Il deputato M5s e membro del Copasir Angelo Tofalo fu indotto dalla Dama in Nero Annamaria Fontana, in carcere con accuse di traffico d’armi internazionale in Libia ed in Iran, a recarsi con lei nell’autunno scorso ad Istanbul ad incontrare l’ex premier libico Khalifa Gwell, un uomo che il governo di Tripoli di Fayez al Sarraj reputa vicino alle fazioni islamiche estremiste nonché autore di un tentato colpo di Stato e di manovre per far scoppiare uno scontro armato. Quell’incontro produsse un’intervista a Gwell, che si ritiene ancora primo ministro in carica, pubblicata il 1 dicembre 2016 su Fanpage. Ora il parlamentare grillino rischia di essere indagato con un articolo semisconosciuto del codice penale, il 244, “Atti ostili verso uno Stato Estero”, per aver offerto sponda ad un personaggio ritenuto militarmente in conflitto con un governo estero. Una circostanza che poteva turbare le relazioni con la Libia “ed esporre lo Stato italiano o i suoi cittadini, ovunque residenti, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni”.
La Procura di Napoli valuterà se iscriverlo o meno all’esito di alcuni accertamenti incrociati. Si parte dalle dichiarazioni spontanee che Tofalo ha reso ai magistrati dopo aver letto sui giornali dell’arresto di Fontana e del marito Mario Di Leva, convertitosi all’Islam con il nome di Jaafar. Il deputato si è recato il 2 febbraio in Dda per spiegare la sua conoscenza con Fontana. Il pm Catello Maresca non ne sapeva nulla. La Dama in Nero ha parlato di Tofalo solo in un interrogatorio successivo. Secondo la ricostruzione de Il Fatto Quotidiano, Tofalo fu cercato da Di Leva nell’estate 2015 senza esito.
L’anno dopo è la Fontana a muoversi. Il contatto viene mediato da una militante grillina (D. R.), Fontana nell’estate 2016 è stata in Libia e vuole organizzare un incontro tra il parlamentare e l’ex premier libico che poi effettivamente avverrà. Tofalo al pm ha spiegato di essersi attivato “per ragioni di sicurezza nazionale”, in pratica per lavorare a soluzioni di pace in un territorio in conflitto. Tofalo come membro Copasir potrebbe aver avuto interesse a capire se la Fontana avesse avuto un ruolo nelle trattative per la liberazione dei quattro tecnici della Bonatti rapiti in Libia nel luglio 2015 (due, Failla e Piano, furono poi uccisi), come pare emergere ora negli atti. In un’intervista di ieri a Fanpage, ha aggiunto di non immaginare che Fontana commerciasse armamenti in paesi sotto embargo e che prima di partire con lei “ho consultato gli organi preposti ai fini di tutelare la sicurezza nazionale”. Se questa circostanza è vera bisogna preoccuparsi, ci sono falle evidenti nel sistema. Un anno prima di questo viaggio, infatti, il 12 novembre 2015, Fontana e Di Leva ricevettero un avviso di garanzia con perquisizione nell’ambito delle indagini per traffico di armi, culminate nel loro fermo e in quello di Andrea Pardi di ‘Società Italiana Elicotteri’.
Il nome di Pardi e di altri faccendieri finì sui giornali, quello dei Di Leva no, ma l’esistenza di un’inchiesta era nota loro con un atto non segreto e conoscibile dal Copasir e dai servizi segreti. Qualcuno avrebbe dovuto mettere all’erta un parlamentare in viaggio con un’indagata per traffico d’armi internazionale verso un appuntamento con un leader ostile a un governo in carica di un paese ad alta conflittualità militare interna. Ma nessuno lo fece.