ai magistrati, è proprio Marroni. “Tiziano Renzi – ha detto a verbale Marroni il 20 dicembre – mi chiese di fare il possibile per assecondare le richieste del Russo e di dargli una mano atteso che era un suo amico (…) Tiziano Renzi mi ribadì di aiutare il Russo nella gara d’appalto (…) precisandomi che era una persona a lui molto vicina”.
Il padre dell’ex premier e il suo avvocato a quel punto devono riuscire a far cambiare versione a Marroni o a fargli precisare il suo pensiero o magari a minare la sua la credibilità. Ecco perché Bagattini, dopo l’interrogatorio del 3 marzo del padre del leader Pd, chiede di riascoltare l’ad di Consip nell’ambito delle indagini difensive. L’amministratore di Consip (nominato e tenuto al suo posto dalla maggioranza di Renzi figlio) si nega alla convocazione del legale. In quella fase delicata Tiziano Renzi dice che “Marroni è ricattabile per questioni private”.
Questa conversazione è inquietante perché pone il problema dell’uso spregiudicato delle informazioni per fare pressioni sulla libera determinazione di un personaggio pubblico come è Marroni.
Perché il papà dell’ex premier comunica al suo legale che il suo accusatore è ricattabile per cose private? La Verità ieri ha dato conto dell’esistenza della telefonata ma non ha svelato il contenuto “privato” della ricattabilità. Il padre di Matteo Renzi e il suo legale non dicono perché pensano sia ricattabile. Usano un linguaggio scherzoso, complice e allusivo per parlare delle cose private del testimone chiave dell’indagine che vogliono smontare. Bagattini mostra di sapere qualcosa anche lui sull’argomento e sostanzialmente concorda: “Babbo, lei ha ragione”. Poi fa riferimento a un’altra circostanza, però nota e pubblica.
Ieri La Verità ha titolato in prima “Intercettazione distrutta dalla Procura”. Invece entrambe le procure coinvolte hanno negato di avere dato disposizioni in tal senso. Il procuratore di Roma Pignatone scrive: “La Procura di Roma non ha ordinato la distruzione di alcuna intercettazione (…) peraltro l’eventuale distruzione poteva essere disposta solo dall’Ufficio che aveva disposto l’intercettazione (Napoli, ndr). Inoltre, come è noto, le intercettazioni con i difensori sono inutilizzabili”. Mentre il procuratore reggente di Napoli, Nunzio Fragliasso, nel suo comunicato scrive solo: “Non risulta essere stata disposta la distruzione dell’intercettazione alla quale si fa riferimento”. Quindi Napoli sembra confermare che l’intercettazione sulla ricattabilità esiste e non conferma che vada distrutta.
Al Fatto risulta che il procuratore Pignatone – per ovvie ragioni di riservatezza – non dice nel comunicato una cosa importante: la Procura di Roma con una comunicazione scritta inviata dal pm Mario Palazzi ha chiesto al Noe, in quel momento delegato alle indagini, di non utilizzare quella conversazione perché atterrebbe al rapporto tra cliente e avvocato, tutelato dalla legge. Si tratta di una scelta fondata sul codice, ma non scontata né automatica.
La Cassazione, nella sentenza 1837 del 2014, relatrice Margherita Taddei, stabilisce: “La prescrizione anzidetta non si traduce, in definitiva, in un divieto assoluto di conoscenza ex ante, come se il legale godesse di un ambito di immunità assoluta o di un privilegio di categoria, ma implica una verifica postuma del rispetto dei relativi limiti”. Un’altra sentenza, del 28 ottobre 2015, afferma che il divieto di intercettazioni sussiste per “le sole conversazioni o comunicazioni relative agli affari nei quali i legali esercitano la loro attività difensiva, e non si estende, quindi, alle conversazioni che integrino esse stesse reato”.
In questo caso non c’è un reato nell’affermazione di Tiziano Renzi. Quando sostiene che Luigi Marroni sarebbe ricattabile però fornisce un’informazione che ha un suo peso se messa insieme alle dichiarazioni rese a verbale dello stesso Marroni. L’ad di Consip ha firmato un verbale in cui dice di essersi sentito ricattato (dal punto di vista lavorativo e non certo per l’uso di informazioni sulla sua vita privata) di fronte alle richieste di Carlo Russo, coindagato di Tiziano Renzi: “Mi trovavo di fronte a un vero e proprio ricatto che era ancor più spregevole perché non mi dava scelta se non rinunciare al mio posto di lavoro”. È una questione di interpretazione. Se si ritenesse, come dice Matteo Renzi a Lilli Gruber, che: “Se ci sono ricatti si fanno i processi”, la telefonata di Renzi senior sulla ricattabilità di Luigi Marroni potrebbe essere rilevante nell’eventuale procedimento penale. Attualmente però nessuno indaga sull’esistenza a di un ricatto o di un’ipotetica ricattabilità. Per fortuna di Tiziano non è Matteo Renzi il pm che dovrà fare questa valutazione e la telefonata alla fine potrebbe essere distrutta.