Ricatti. Estorsioni. Pulizia etnica in Rai. Guerra per bande. Qualcuno si chiede se mai la politica italiana aveva raggunto simii abissi con direttori di giornali che sventolano dossier infamanti sotto il naso di un presidente della Camera. Forse solo ai tempi del caso Montesi lo scontro per il potere produsse la stessa quantità di veleni e pugnali. Ma allora, nell’Italia degli anni 50, ci fu il morto: una giovane donna ( ma non si chiamavano escort) il cui corpo rivenuto sulla spiagga di Ostia fu scagliato dalla Dc di Fanfani contro quella di Picccioni. Oggi fortunatamente il morto non c’è (ancora) ma i miasmi che si levano dal pozzo berlusconiano ricordano i dossier di Pecorelli, finito male per non essersi trovato il padrone giusto. Ma poiché, come si sa, quando la tragedia si ripete diventa farsa oggi al posto del Sifar o della P2 o della banda della Magliana c’è un bel pacchettto di informative anonime pronte ad ‘attenzionare’ mescolando i si dice alle calunnie chiunque provi a disturbare Papi il manovratore. La cancellazione di quel po’ di informazione libera sopravvissuta in Rai è funzionale al disegno. Nessuno deve sapere che cosa si muove dentro il palazzo del malaffare. L’ordine che il direttore generale Masi sta attuando con geometrica obbedienza consiste nel mettere Santoro e la Gabanelli in condizioni di non più nuocere al premier padrone. Fuori Travaglio e tutto il potere a Vespa e a Minzolini. Questa è la gabbia in cui vogliono mettere la libera informazione. Questa è la guerra di liberazione a cui siamo chiamati.
Politica
Peggio del caso Montesi
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