Un impresario di pompe funebri e un banchiere raccontano come si nascondono i soldi oltre frontiera
di Gigi Furini
Milano: “Andavo in Svizzera un paio di volte al mese, il sabato sera, con mia moglie e mio figlio. Quasi sempre in macchina, qualche volta in treno. Avevo i soldi in contanti in tasca. Facevo il versamento alla cassa continua, andavo a mangiare la pizza. E poi, via, a casa”. É il racconto di un titolare di impresa di pompe funebri. Lo incontriamo in un bar di piazza Cordusio, a Milano, a due passi da Piazza Affari. Con lui c’è un funzionario della filiale italiana di una banca svizzera, che ha sede a cento metri dal bar. Lì si è rivolto per far rientrare i soldi. Vuole usare lo scudo fiscale: “Ma ho paura di essere beccato. Ho letto, e mi hanno detto, che se la Svizzera aderisce in pieno alle nuove norme contro i paradisi fiscali, la possibilità che scoprano i miei soldi è del 100 per cento. Mi beccano di sicuro. E poi, le dico la verità, in Svizzera ci sono commissioni bancarie altissime. Sanno che sono soldi in nero e un po’ ne approfittano”. Quanto ha in Svizzera? “Un milione di euro. Mi hanno detto che che se mi trovano i soldi sul conto, sono io a dover dimostrare che sono soldi regolari. Insomma, ho io l’onere della prova. Adesso se me li trovano me li sequestrano tutti”. Interviene il funzionario di banca: “Lei, invece li porta da noi. Paga il 5 per cento, cioé 50 mila euro e il resto glielo investiamo con un rendimento sicuro, il 4 per cento. In poco più di un anno recupera l’imposta pagata per lo scudo”. Continua il funzionario: “Dicono che nelle banche svizzere girano uomini della Guardia di Finanza in borghese. Pare facciano anche le foto. Avrebbero messo delle web cam sui balconi per riprendere l’ingresso delle banche”. Interviene il titolare delle pompe funebri: “Io ho deciso. Il mio milione lo porto qua”.
Poi spiega come l’ha accumulato oltre frontiera: “Ho un’impresa di pompe funebri a Milano. Facciamo, in media, quasi due funerali al giorno. Ognuno vale circa 1.000 euro di nero. Una parte va in Svizzera, un po’ serve qui, per pagare gli addetti, perchè non li ho tutti in regola, e per dare qualche mancia. Ho comprato un casa al mare e centomila li ho dati in nero”. I soldi attraversano il confine in contanti: “Me li mettevo addosso. Erano dieci, quindici mila euro per volta. Si partiva il sabato sera, io, mia moglie e mio figlio. Qualche volta in treno perchè magari c’era brutto tempo. Il treno parte da Porta Garibaldi alle 19,38 e arriva a Chiasso prima delle 20,30”. Perché sempre con la famiglia? “Davo meno nell’occhio. Per i doganieri potevamo essere la classica famigliola che va a cena in Svizzera. Qualche volta siamo andati anche sul lago Maggiore, a Locarno, ma è più scomodo perchè l’autostrada non arriva fino al confine. Una volta sono andato con il mio dentista. Ma mia moglie vuole sempre accompagnarmi. I bar della Svizzera, vicino al confine, sono pieni di quelle che adesso chiamano escort”. Interviene il funzionario di banca: “Se mi presenta il suo dentista, poi la tratto bene”. Risponde l’impresario di funerali: “Ma le posso presentare anche il macellaio, un imbianchino, un muratore. E dei professionisti che, si sa, potevano non fare fattura. O fare fatture più basse”. Anche loro, racconta, dopo i versamenti vanno a Chiasso o Locarno dopo i versamenti, ma a volte “vengono direttamente i funzionari di banca svizzeri a Milano, servizio a domicilio. Rilasciano una ricevuta su un normale foglio di carta, non certo sulla carta intestata della banca. E si portano i soldi al di là della frontiera. In cambio si prendono il 2 e mezzo, anche il 3 per cento di commissione. In tanti anni non è mai successo niente. Molti di quelli che conosco non portavano i contanti in Svizzera, ma si affidavano a questi funzionari. Che a loro volta, per abbassare il rischio, dividevano le somme fra più persone. Insomma, erano gli “spalloni”, che una volta portavano su e giù le sigarette. E negli ultimi anni portavano di là i soldi”. Un funzionario di una banca svizzera, però, non è tipo da passare il confine con 500 mila euro sotto il maglione: “É troppo rischioso. Di solito assoldano 10 spalloni, 50 mila euro a testa. Per questo, poi, ci sono da pagare commissioni tanto salate”.
Resta il dubbio: i bancari, girano per Milano a cercare macellai, dentisti, ingegneri, medici, pompe funebri e tutti i sospetti evasori? “Non sono l’unico – dice il nostro bancario – che viene a Milano con questo compito”. Il bancario racconta che tra i suoi clienti ci sono anche manager che hanno lavorato all’estero e si facevano pagare in Svizzera. Poi riportavano in Italia lo stretto necessario e lasciavano di là il grosso dei compensi. Poi ci sono alcuni italiani davvero ricchi che dagli anni Settanta hanno iniziato a mettere al sicuro capitali in Svizzera per timore di una presa del potere da parte dei comunisti.
E quelli – giura il bancario – non hanno intenzione di rimpatriare i soldi, nonostante le condizioni vantaggiose dello scudo fiscale (che consente di mettersi in regola pagando il 5 per cento della somma da riportare in Italia e garantisce anonimato e copertura da alcuni reati). Il perché lo spiega sempre il bancario: “Io li conosco, ho anche preso contatti con molti di loro. Ma non si fidano di questo momento politico. Sono preoccupati che le cose possano cambiare all’improvviso e che arrivi un nuovo governo”. Le domande che sollevano questi potenziali clienti, a cui le banche sono molto interessati perché assai redditizi, sono sempre le stesse: “E se c’è un altro ribaltone? Se entro un anno cambia tutto e noi abbiamo portato i soldi di qui? E che fine fanno i nostri soldi? E se il governo, per far fronte alla crescita del debito pubblico e al peggioramento del deficit introduce una tassa patrimoniale?”. Non è che hanno poca fiducia in Silvio Berlusconi e nel suo ministro del’Economia, Giulio Tremonti: “Dicono- spiega il bancario – che c’è troppa confusione, non si fidano di questo governo come non si fidavano della Dc quando voleva fare il compromesso storico”. Gli evasori non ne fanno una questione politica, ma di mero interesse personale: “Pensano solo ai loro affari e a come tutelare al meglio i loro patrimoni nascosti. No sono interessati alla politica in quanto tale, ma la seguono con grande attenzione per capire quali rischi ci sono per i loro denari. E in questo momento, il governo Berlusconi può anche presentarsi come un rischio, nonostante lo scudo fiscale”.
Al bar milanese i caffé li offre l’impresario di pompe funebri, che domani tornerà oltre confine a prendere un altro milione da rimpatriare. E ha tutta l’intenzione di continuare con uno schema che gli sta dando parecchie soddisfazioni, funerali in nero, soldi depositati all’estero, condoni periodici: “E perchè dovrei smettere?”
da Il Fatto Quotidiano n°33 del 30 ottobre 2009