Siamo nella lista nera delle Nazioni Unite per come trattiamo i profughi che scappano in mare, sperando. Le parole di Navi Pillay, alto commissario Onu per i diritti umani, rispettano la forma che il ruolo impone, eppure trapela lo sdegno per il comportamento di un paese che fa parte del G8 e perseguita la disperazione dei migranti in fuga da fame e guerre “abbandonati e respinti senza verificare in modo adeguato se stanno sfuggendo a persecuzioni“.
Cinismo dei “respingimenti“ definizione ripescata che inorgoglisce le statistiche dei nostri governanti. Il ministro Maroni se ne vanta appena può. L’ Italia “li lascia affrontare stenti e pericoli, se non la morte, come se stessero affrontando barche cariche di rifiuti pericolosi“. E’ il discorso che pronuncerà oggi aprendo a Ginevra la dodicesima sessione del Consiglio dell’Onu. Navi Pillay viene dalla Nigeria. La disperazione di chi cerca un posto dove respirare senza paura accompagna la sua vita. “La pratica della detenzione degli irregolari, della loro criminalizzazione e dei maltrattamenti nel contesto dei controlli delle frontiere deve cessare“.
I documenti che sta per presentare danno forza all’accusa e accrescono il disagio di Roma. Storie dei deportati in Libia quando il pugno di ferro è cominciato, come promesso alle elezioni. 6 maggio 2009; naufraghi arrestati e rimandati dove si erano imbarcati attraversando deserti, sopportando la spogliazione delle polizie. Povere ragazze dietro i reticolati nelle mani di chi non deve rispondere niente a nessuno. Numeri senza nome. Non possono, come tutti, rassegnarsi al fallimento del ritorno a casa. Passi pietrificati perché Gheddafi non ha mai affrontato il problema dei clandestini sgusciati in Libia attraverso le frontiere dai paesi attorno, e la terra di nessuno dei fuggitivi diventa lo spazio di una sepoltura senza tempo nei lager africani. Fra i respinti dalle nostre polizie, 24 rifugiati eritrei e somali. Bisogna dire che c’è anche un’altra Italia: ong e cooperanti e avvocati come Antonio Giulio Lama. Ha denunciato il governo Berlusconi alla Corte Europea. Tante storie. Perché il Mediterraneo è diventato la tomba di tante cose: di chi non ce la fa, e di chi chiude le porte chiudendo gli occhi. Nel lessico degli italiani ordinati, “irregolare“ vuol dire “rifiuto“: lo scrive Navi Pillay.
Irregolare è la parola che riapre un passato che sembrava lontano: fermava i bambini ebrei davanti alla frontiera svizzera negli anni di Hitler. Madri e padri li spingevano sui treni che dall’Austria correvano verso Zurigo. La Svizzera faceva i conti, conti legittimi nei bilanci delle banche, inaccettabili quando chi bussa è inseguito dalla crudeltà delle dittature. Siamo isolati nel cuore d’ Europa, non c’è pane per tutti, sospiravano a Berna. E i bambini svanivano in chissà quale campo fino a quando la comunità ebraica americana finanzia la sopravvivenza. Finalmente le porte riaprono. Pagine dimenticate. Tornano, questa volta il cinismo parla italiano.
Storia di X, militare eritreo. Ha disertato per non obbedire agli orrori al dittatore Isayas Afework: l’avvocato Lana la raccoglie nelle sue carte per fa capire su quale filo chi scappa prova a camminare. Un anno fa un peschereccio lo salva mentre la barca è alla deriva. Lo riporta a Tripoli: otto mesi nel carcere delle violenze. Prigionieri non considerati come esseri umani. Torture, umiliazioni, giorni senza un piatto di qualcosa e senza acqua. Torna in libertà, ma quale libertà se non può rientrare in Eritrea perché disertore? Riprova il mare, l’Italia sembra lì. Va a sbattere contro le nuove leggi del paese che ha cambiato faccia. Il 5 maggio nuova deriva davanti a Lampedusa e gli italiani lo restituiscono a Gheddafi. Di nuovo in prigione.
Dietro la promesse di Maroni “respingeremo il 100 per cento dei clandestini“ accolte come oracoli della sua gente, si fa largo un sospetto diverso. Isayas, dittatore eritreo che ha fatto sparire nove ministri e ucciso la moglie di una generale appena rientrata dagli Stati Uniti; Isayas che ha espulso, Bandini, ambasciatore italiano troppo curioso sulla scomparsa del governo; Isayas che costretto i carabinieri, caschi blu di pace, a non mettere mai naso fuori dalle caserme tanto da costringerli a tornare in Italia; Isayas ha passato una vacanza a villa Certosa, due giorni di relax per parlare d’affari. L’affare del ricostruire villaggi vacanze a Massau: le belle case degli architetti della colonia italiana, case dichiarate patrimonio dell’umanità, sono state distrutte proprio da un’impresa italiana. E per la ricostruzione non ha voluto cambiare bandiera: Paolo Berlusconi era l’imprenditore perfetto. Insomma, qualche imbarazzo e qualche affare perduto se il povero profugo X, traditore e disertore, testimone imbarazzante, si sistema in Italia dopo che perfino il Sudan lo ha riconosciuto “ perseguitato politico“. Queste cose il commissario delle Nazioni Unite forse non le sa e se le sa e ne parla, non importa: pelle nera e la Lega la tiene in considerazione per quella che é.
Operazione Cultura
Respingimenti, le parole di Navi Pillay alto commissario ONU per i diritti umani
Siamo nella lista nera delle Nazioni Unite per come trattiamo i profughi che scappano in mare, sperando. Le parole di Navi Pillay, alto commissario Onu per i diritti umani, rispettano la forma che il ruolo impone, eppure trapela lo sdegno per il comportamento di un paese che fa parte del G8 e perseguita la disperazione dei migranti in fuga da fame e guerre “abbandonati e respinti senza verificare in modo adeguato se stanno sfuggendo a persecuzioni“.
Cinismo dei “respingimenti“ definizione ripescata che inorgoglisce le statistiche dei nostri governanti. Il ministro Maroni se ne vanta appena può. L’ Italia “li lascia affrontare stenti e pericoli, se non la morte, come se stessero affrontando barche cariche di rifiuti pericolosi“. E’ il discorso che pronuncerà oggi aprendo a Ginevra la dodicesima sessione del Consiglio dell’Onu. Navi Pillay viene dalla Nigeria. La disperazione di chi cerca un posto dove respirare senza paura accompagna la sua vita. “La pratica della detenzione degli irregolari, della loro criminalizzazione e dei maltrattamenti nel contesto dei controlli delle frontiere deve cessare“.
I documenti che sta per presentare danno forza all’accusa e accrescono il disagio di Roma. Storie dei deportati in Libia quando il pugno di ferro è cominciato, come promesso alle elezioni. 6 maggio 2009; naufraghi arrestati e rimandati dove si erano imbarcati attraversando deserti, sopportando la spogliazione delle polizie. Povere ragazze dietro i reticolati nelle mani di chi non deve rispondere niente a nessuno. Numeri senza nome. Non possono, come tutti, rassegnarsi al fallimento del ritorno a casa. Passi pietrificati perché Gheddafi non ha mai affrontato il problema dei clandestini sgusciati in Libia attraverso le frontiere dai paesi attorno, e la terra di nessuno dei fuggitivi diventa lo spazio di una sepoltura senza tempo nei lager africani. Fra i respinti dalle nostre polizie, 24 rifugiati eritrei e somali. Bisogna dire che c’è anche un’altra Italia: ong e cooperanti e avvocati come Antonio Giulio Lama. Ha denunciato il governo Berlusconi alla Corte Europea. Tante storie. Perché il Mediterraneo è diventato la tomba di tante cose: di chi non ce la fa, e di chi chiude le porte chiudendo gli occhi. Nel lessico degli italiani ordinati, “irregolare“ vuol dire “rifiuto“: lo scrive Navi Pillay.
Irregolare è la parola che riapre un passato che sembrava lontano: fermava i bambini ebrei davanti alla frontiera svizzera negli anni di Hitler. Madri e padri li spingevano sui treni che dall’Austria correvano verso Zurigo. La Svizzera faceva i conti, conti legittimi nei bilanci delle banche, inaccettabili quando chi bussa è inseguito dalla crudeltà delle dittature. Siamo isolati nel cuore d’ Europa, non c’è pane per tutti, sospiravano a Berna. E i bambini svanivano in chissà quale campo fino a quando la comunità ebraica americana finanzia la sopravvivenza. Finalmente le porte riaprono. Pagine dimenticate. Tornano, questa volta il cinismo parla italiano.
Storia di X, militare eritreo. Ha disertato per non obbedire agli orrori al dittatore Isayas Afework: l’avvocato Lana la raccoglie nelle sue carte per fa capire su quale filo chi scappa prova a camminare. Un anno fa un peschereccio lo salva mentre la barca è alla deriva. Lo riporta a Tripoli: otto mesi nel carcere delle violenze. Prigionieri non considerati come esseri umani. Torture, umiliazioni, giorni senza un piatto di qualcosa e senza acqua. Torna in libertà, ma quale libertà se non può rientrare in Eritrea perché disertore? Riprova il mare, l’Italia sembra lì. Va a sbattere contro le nuove leggi del paese che ha cambiato faccia. Il 5 maggio nuova deriva davanti a Lampedusa e gli italiani lo restituiscono a Gheddafi. Di nuovo in prigione.
Dietro la promesse di Maroni “respingeremo il 100 per cento dei clandestini“ accolte come oracoli della sua gente, si fa largo un sospetto diverso. Isayas, dittatore eritreo che ha fatto sparire nove ministri e ucciso la moglie di una generale appena rientrata dagli Stati Uniti; Isayas che ha espulso, Bandini, ambasciatore italiano troppo curioso sulla scomparsa del governo; Isayas che costretto i carabinieri, caschi blu di pace, a non mettere mai naso fuori dalle caserme tanto da costringerli a tornare in Italia; Isayas ha passato una vacanza a villa Certosa, due giorni di relax per parlare d’affari. L’affare del ricostruire villaggi vacanze a Massau: le belle case degli architetti della colonia italiana, case dichiarate patrimonio dell’umanità, sono state distrutte proprio da un’impresa italiana. E per la ricostruzione non ha voluto cambiare bandiera: Paolo Berlusconi era l’imprenditore perfetto. Insomma, qualche imbarazzo e qualche affare perduto se il povero profugo X, traditore e disertore, testimone imbarazzante, si sistema in Italia dopo che perfino il Sudan lo ha riconosciuto “ perseguitato politico“. Queste cose il commissario delle Nazioni Unite forse non le sa e se le sa e ne parla, non importa: pelle nera e la Lega la tiene in considerazione per quella che é.
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Roma, 13 gen. (Adnkronos) - “Abbiamo un primo periodo che abbiamo chiamato fase A, che è quella di monitoraggio, assessment di tutti gli scarti prodotti nei vari siti e cantieri del gruppo Fincantieri. Ci servirà per capire quali sono le tipologie di scarti che possono andare a recupero di materia e quelli che possono andare a recupero di energia”. Sono le parole di Andrea Ramonda, amministratore delegato Herambiente dopo la firma che oggi ha sancito la nascita della Newco 'CircularYard' tra Gruppo Hera e Fincantieri.
“L'obiettivo è quello di non portare più rifiuti a smaltimento e prima ancora provare a ridurre i rifiuti che produce l'azienda andando dentro i processi produttivi di Fincantieri - spiega - Questo si fa anche con una buona dose di investimenti; partiremo da Monfalcone andando poi a lavorare anche sugli altri cantieri, in particolare dove siamo leader in Italia nel trattamento delle acque, delle cosiddette acque di sentina. Le acque di sentina sono le acque da depurare che vengono generate nella lavorazione dei cantieri navali e che oggi vengono trasportate all'esterno. Con il nostro progetto in collaborazione con i futuri colleghi di Fincantieri, andremo a progettare degli impianti in situ che quindi risparmieranno anche trasporti, CO2 e consentiranno di rigenerare le acque”.
Roma, 13 gen. (Adnkronos) - "Un'inchiesta rigorosa, di grande interesse pubblico che è stata seguita da punte di oltre 1,5 milioni di telespettatori basata su documenti e dichiarazioni vagliate dai magistrati". Così Sigfrido Ranucci all'Adnkronos replicando alle polemiche seguite alla puntata della trasmissione 'Report' andata in onda ieri sera su Rai3. "Si è dato conto -spiega il conduttore- delle novità emerse dalle perizie finanziarie economiche dalla Procura di Firenze dove Silvio Berlusconi era indagato e dove oggi è ancora indagato Marcello Dell'Utri. Si è data possibilità alla famiglia e a Dell'utri di intervenire, in alternativa si è dato ampio spazio alle risposte dei legali nel corso dell'inchiesta e degli studi".
Roma, 13 gen. (Adnkronos) - “Abbiamo un primo periodo che abbiamo chiamato fase A, che è quella di monitoraggio, assessment di tutti gli scarti prodotti nei vari siti e cantieri del gruppo Fincantieri. Ci servirà per capire quali sono le tipologie di scarti che possono andare a recupero di materia e quelli che possono andare a recupero di energia”. Sono le parole di Andrea Ramonda, amministratore delegato Herambiente dopo la firma che oggi ha sancito la nascita della Newco 'CircularYard' tra Gruppo Hera e Fincantieri.
“L'obiettivo è quello di non portare più rifiuti a smaltimento e prima ancora provare a ridurre i rifiuti che produce l'azienda andando dentro i processi produttivi di Fincantieri - spiega - Questo si fa anche con una buona dose di investimenti; partiremo da Monfalcone andando poi a lavorare anche sugli altri cantieri, in particolare dove siamo leader in Italia nel trattamento delle acque, delle cosiddette acque di sentina. Le acque di sentina sono le acque da depurare che vengono generate nella lavorazione dei cantieri navali e che oggi vengono trasportate all'esterno. Con il nostro progetto in collaborazione con i futuri colleghi di Fincantieri, andremo a progettare degli impianti in situ che quindi risparmieranno anche trasporti, CO2 e consentiranno di rigenerare le acque”.
Palermo, 13 gen. (Adnkronos) - La minuscola frazione di Ginostra, alle spalle di Stromboli, a seguito delle piogge della notte scorsa è nuovamente senza energia elettrica. A denunciarlo è il Comitato per Ginostra. "Il guasto sembrerebbe essere sempre nel medesimo punto, quello segnalato dopo l’alluvione dello scorso ottobre e nel quale si è sempre intervenuti tamponando con il risultato che ad ogni pioggia l’intera borgata resta al buio. Inoltre, da qualche giorno, le condizioni del mare proibitive non consentono ai mezzi di linea di accostarsi al molo di Ginostra, isolandola di fatto dal resto del mondo", spiega il Coordinatore, Gianluca Giuffrè. "Gli isolani chiedono alle autorità, Sindaco e Prefetto, di intervenire celermente presso l’Enel per l’invio in loco, tramite elicottero, di tecnici e operai per il ripristino dell’energia elettrica e al contempo chiedono che si proceda a riparare in maniera definitiva il guasto", dice. Intanto anche la guardia medica della frazione è al buio "con il concreto rischio del deperimento di farmaci importanti che necessitano di refrigerazione e con tutte le difficoltà che ciò crea per il medico di turno nel caso si dovesse intervenire per salvare vite umane". "La cabina Enel danneggiata ad Ottobre con riparazioni tampone e fili lungo i torrenti che sono pericolosi per l'incolumità della gente oltre che provocare continui distacchi di energia elettrica", dice Giuffrè.
A causa del maltempi si sono registrati danni anche sulle isole di Lipari, dove c'è stata una mareggiata, e a Filicudi.
Palermo, 13 gen.(Adnkronos) - Prenderà il via domani davanti al Tribunale di Caltanissetta il processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia come Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio. Per l'accusa, rappresentata dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l'accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 63 anni, difeso dall’avvocato Basilio Milio, e l’82enne Pellegrini hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone.
Al centro della vicenda ci sono le dichiarazioni di Riggio, ex agente della Polizia penitenziaria, poi arrestato con l’accusa di essere legato ai clan mafiosi. Secondo i pm i due ex investigatori, che respingono le accuse, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio, all’epoca loro confidente, rivelazioni che, sempre a dire degli inquirenti, avrebbero potuto portare alla cattura del latitante Bernardo Provenzano e a scoprire un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Peluso, invece, avrebbe agevolato Cosa nostra, tra l’altro favorendo la latitanza del boss corleonese.
Pellegrini, ex comandante della sezione Anticrimine, fu anche l’autore del rapporto che nel 1981 svelava gli affari del boss Bernardo Provenzano nella sanità siciliana, attraverso le forniture ad Usl ed ospedali. Il 30 novembre 2019 Riggio fu sentito, per la prima volta in un processo, nel dibattimento Capaci bis. In quella occasione parlò anche del coinvolgimento di una "donna, sui 35-40 anni, appartenente ai servizi segreti libici”. "Mi ricordo che Peluso si accompagnava con una donna - aveva aggiunto - mi disse che era una persona vicina ai servizi segreti libici" e ha ricordato di avere saputo che la compagna di Peluso "apparteneva ai servizi libici" così come “la suocera che svolgeva servizio all'ambasciata libica". "C'era un collegamento di veridicità in quello che mi diceva”, aveva sostenuto in aula il pentito.
In aula il collaboratore di giustizia Riggio aveva riferito anche quanto apprese da Peluso nel 2000 sulla "volontà di Cosa nostra di eliminare il giudice Leonardo Guarnotta", ex membro del pool antimafia di Antonino Caponnetto e all’epoca presidente della corte che stava giudicando il fondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri per concorso esterno a Cosa nostra. "Peluso - aveva detto Riggio in aula rispondendo alle domande dell'avvocato Salvatore Petronio - voleva essere coadiuvato in un attentato nei confronti di un giudice palermitano, il dottore Guarnotta. Le ragioni non me le disse, se non l'esigenza di rifugiarsi dopo l'attentato. Aveva anche fatto uno schizzo sull'abitazione del giudice. Io quel giorno stesso riferii dell'attentato al colonnello della Dia". Sul punto però rispetto al verbale reso ai pubblici ministeri, Riggio aveva cambiato un po' le sue dichiarazioni. Ai magistrati aveva detto: "Peluso mi disse che la 'nostra organizzazione' aveva bisogno di fare favori alla politica quando ve ne era la necessità. Segnatamente mi disse che era stato incarico a uccidere il giudice Guarnotta e che a tal fine aveva già eseguito un sopralluogo nei pressi di un 'palazzo', ritengo fosse quello dove abitava il magistrato".
Alla domanda de perché fino a quel momento non avesse mai parlato della strage di Capaci, Riggio replicò, collegato in videoconferenza: "Non ho parlato prima della strage di Capaci perché, purtroppo, ho avuto modo di conoscere il sistema dall'interno e se io ne avessi parlato prima oggi sarei un uomo morto...".
Sono complessivamente sette gli uomini in divisa accusati di depistaggio in tre diversi filoni di indagine: quattro sono i poliziotti del caso via D'Amelio, il cui processo inizierà il prossimo 21 gennaio. Un altro poliziotto è chiamato in causa per l'inchiesta sulla misteriosa donna delle stragi. E da domani alla sbarre i due ex investigatori antimafia Tersigni e Pellegrini.
Roma, 13 gen. (Adnkronos) - "Se sei in uno sprint e il compagno che tira la volata vede che il velocista sta vincendo e alza le mani per la vittoria mentre ci sono gli altri dietro ancora in volata è giusto avere rispetto per coloro che stanno ancora sprintando". Vincenzo Nibali, conversando con l'Adnkronos, spiega così la nuova regola Uci che sarà in vigore dall'inizio della stagione: tenere le mani sul manubrio anche in caso di vittoria del compagno di squadra, e non rallentare durante uno sprint. E' possibile che questa regola, che annulla una liturgia ciclistica che va avanti dagli albori delle gare in bici, coinvolga anche il vincitore della volata se all'arrivo si è in gruppo, e le sanzioni sono anche pesanti, con retrocessione all'ultimo posto, cartellino giallo e il 25% di penalizzazione nel ranking Uci.
Secondo Nibali la nuova norma "non riguarda la sicurezza, perché di cadute dovute a questo non ne sono mai successe, ma non intralciare la volata degli altri. Non c'è niente di scandaloso nella nuova regola: se chi sta tirando con successo la volata si sposta, si alza con il busto, gesticola, quelli dietro devono fare uno scarto per poter passare. Questo è scorretto, e il senso del regolamento è evitarlo, si tratta di rispetto per gli altri. Poi ovviamente una volta che hai tagliato il traguardo puoi esultare come vuoi".
Roma, 13 gen. (Adnkronos) - Fincantieri, uno dei principali gruppi al mondo nella cantieristica ad alta complessità, e il Gruppo Hera, tra le maggiori multiutility italiane operanti nei settori ambiente, energia e idrico, annunciano la costituzione di CircularYard S.r.l, la newco volta a realizzare, negli otto cantieri italiani di Fincantieri, un innovativo sistema integrato di gestione rifiuti, finalizzato anche alla loro valorizzazione in ottica di economia circolare. In futuro si prevede di allargare l’operatività della newco anche ad altri siti di Fincantieri localizzati all’estero.
CircularYard, la nuova joint venture nata in seguito al Memorandum d’Intesa firmato a luglio 2024 - si legge in una nota congiunta - consolida ulteriormente l’impegno di Fincantieri verso pratiche industriali sempre più responsabili, contribuendo in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, riducendo del 15% i rifiuti indifferenziati destinati allo smaltimento e promuovendo un’economia circolare negli stabilimenti produttivi. Grazie alla messa a disposizione di know-how e competenze specifiche da parte delle società del Gruppo Hera, CircularYard introdurrà soluzioni innovative e sostenibili, al fine di garantire maggiore controllo sui fornitori e promuovendo trasparenza, sicurezza e qualità lungo tutta la filiera.
La compagine societaria di CircularYard è formata al 60% dal Gruppo Hera e al 40% da Fincantieri. Il Gruppo Hera sarà presente con Herambiente Servizi Industriali (Hasi) al 55% e Acr di Reggiani Albertino Spa (Acr) con il restante 5%, entrambe società controllate da Herambiente, tra i principali operatori nazionali nel settore ambiente e tra i primi sette in Europa.
Il progetto avrà due fasi di sviluppo, con il fine ultimo di gestire quasi 100mila tonnellate l’anno di scarti industriali prodotte nei cantieri navali di Fincantieri e di incrementare del 15% le frazioni valorizzabili, in particolare ferro, legno, plastica e carta, già dal primo anno. In parallelo saranno studiati specifici interventi che permetteranno al modello di andare a regime grazie alla realizzazione di impianti avanzati, come, ad esempio, quelli per il trattamento e riuso delle acque o per il recupero del rame, e alla gestione ottimizzata dei rifiuti.
“L’avvio della joint venture con un partner di assoluto valore come il Gruppo Hera - dice Pierroberto Folgiero, amministratore delegato e direttore generale di Fincantieri - aggiunge un tassello nel nostro ulteriore impegno per l’adozione di pratiche virtuose di economia circolare all’interno dei nostri cantieri. In linea con il nostro piano industriale sull’eccellenza operativa, CircularYard rappresenta un progetto che unisce know-how complementari e ci consente di applicare le migliori pratiche e l’innovazione tecnologica nella gestione e nella valorizzazione dei rifiuti e degli scarti di produzione. L’obiettivo ultimo è di perseguire nello stesso tempo i nostri target sulla sostenibilità ambientale e sull’efficienza dei processi nel segno di una crescita responsabile sia dal punto di vista della sostenibilità che della economicità confermando il ruolo di Fincantieri come azienda leader mondiale anche nell’adozione di nuovi modelli operativi nella cantieristica”.
“Siamo orgogliosi di mettere al servizio del primo shipbuilder occidentale le nostre elevate competenze, l’eccellenza impiantistica e la pluriennale professionalità nel processo di gestione circolare dei rifiuti, per promuovere la rigenerazione delle aree urbane e industriali - afferma Orazio Iacono, amministratore delegato del Gruppo Hera - Acceleriamo il nostro percorso che porterà il Gruppo Hera a diventare il motore dell’economia circolare del tessuto industriale italiano, accompagnando le grandi aziende nel loro percorso di transizione ambientale con la riduzione degli scarti di produzione e la massima valorizzazione nel loro recupero”.