La grande truffa ai danni dei cittadini è riassunta tutta in questa frase: “Non abbiamo intenzione di fare un processo in attesa che si prescriva. Non facciamo iniziative dilatorie e vorremmo che il processo si risolvesse nel merito”. A pronunciarla, il 13 marzo 2007 durante una pausa della prima udienza del dibattimento per fondi neri Mediaset, era stato l’avvocato Piero Longo, principe del foro padovano, gran maestro (di diritto) di Niccolò Ghedini e difensore di Silvio Berlusconi. Due anni e mezzo dopo Longo assiste ancora il Cavaliere, ma nel frattempo è stato nominato senatore. E forse per dimostrare che lui è davvero un uomo di parola, non tenta di rallentare il corso delle udienze contro il premier. Le elimina. Longo è infatti uno dei sette avvocati (più un ex magistrato) che hanno firmato, assieme ad altri dieci senatori Pdl-Lega, il disegno di legge sul processo breve presentato ieri a Palazzo Madama. Sia lui che i suoi colleghi sono dei tecnici del diritto. Nell’elenco dei firmatari figurano nomi di celebri professionisti: da Giuseppe Valentino, in passato legale del furbetto del quartierino Stefano Ricucci e del produttore Vittorio Cecchi Gori, fino a quello di Alberto Balboni che a Ferrara assiste anche indagati per tangenti.
Tutti loro, insomma, sanno benissimo quali saranno le conseguenze del provvedimento che vogliono approvare: condanne solo per i poveracci e prescrizioni a ripetizione per tutti gli altri; crollo delle richieste di patteggiamento o di rito abbreviato e parallelo aumento del numero di dibattimenti celebrati in tribunale. Insomma l’ingorgo totale.
Già oggi, del resto, la legge funziona a due velocità: quella per i nullatenenti (sempre rapidissima) e quella per i ricchi, lenta sino allo sfinimento. Così i giudici sfornano (doverose) condanne a ripetizione nei confronti degli imputati -in genere extracomunitari, tossicodipendenti o emarginati -pizzicati in flagranza di reato; riescono ad arrivare in tempi brevi a sentenza quando i processi sono semplici e riguardano poche persone. Ma non possono fare niente se gli imputati sono molti e soprattutto se sono assistiti da validi e costosi avvocati.
In questo caso si va avanti a passo di lumaca con continui e dotti interventi delle difese animate da un solo apparente obbiettivo: arrivare alle due del pomeriggio, l’ora in cui, a causa della mancanza di fondi per gli straordinari del personale, buona parte dei dibattimenti vengono sospesi. Domani comunque sarà peggio. Visto che in due anni a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio tutto si prescrive, chiunque se lo potrà permettere andrà in aula a testa alta rinunciando a patteggiamenti e riti abbreviati. E ogni indagato facoltoso avrà un motto solo: resistere, resistere, resistere. Ovviamente al fianco del suo celebre legale.
da Il Fatto Quotidiano n°45 del 13 novembre 2009