IL RACCONTO
di Giuseppe Giulietti (portavoce di Articolo21)
Primo sms. “Si avverte che le votazioni avranno luogo lunedì pomeriggio ore 16”. Accidenti devo disdire l’incontro con i ragazzi di Libera che hanno promosso un incontro su mafia e informazione. Secondo sms: “Si avverte che le votazioni avranno luogo martedì alle ore 11”. Convocare o no la riunione? Disdire subito gli appuntamenti di martedì compreso l’incontro con il sindacato europeo dei giornalisti, ma sarà bene non correre rischi, ci manca solo che si ripeta la vicenda dello scudo fiscale. Sms tre: “Votazioni spostate al pomeriggio, il governo sta valutando di mettere la fiducia”. A questo punto rinuncio a organizzare alcunché, perché, a differenza di Berlusconi, non penso di essere il miglior parlamentare degli ultimi due secoli e non sono ancora riuscito a regalarmi il dono dell’ubiquità che mi consentirebbe di essere in aula, in commissione, ovunque, a prescindere dallo spazio e dal tempo.
Al di là dell’ironia questa modalità di organizzazione dei lavori, incide sulla qualità dei lavori, rende impossibile la continuità, vanifica persino quel poco di creatività e di impegno civico che comunque ancora resiste e che anima non pochi parlamentari, e non solo nelle fila dell’opposizione. Sarebbe tuttavia un grave errore limitarsi ad una superficiale descrizione di quanto sta accadendo e non cogliere che si tratta di una vera e propria questione democratica. Sono rimasto imbarazzato quando il direttore Padellaro mi ha gentilmente chiesto di descrivere una giornata tipo del Parlamento. La tentazione sarebbe stata quella di mandare un foglio bianco, allegando gli ultimi ordini del giorno e i calendari di lavoro. Dall’inizio di settembre l’aula funziona a mezzo servizio, di regola le sedute si limitano al martedì pomeriggio e al mercoledì. Volete un esempio? Questa settimana le votazioni si sono svolte dalle 16 alle 19 e stamane (ieri per chi legge) dalle 11 alle 13. Il lavoro nelle commissioni ha seguito lo stesso andamento. Cattiveria del presidente Fini? Scarsa volontà dei singoli parlamentari? Furbizia della casta per intascare la diaria e andare a casa?
Magari le cose stessero così, sarebbe una schifezza, ma sarebbe persino più rassicurante, il male sarebbe stato individuato con certezza. Purtroppo sta accadendo qualcosa di più grave e cioé un lento svuotamento della Costituzione. L’attività legislativa si sta trasferendo altrove, potere esecutivo e potere legislativo si stanno sovrapponendo. Il governo procede per decreti, quando ha paura delle sue divisioni interne mette il voto di fiducia. Questo lento processo di svuotamento del Parlamento si accompagna alla preannunciata offensiva contro l’autonomia del potere giudiziario e contro quel poco che resta dell’autonomia dell’informazione. Chiunque non sia in malafede o non sia un complice non può non vedere che Berlusconi e i suoi hanno in mente di realizzare una Repubblica presidenziale a reti unificate, fondata sul rapporto diretto tra il capo e la sua folla di spettatori. Ieri mattina, Il Fatto Quotidiano ha denunciato lo svuotamento progressivo del Parlamento. E per fortuna, le opposizioni, tutte insieme, hanno sollevato con energia il tema: lo fatto il gruppo dell’Idv manifestando davanti alla Camera, lo ha fatto il presidente Casini, lo ha fatto il Pd con l’onorevole Bressa che ha ricordato come l’aula è diventata” quasi muta”. Forse bisognerà andare oltre, bisognerà restare in aula anche quando vorranno limitarne i lavori, forse bisognerà ricorrere a forme di protesta più clamorose, forse le opposizioni unite potrebbero riunirsi in cento piazze italiane e raccontare ai cittadini quanto rischia di accadere.
Nei giorni scorsi il direttore della rivista Confronti, storico giornale del dialogo interreligioso, Gian Mario Giglio, in una lettera spedita all’associazione Articolo21, ci ha invitato tutti a difendere la Costituzione promuovendo la lettura del testo in tutte le città e in tutti i paesi, portando con sé una copia della carta e un’agenda rossa per ricordare il sacrificio del giudice Borsellino e i misteri che pesano su quella morte e sullo stessa democrazia. Ci sembra una bella idea, i parlamentari potrebbero e dovrebbero mettersi a disposizione, utilizzare il proprio tempo, dentro e fuori l’aula, per difendere quei principi e quei valori che Berlusconi vorrebbe annullare o stravolgere.
da Il Fatto Quotidiano n°20 del 15 ottobre 2009