Per Pollari vince il segreto di Stato. Funzionari Cia condannati: “Siamo stati traditi”.
di Gianni Barbacetto e Leo Sisti
Il crociato con la spada sguainata nel brutto affresco anni trenta di Pio Semeghini alle spalle del giudice ha assistito impassibile alla lettura della sentenza per il sequestro di Abu Omar. Condannati a cinque anni 21 agenti della Cia che hanno rapito l’imam il 17 febbraio 2003, a otto anni il terminale milanese dell’intelligence americana, Bob Lady, mentre tre funzionari Usa (Jeff Castelli, Ralph Russomando, Betnie Medero) sono stati salvati dall’immunità diplomatica, garantita dal loro ruolo presso l’ambasciata americana a Roma. Dichiarazione di non doversi procedere invece per gli uomini italiani del Sismi, il servizio segreto militare, “perché l’azione penale, per quanto legittimamente iniziata, non può essere proseguita per esistenza del segreto di Stato opposto dalla presidenza del Consiglio dei ministri e confermato con la decisione della Corte costituzionale”.
Così niente condanna per il direttore del Sismi Nicolò Pollari e i suoi uomini Marco Mancini, Giuseppe Ciorra, Raffaele Di Troia, Luciano Di Gregori. Tre anni invece per favoreggiamento ai funzionari Pio Pompa e Luciano Seno.
Ha vinto il segreto di Stato. Il rapimento è stato realizzato, i fatti sono accertati, ma gli imputati eccellenti non pagano. Il procuratore aggiunto Armando Spataro, che aveva chiesto il carcere per tutti gli agenti coinvolti, americani e italiani, ha incassato il verdetto del giudice monocratico Oscar Magi affermando di essere soddisfatto per essere riuscito almeno a portare a conclusione il processo, dopo un iter accidentato: con i silenzi di tre ministri della Giustizia, i conflitti d’attribuzione tra poteri dello Stato sollevati da due presidenti del Consiglio (Romano Prodi e Silvio Berlusconi), la sottrazione di prove per effetto della sentenza della Corte costituzionale che nel marzo 2008 ha dilatato l’area protetta dal segreto di Stato. “La verità dei fatti è accertata”, ha dichiarato a caldo Spataro. “Perché gli americani sono stati condannati. E perché il dispositivo letto dal giudice dice che anche per gli italiani l’azione penale è stata legittimamente promossa: se non è stato possibile arrivare a una condanna, è stato solo a causa del segreto di Stato opposto da due governi. Valuteremo le motivazioni della sentenza, quando le avremo, e decideremo se ricorrere in appello”.
Soddisfatti i difensori degli imputati italiani. Prima della sentenza, Spataro nella sua replica finale aveva affermato: “Per le difese, gli imputati hanno agito in stato di necessità: con argomentazioni così, non ci sarebbe stato un giudizio neppure a Norimberga. E questo mentre gli Stati Uniti di Barak Obama dicono basta alle cosiddette ‘extraordinary renditions’”.
Cinque anni anche al colonnello Joseph Romano, comandante della base aerea di Aviano dove Abu Omar è stato trasferito subito dopo il sequestro. Per i funzionari Cia Bob Lady e Sabrina De Sousa il giudice ha ritenuto insufficiente lo scudo assicurato dalla loro attività presso il consolato Usa a Milano. De Sousa aveva già promosso un’azione legale contro il Dipartimento americano di giustizia, per essere stata abbandonata e lasciata senza un difensore di fiducia in Italia (in seguito nominato). Ora, tramite il suo avvocato americano Mark Zaid, dichiara al Fatto Quotidiano: “Ribadisco la mia totale innocenza. Mi ritengo tradita dal governo che ho servito. Questa condanna è una parodia, anche perché non c’erano prove che mi collegassero al rapimento».
Chi gioisce dall’Egitto è Abu Omar: a lui e alla moglie è stato riconosciuto un risarcimento di 1 milione e mezzo di euro. Sarà difficile che gli americani tirino fuori un dollaro. Paradossalmente, i soldi potrebbero venire dalla vendita della villa in Piemonte di Bob Lady, ora pignorata.
da Il Fatto Quotidiano n°38 del 5 novembre 2009