Il giallo dell’estate è anche un po’ rosa. Rosa come la Raitre di Paolo Ruffini e il Tg3 di Antonio Di Bella di cui si dovrebbero rinnovare i vertici, ma ancora restano tra color che son sospesi. il Pdl insinua che le nomine stanno slittando perché ancora non c’è un vero padrone nell’azionista di maggioranza di Raitre, che è il Pd; e dunque bisognerà aspettare l’esito del congresso in cui si eleggerà il nuovo segretario dei Democratici. Il Pd, a sua volta, insinua che lo stallo è opera di Berlusconi, che con un colpo di mano starebbe cercando di favorire l’arrivo di qualcuno disposto mettere la mordacchia alle più prestigiose (e per lui fastidiose) trasmissioni della Rete.
Tesi, quest’ultima, che appare piuttosto stiracchiata; vuoi perché Berlusconi ha uno stile diverso (le cose è abituato a prendersele e basta); vuoi perché la tesi secondo cui il Pd che non sceglie i suoi uomini per colpa di Berlusconi assomiglia parecchio alla tesi secondo cui Berlusconi va a cena con Patrizia D’Addario per una macchinazione dei democratici.
Una cosa è certa; visto dall’umile prospettiva del telespettatore questo giallo dell’estate fa poca suspense ma molta tristezza; e non solo perché è l’ennesima immagine di come in viale Mazzini si lottizzi in modo sempre più selvaggio, senza nemmeno un minimo di decoro. Quel che fa specie è che sia in bilico la posizione in particolare di Ruffini, che nel corso di nove anni ha realizzato (insieme con LA7 e Sky Tg24) l’unica rete nazionale guardabile. Una volta si diceva; alla Rai ne prendono uno di destra, uno di sinistra e uno bravo; ma ormai quello bravo non lo vuole più nessuno, nemmeno nei periodi di emergenza (ammesso che in casa Pd esistano periodi senza emergenze).
Ma forse, sempre osservando dall’ultima fila, fa ancora più specie la differenza tra destra e sinistra. In Rai i Berluscones hanno occupato tutto l’occupabile e almeno apparentemente sembrano andare d’amore e d’accordo sulla ripartizione interna, forse pensano già ai prossimi ribaltoni e magari, a questo punto, fanno davvero un pensierino perfino su Raitre. Ai democratici sono rimaste due misere poltroncine, e su quelle trovano il modo di inscenare un imbarazzante tiro alla fune. Ma come fanno poi a stupirsi, se i sondaggi li danno in calo?
Nel controluce di questo giallo degno del tenente Sheridan, appare la deprimente differenza tra destra e sinistra nostrane; la destra, in Italia, semplicemente non esiste (se non come associazione a difesa dei propri interessi); il che ha anche i suoi vantaggi quando si tratta di spartirsi le poltrone, e di pensare al turnover. Basta che arrivi un escort – non necessariamente del proprio corpo – sufficientemente abile e tempista, e dal nulla ce lo ritroviamo ministro, capostruttura o editorialista. A sinistra, tutto il contrario. Nonostante assomigli sempre più a una riserva indiana, nel profondo è rimasta una chiesa, una famiglia, del tutto inaccessibile a chi non abbia non abbia provati legami di sangue (o al massimo, di salotto). Ed ecco così il giallo dell’estate che abbiamo sotto gli occhi: di qua filiere di poltrone e poltroncine già riempite, tutti già seduti e con la forchetta in mano; di qua due sedili ribaltabili e traballanti, attorno a cui continuano a far la spola cognati, nipoti e fratelli, e a volare i coltelli.