Gabriella Lanzara è una sociologa di lunga esperienza ed è consulente del ministero di Giustizia. E’ la coordinatrice di ‘Nisida Futuro Ragazzi’, progetto nato nel 1995 da un’intesa tra il Comune di Napoli e il Ministero di Giustizia, che in circa quindici anni ha salvato dalla strada e dalle lusinghe della camorra circa quattrocento minori a rischio, avviandoli alle professioni di cuoco, scenotecnico, esperto di ceramiche, fotografo, guida naturalistica.
Ma la dottoressa Lanzara non si dà pace perché, a dispetto della valenza sociale del progetto e degli ottimi risultati raggiunti, a settembre i corsi ricominceranno con poche certezze e molta precarietà. “E’ dal 2007 – rivela – che il Comune di Napoli non eroga i finanziamenti”. Il capitolo è prosciugato. Sulla carta delle delibere comunali ci sarebbero circa 147mila euro. Stanziati in parte dalla Regione in virtù di un’apposita legge, ma fermi e non materialmente accreditati.
Ebbene sì. Nella Campania famosa per aver disperso milioni in consulenze di dubbia utilità, per aver impiegato in passato più di un milione di 250mila euro nei corsi per ammaestrare veline, e dove si buttano 40mila euro per rifare il guardaroba degli chauffeur delle auto blu della giunta Bassolino con vestiti dai panni così scadenti che gli autisti si rifiutano di indossarli, non si riescono a raggranellare quei 147mila euro che la Lanzara stima appena “sufficienti per dare al progetto un minimo di tranquillità e di respiro”.
Intanto, da quasi tre anni gli insegnanti dei corsi di ‘Nisida Futuro Ragazzi’ non percepiscono un euro e vanno avanti per puro spirito di volontariato. Sono finite anche le risorse extra raccolte grazie a uno spettacolo di beneficenza di Luca De Filippo, figlio ed erede degli insegnamenti del grande Eduardo De Filippo anche in questo slancio di generosità.
Eduardo, infatti, si era battuto come un leone per dare una speranza ai giovani napoletani emarginati, e da senatore a vita fu promotore delle iniziative grazie alle quali nacque il Dipartimento della Giustizia Minorile. Eduardo voleva bene ai ragazzi di Nisida, l’isolotto di Napoli dove ha sede l’istituto penitenziario minorile, e fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1984, ha predicato la realizzazione di ‘villaggi dei ragazzi’ come luoghi di bottega dove imparare un mestiere col quale vivere onestamente. Il suo appello venne raccolto nel 1987, con una legge regionale che istituì a Napoli e Benevento la realizzazione di due villaggi. Ci volle qualche altro anno per finanziare la legge e dare finalmente attuazione al progetto che, pur fisicamente allocato in laboratori di Nisida vicini al carcere, è estraneo alla gestione del penitenziario.
‘Nisida Futuro Ragazzi’ almeno all’inizio pareva viaggiare col vento in poppa. Protocolli roboanti, tagli di nastri, visite di presidenti della Repubblica, sorrisi e bei discorsi da dispensare a fotografi, telecamere e giornalisti. Nello stile dei primi anni di Bassolino sindaco di Napoli e del bassolinismo dilagante, dove ogni evento veniva ripreso, amplificato, ingigantito. Peraltro, la soddisfazione sbandierata era legittima. I fondi, infatti, c’erano, e con essi i risultati e un premio come uno dei migliori 100 progetti della pubblica amministrazione. Ottenuto impiegando poco più di 500 milioni delle vecchie lire nel 1993, e altri 150 mila euro strappati nei primi anni 2000. Senza nuotare nell’oro, con molta parsimonia e grazie anche all’aiuto di aziende private, associazioni professionali e di categoria, che hanno offerto le loro docenze a tariffe ultra scontate e hanno finanziato borse lavoro per i ragazzi più meritevoli, ‘Nisida Futuro Ragazzi’ è arrivato a organizzare cinque corsi professionali. Corsi che a pieno regime impegnano annualmente 45 giovani, dai 16 ai 21 anni. Giovani e giovanissimi segnalati dai servizi sociali o provenienti dalla cosiddetta ‘area penale’: detenuti di Nisida, ragazzi messi in prova, agli arresti domiciliari, affidati alle comunità. Ma la maggioranza dei corsisti sono ragazzi che non hanno commesso reati. “Il nostro – spiega la dottoressa Lanzara – è stato il primo progetto in Italia che si è mosso sul terreno della prevenzione e del recupero.
La nostra esperienza è stata poi ripresa anche in altre realtà del resto del Paese. Grazie ai nostri corsi, i ragazzi vengono assunti con contratti a tempo indeterminato. E diversi di loro tornano qui per fare gli insegnanti. E’ la soddisfazione più grande”. Ma ora il piatto piange. E il progetto potrebbe presto sbaraccare, con grande gioia della camorra che avrà qualche ragazzo in più da poter reclutare.