L’amico della famiglia Renzi, l’imprenditore di Scandicci Carlo Russo, andava a parlare di operazioni che mescolano politica e affari privati con Alfredo Romeo mentre era intercettato dai carabinieri del Noe su delega della Procura di Napoli. Il 33enne molto legato a Tiziano Renzi, che è stato il padrino di battesimo del suo secondo figlio, ha proposto all’imprenditore Alfredo Romeo di salvare l’Unità. Non solo. In conversazioni su altre questioni, Russo e Romeo avrebbero discusso di pagamenti all’estero di consulenze che nascondevano, per gli investigatori, vere “tangenti”. Accuse da provare e probabilmente penalmente irrilevanti perché Russo e Romeo avrebbe solo prospettato questo disegno nelle conversazioni. Il disegno però non si è mai realizzato. E probabilmente non ha aiutato a passare dalle parole ai fatti la colossale fuga di notizie sull’indagine che ha tagliato le gambe ai pm e ha avvertito in tempo quasi reale gli intercettati.
Il comandante generale Tullio Del Sette, il comandante della Toscana, Emanuele Saltalamacchia e il ministro Luca Lotti sono indagati perché sarebbero andati a rivelare l’esistenza delle indagini sugli appalti Consip ai vertici della società pubblica che fa le gare per tutte le pubbliche amministrazioni, con il risultato che l’amministratore di Consip ha trovato e rimosso le cimici piazzate nei suoi uffici. Anche Tiziano Renzi, secondo La Verità avrebbe saputo di un’indagine di Napoli, da novembre almeno.
Ora si scopre cosa bolliva nella pentola degli investigatori poco prima. In un passaggio del decreto di perquisizione dei pm napoletani di mercoledì scorso a proposito di Alfredo Romeo si legge: “Appaiono illuminanti alcuni passaggi delle numerose conversazioni intercettate all’interno del suo ufficio, intrattenute da Romeo in particolare con uno dei faccendieri/facilitatori suoi visitatori abituali nel corso delle quali si fa espresso riferimento – scrivono i pm – alla prospettiva di stipulare fittizi contratti di consulenza pianificando dunque, la emissione e la utilizzazione di fatture relative a prestazioni inesistenti, da utilizzare per ‘mascherare’ il pagamento di vere e proprie tangentierogate da Romeo per le consuete finalità, tutto ciò pianificando l’utilizzo strumentale di società estere, e in particolare di una società inglese, pure nella disponibilità dello stesso Romeo e dei suoi familiari”.
Il faccendiere che – secondo i pm – avrebbe prospettato pagamenti di consulenze con l’uso strumentale di una società inglese di Romeo, è proprio Carlo Russo. Ieri abbiamo contattato l’amico dei Renzi per sapere la sua versione ma ci ha risposto picche.
Non si trattava – a detta degli investigatori – di un’opera meritoria verso le famiglie dei giornalisti che rischiano il posto in caso di chiusura del giornale né di generosità verso il Pd e i soci privati, Guido Stefanelli e Massimo Pessina, che hanno iniettato 2,8 milioni di euro nell’Unità Srl sotto forma di finanziamenti soci con una perdita dell’ultimo bilancio che sfiora i due milioni di euro.
Secondo i pm infatti Romeo avrebbe discusso delle ragioni del suo interessamento alle questioni editoriali (non solo L’Unità ma anche altre testate) con l’amico ed ex deputato Italo Bocchino. L’ipotesi di acquisto delle quote del giornale fondato da Antonio Gramsci nella mente e nei colloqui dell’imprenditore decolla nell’autunno scorso per i pm solo per “compiacere i rappresentanti della cosa pubblica”.
I pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano non scoprono le loro carte nel decreto di perquisizione che ieri ha portato i Carabinieri del Noe negli uffici di Romeo alla ricerca di documenti ma Il Fatto è in grado di raccontare alcuni retroscena di questa strana trattativa. Nel settembre del 2016, proprio quando l’assemblea dei soci dell’Unità prende atto della situazione drammatica dei conti, Carlo Russo discute con Romeo della possibilità dell’acquisto-salvataggio dell’Unità da parte dell’imprenditore.
Ieri abbiamo cercato di contattare il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi (che non è membro del cda dell’Unità come erroneamente abbiamo scritto ieri) per avere la sua versione su un eventuale interessamento di Romeo o di Russo per le sorti della società e del giornale ma ci ha risposto che non vuole parlarci. Secondo Bonifazi abbiamo scritto che lo abbiamo cercato mentre il telefonino da noi usato (un 349…) non è mai stato suo, come invece a noi risultava. Gli abbiamo detto che siamo a disposizione quando vuole per ospitare la sua versione.
Alfredo Romeo, va detto, quando Carlo Russo lo incontra e gli parla dell’Unità era un imprenditore senza pendenze, assolto da tutte le accuse che nel 2009 lo avevano portato ingiustamente in carcere per la storia della gara del global service del Comune di Napoli.
Nessuno – tanto meno Carlo Russo – sapeva che fosse indagato di nuovo per corruzione e altro dalla Procura di Napoli. Russo è amico anche della mamma di Renzi, Laura Bovoli, con la quale condivide la passione per i pellegrinaggi a Medju Gorje. La trattativa dell’Unità e tutti i discorsi fatti con Romeo potrebbero essere solo millanterie. A rendere imbarazzante il tutto è il fatto che Romeo voleva essere aiutato dai renziani nella gara della Consip FM4 cioé quella per la gestione di tutti gli immobili della pubblica amministrazione, l’appalto più grande d’Europa. Come Il Fatto ha già raccontato, alla fine Romeo è riuscito ad arrivare davanti a tutti in tre lotti pari a 609 milioni di euro. Ora attende l’aggiudicazione.