“Questa cosa qui, da come l’ho vista fatta con un chilo di polvere nera, una cosa rozzissima, ma fatta con molto rispetto, quasi con affetto… è stata fatta soltanto verso il lato esterno. Secondo me, come un altro manderebbe una lettera o farebbe una telefonata, lui ha messo una bomba”.
Così Silvio Berlusconi commentava, sganasciandosi dalle risate al telefono con il compare Dell’Utri, la bomba ritrovata di fronte ad uno dei suoi uffici, attribuendola in un primo momento a Vittorio Mangano, suo fattore mafioso. E invece a distanza di 23 anni, a ritrovare una bomba di simile fattura è stato uno che con la mafia non c’ha mai avuto niente a che fare, niente collusioni, niente versamenti, al contrario di Mediaset; uno che non conta un cazzo insomma.
Pino Masciari i mafiosi li ha fatti arrestare, a decine. Interi clan, come quello ‘ndranghetista degli Arena. Li ha fatti indagare, processare e condannare; proprio come Berlusconi verrebbe da dire. E li ha fatti incazzare come delle iene. Illuso dallo Stato che lo trasforma in testimone di giustizia, utilizzato al 20% del suo potenziale per evitare che mirasse in alto, gettato come un limone spremuto a metà quando i processi andavano verso la conclusione: la storia di Masciari ormai è nota a tutti, e questo in parte gli ha salvato la vita.
Da pochi mesi Pino, stanco del trattamento-zerbino ricevuto dalla Commissione Centrale e dal sottosegretario Mantovano, lo stesso che ha sputtanato sui giornali dettagli riservati per far credere che l’unico interesse dell’imprenditore calabrese fosse estorcere più soldi possibili allo stato, ha deciso di firmare ed uscire dal programma dei testimoni di giustizia, prendendosi molti meno soldi di quelli che gli spettavano e andando allo sbaraglio, senza una e una sola certezza per il futuro. In teoria doveva rimanergli una tutela, ma tutt’oggi è salterina: arriva in ritardo, a volte non arriva, a volte se ne va d’improvviso; come quella del premier, verrebbe da dire, perennemente a rischio suicidio.
Lunedì 20 luglio, mentre Masciari era a marciare con Salvatore Borsellino verso il Palazzo di Giustizia per ricordare Paolo, muniti di agende rosse, una telefonata lo avverte che un ordigno di medio potenziale è stato piazzato sul davanzale della sede dell´ex impresa di costruzioni di famiglia, a Serra San Bruno, negli Emirati Calabri. Gli artificieri, dopo averla disinnescata, hanno trovato la miccia bruciata a metà: per un inconveniente non ha raggiunto la carica. Avrebbe fatto un gran botto ma pochi danni, vista la blindatura dell’ufficio: in Calabria chi non paga il pizzo deve vivere nei bunker, non lo sapevate?
Anche se Masciari non si sbilancia, pare ormai certo il messaggio: “Sappiamo che hai firmato, che hai chiuso con lo Stato, e ora possiamo tornare a farti male, tanto se ti ammazziamo nessun collega statale va nei casini”. Ciò che è inquietante è l’incredibile tempismo di questo ordigno. Di solito, quando un ente, una commissione parlamentare o un sottosegretario ti dice: “Non sei più in pericolo”, e poi ti piazzano una bomba, l’audace veggente dovrebbe quanto meno dimettersi, chiedere scusa e chiedere di triplicare le misure di protezione per il testimone di giustizia nel mirino, prima di tornare a casa e dedicarsi al pascolo dei greggi. In Uzbekistan forse. Qui no. Anzi, io credo in fondo che Masciari se la sia messa da sola la bomba, copiando Falcone che per diventare famoso rischiò di far saltare mezza spiaggia all’Addaura. Non trova Mantovano? Secondo me è tutto finto. Io direi di aspettare che lo uccidano. Se lo faranno ci saremo sbagliati, pazienza, avremo guadagnato qualcosa in scommesse.
Certo, è singolare stare a vedere come un testimone di giustizia si avvicini galoppando verso la propria fine. Capisco che siamo in Italia e i reality valgono più della ricerca contro il cancro, ma così è davvero scontato! Intanto Pino Masciari è stato nominato, è in nomination. Il prossimo passo è l’eliminazione. Il pubblico da casa può televotare chiamando il Ministero dell’Interno e urlare alla cornetta di mandare qualcuno a proteggere Masciari. Il Grande Fratello sei tu.