Meheret è una ragazza egiziana che vive e lavora a Verona. Meheret non sa che sta sulle scatole ad un sacco di gente, perché la sua faccia ha il colore del cioccolato al latte, anche se ormai il suo accento è comune a quelli che la odiano. E’ regolare, ha il permesso di soggiorno e lavora come segretaria in una grande realtà imprenditoriale veronese: lavora e produce, nonostante venga dalla terra dei faraoni. Deve rinnovarlo quel permesso, e quindi inizia daccapo tutta la trafila tra le Poste Italiane e la questura.

Meheret ogni mese, quando prende il suo stipendio, ne manda una parte in Egitto. La straniera, l’extracomunitaria, la diversa caffelatte mantiene se stessa e la sua famiglia, a soli vent’anni, come il 99 % degli italici, o no? Anche a settembre si reca in un money transfer, come Western Union o Money Gram, per fare il versamento verso l’Egitto. Presenta il passaporto ma le chiedono il permesso di soggiorno. Meheret manda soldi da anni, e nessuno glielo ha mai chiesto. «E’ una nuova legge» le dice l’addetta dell’agenzia. «Sono in fase di rinnovo, le posso dare la ricevuta delle poste che accerta l’iter avviato» risponde Meheret, sorpresa da questa novità. «No, non può, e se iniziamo la procedura la dovrò segnalare come sospetta clandestina».

Meheret non sa che in Italia sta sulle scatole ad un sacco di gente. Meheret non sa che il 7 settembre è entrata in vigore, assieme al pacchetto sicurezza e alle nuove disposizioni in materia di sicurezza pubblica pensate per quelli come lei, la legge n° 94 del 15 luglio, che all’articolo 1 comma 20 obbliga gli agenti in attività finanziaria, ossia proprio i money transfer, a segnalare alle autorità tutti gli extracomunitari che chiederanno di inviare o riceve denaro e saranno sprovvisti di permesso di soggiorno. La procedura però non fa alcuna differenza tra chi potrebbe essere realmente un clandestino e chi, invece, come Meheret, vive e lavora regolarmente a Verona e aspetta solo il rinnovo del permesso. Alla fine, pensa Meheret, saremo sempre tutti clandestini per qualcuno. Quando l’addetto al money transfer registra i dati del documento presentato da chi deve versare o ricevere denaro, lo step successivo lo obbliga a confermare se il cliente è munito o meno del permesso di soggiorno. Se la risposta è positiva, inserendo il numero del permesso la procedura va avanti senza intoppi; in caso contrario il terminale manda una segnalazione all’agenzia di riferimento che la gira in automatico alla questura di competenza, e Meheret diventerà oggetto di accertamenti da parte della polizia.

Lei, Meheret, che in italiano vuol dire Maria. Inoltre, come spiega benissimo la legge che Meheret non conosce, «gli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell’incasso e trasferimento di fondi, acquisiscono e conservano per dieci anni copia del titolo di soggiorno se il soggetto che ordina l’operazione è un cittadino extracomunitario». E nonostante le rassicurazioni sul fatto che «il documento è conservato con le modalità previste con decreto del Ministro dell’interno», la norma lascia perplessa Meheret, che dei suoi documenti ne fa uso geloso, che li protegge perché sono la sua identità, la prova che esiste; vorrebbe darli solo ai pubblici ufficiali e non ad un comune cittadino che può custodirli, si fa per dire, per un periodo così lungo. E se per caso la cassiera del money transfer volesse chiudere un occhio, dire a Meheret di andar via così non deve segnalarla, rischia conseguenze pesantissime: per gli agenti che omettano, entro 12 ore, l’apposita segnalazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del «sospetto», «il mancato rispetto di tale disposizione è sanzionato con la cancellazione dall’elenco degli agenti in attività finanziaria». Una procedura che sta già creando dei mostri: la sola Western Union in Italia è affidata a 5 grandi aziende che ogni giorno gestiscono quasi 100 mila trasferimenti di cui la maggior parte riguarda proprio extracomunitari.

Le questure ora dovranno far fronte all’ondata di segnalazioni indistinte e automatiche. Da lunedì sono pervenute infatti, presso la sola questura di Verona, circa 300 segnalazioni, che saranno girate all’ufficio immigrazione che le dovrà vagliare singolarmente, effettuare gli accertamenti e poi procedere qualora ci si trovi davanti ad un caso di clandestinità o cestinare tutto e buttare vie ore di lavoro se invece si tratta di un permesso in fase di rilascio o di rinnovo, come quello di Meheret. Meheret, alla fine, lunedì 7 i soldi non ha potuto spedirli. Meheret vuol dire Maria, ma in questa Italia sta sulle scatole ad un sacco di gente, a chi quel nome egiziano non sa nemmeno pronunciarlo, a chi sa solo dire, ruttando e del cul facendo trombetta, «padroni a casa nostra».

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