Notizie buone e meno buone dal fronte della legalità. Cominciamo da quella brutta: Paolo Cirino Pomicino non ce l’ha fatta a entrare nel Cda del Policlinico San Matteo di Pavia. Il decreto di nomina da parte del sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio pareva pronto, anche per risarcire il pover’uomo dall’inopinata esclusione dalle liste europee del Pdl in quanto sprovvisto di tette. Invece all’ultimo momento, forse per le proteste dei grillini e financo della Lega Nord, gli hanno preferito un incensurato.

Veniamo ora alle buone notizie. La prima riguarda il vicepresidente dell’Autorità Garante per la Privacy, Giuseppe Chiaravalloti, ex procuratore generale in Calabria di cui poi divenne governatore col centrodestra, quello che in una telefonata intercettata tre anni fa con la sua segretaria diceva del pm Luigi de Magistris che indagava su di lui: “Questa gliela facciamo pagare… Lo dobbiamo ammazzare. No, gli facciamo cause civili per danni e ne affidiamo la gestione alla camorra napoletana…Saprà con chi ha a che fare… C’è quella sorta di principio di Archimede: a ogni azione corrisponde una reazione… Siamo così tanti ad avere subìto l’azione che, quando esploderà, la reazione sarà adeguata!… Vedrai, passerà gli anni suoi a difendersi”. Bene, ora Chiaravalloti è di nuovo indagato (insieme all’ex ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, all’onorevole Pdl Giuseppe Galati e a vari politici locali) per associazione per delinquere finalizzata alla concussione, falso, riciclaggio e abuso d’ufficio per una storia di presunte tangenti e ruberie di fondi pubblici destinati a due centrali elettriche. Ma nessuno ha chiesto le sue dimissioni dalla cosiddetta Authority guidata dal professor Pizzetti, quello che ogni giorno difende il povero Berlusconi dagli attentati a mezzo flash del criminoso fotoreporter Antonello Zappadu. La Privacy resta in buone mani.

Le altre buone notizie riguardano il Pd, sempre all’avanguardia quando si tratta di legalità. Massimo D’Alema, che si accinge a riprendersi il partito travestito da Bersani, gli ha allestito una bella tavolata alla Fondazione Italianieuropei con campioni di trasparenza come il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi, imputato sia per il crac Parmalat sia per il crac Cirio; e, secondo Repubblica, sta tentando di convincere l’amico banchiere Vincenzo De Bustis – condannato a 6 mesi in primo grado nel 2006 a Teramo per la truffa della Banca 121 – per comprare la Roma Calcio.

Intanto il Pd ha concesso l’iscrizione al partito a Tommaso Conte, medico napoletano residente a Stoccarda, condannato in primo e secondo grado in Germania per abusi sessuali su una giovane paziente, che poi s’è suicidata. Una cosina da niente, mica come gli ostacoli insormontabili che impediscono di dare la tessera a Beppe Grillo.

In perfetta coerenza, anche Walter Veltroni ha voluto sottolineare il grande impegno del partito per la legalità: riabilitando Bottino Craxi in un convegno organizzato dalla figlia d’arte, Stefania, che ne ha subito approfittato per insolentire Veltroni (così impara). Secondo Uòlter, Craxi fu “un grande innovatore” perchè “interpretò meglio di ogni altro uomo politico come la società italiana stava cambiando. La sua politica estera fu grande. Ci fu l’episodio di Sigonella, ma anche la scelta di tenere l’Italia nella sfera occidentale, senza intaccare l’autonomia e la dignità del Paese”. Invece Enrico Berlinguer fece “sforzi insufficienti al processo di innovazione che bisognava mettere in campo”. Ad applaudire Veltroni c’era fra gli altri l’ex ministro della Malasanità Francesco de Lorenzo, ovviamente pregiudicato.

Ora, è  singolare che Uòlter preferisca Craxi a Berlinguer, visto che il primo distrusse il Partito socialista (il più antico partito italiano, a cent’anni dalla nascita), mentre se il secondo è ancora in piedi, pur ridotto ai minimi termini e col nome cambiato, lo si deve a Berlinguer e non certo ai suoi indegni successori. Ed è altrettanto singolare che non abbia trovato il tempo di ricordare, così, en passant, che Berlinguer morì durante un comizio davanti a migliaia di militanti, mentre Craxi morì in Tunisia, latitante, con due mandati di cattura pendenti sul capo e due condanne definitive a 10 anni complessivi per corruzione e finanziamento illecito, più varie provvisorie. Insomma, che Berlinguer non rubava, mentre Craxi sì.

Ma, anche a volersi limitare alla figura politica di Craxi, la lettura veltroniana fa acqua da tutte le parti. “Grande innovatore”? Sotto il governo Craxi (1983-‘87) il debito pubblico balzò da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire e il rapporto debito-pil dal 70 al 92 per cento. L’industria di Stato delle Partecipazioni Statali seguitò a succhiare ettolitri di denaro pubblico, accumulando passivi da migliaia di miliardi. Anche perché Craxi bloccò la privatizzazione della Sme avviata dal presidente dell’Iri Romano Prodi, difendendo a spada tratta i “panettoni di Stato”. E impedì poi a Prodi di cedere l’Alfa Romeo alla Ford (che l’avrebbe pagata), regalandola alla Fiat. Nel 1978, durante il sequestro Moro, Craxi caldeggiò – fortunatamente invano – la trattativa tra lo Stato e le Brigate rosse, mentre Berlinguer giustamente si guidò il fronte della fermezza.

“La sua politica estera fu grande”? Nel 1985 Craxi sottrasse al blitz americano di Sigonella i terroristi palestinesi che avevano appena sequestrato la nave Achille Lauro e assassinato un ebreo paralitico, Leon Klinghoffer, gettandone il cadavere in mare; si impegnò a farli processare in Italia; poi fece caricare il loro capo Abu Abbas su un aereo dei servizi e lo lasciò fuggire prima nella Jugoslavia del maresciallo Tito e di lì in Irak, gradito omaggio a Saddam Hussein.

“La scelta di tenere l’Italia nella sfera occidentale, senza intaccare l’autonomia e la dignità del Paese”? Ancor più filoarabo e levantino dei democristiani, Craxi appoggiò acriticamente l’Olp, ancora ben lontana dalla svolta moderata, paragonando Arafat a Giuseppe Mazzini; spalleggiò e foraggiò il dittatore sanguinario somalo Siad Barre; e nel 1982, durante la crisi delle Falkland, si schierò addirittura con i generali argentini contro la Gran Bretagna appoggiata da tutto il resto dell’Occidente.

“Interpretò meglio di ogni altro uomo politico come la società italiana stava cambiando”? Craxi fu il primo a picconare la Costituzione in vista della “grande riforma” presidenzialista e ad attaccare la magistratura, proponendo di assoggettarla al governo. Prima con i decreti Berlusconi e poi con la legge Mammì consacrò il monopolio televisivo incostituzionale dell’amico Cavaliere, che fra l’altro pagava bene, cash. Insofferente al dissenso interno, insultò Norberto Bobbio (“ha perso il senno”) ed espulse dal Psi galantuomini come Bassanini, Codignola, Enriquez Agnoletti, Leon e Veltri, per circondarsi di faccendieri come Larini, Troielli, Giallombardo, Mach di Palmstein, Parretti, Fiorini, Chiesa e Cardella, e trafficare con Licio Gelli e Roberto Calvi, amorevolmente assistito dal suo consulente giuridico Renato Squillante. Oltre a decine di “nani e ballerine”, Craxi riuscì a candidare al Parlamento Gerry Scotti e Massimo Boldi, anticipando di vent’anni il velinismo berlusconiano. E’ questa l’innovazione che Veltroni attribuisce a Craxi, anziché a Berlinguer?

Nell’attesa di saperne di più, abbiamo finalmente capito in quale Africa voleva traslocare Uòlter qualche anno fa, prima di cambiare idea: ad Hammamet, in pellegrinaggio. 

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