Brutta bestia, l’invidia. E anche la cattiva coscienza. Il mese scorso Francesco Piccolo, bravo scrittore e sceneggiatore nonché autore Einaudi, stroncava sull’Unità il Quaderno di José Saramago, rifiutato dalla mondadoriana Einaudi perché parla male di Berlusconi e pubblicato da Bollati Boringhieri (gruppo Garzanti). Ora, a stroncare Saramago provvede sul Sole 24 Ore un altro autore Einaudi, lo storico torinese Sergio Luzzatto.
A suo dire, quella dell’Einaudi contro Saramago non è stata censura, anzi: “C’è piuttosto da chiedersi se non abbia ecceduto in coraggio la Bollati Boringhieri, pubblicando un volume tanto superficiale e tanto ovvio. Una collezione di luoghi comuni gauchistes in forma di blog, non soltanto su Berlusconi ‘capo mafia’, ma su George W. Bush ‘bugiardo emerito’, sulla ‘povera Francia’ nelle mani del ‘signor Sarkozy’, sulla ‘rivoluzione morale’ necessaria a Israele, sulle ‘vaticanate’ di Papa Ratzinger e la Chiesa cattolica come il Titanic, su Roberto Saviano ‘maestro di vita’, sullo ‘tsunami benevolo’ di Obama eccetera”.
Purtroppo, incuranti degli sconsigli per gli acquisti di Piccolo e Luzzatto, i lettori continuano ad acquistare in massa il Quaderno di Saramago, che da due mesi troneggia in vetta alle classifiche dei libri più venduti. E forse è proprio questo il problema dei suoi detrattori einaudiani in conflitto d’interessi. Luzzatto non spiega perché mai Saramago, premio Nobel per la Letteratura 1998, non abbia il diritto di scrivere dove gli pare quel che pensa di Berlusconi, Sarkozy, Bush jr, Saviano, Ratzinger e Obama. Spiega invece che i suoi pensieri non vanno pubblicati. Dunque bene ha fatto l’Einaudi a rifiutare il libro a uno dei suoi autori più noti e apprezzati. La censura non c’entra, per carità, e nemmeno il desiderio di compiacere a padron Silvio. E’ che “gli ottantasette anni di Saramago sono troppi per un blogger”. Ecco finalmente spiegato il gran rifiuto dello Struzzo incrociato col Caimano: avendo 87 anni, Saramago è rincoglionito. Pubblicare ancora i suoi scritti è “eccesso di coraggio”. E il coraggio, come insegna don Abbondio, “se uno non ce l’ha, non se lo può dare”. Resta da capire come mai gli editori tedesco e spagnolo di Saramago, Rowohlt e Alfaguara, abbiano pubblicato il Quaderno senza tante storie: forse non prevedevano che il Luzzatto non avrebbe gradito. La prossima volta, prima di osare tanto, sarà il caso che lo interpellino: “Scusi, dottor Luzzatto, lei avrebbe qualcosa in contrario se noi pubblicassimo un premio Nobel?”. Prima di Saramago, Einaudi aveva già rifiutato le Poesie politiche postume di Giovanni Raboni (che non era soltanto anziano: era addirittura morto), il Duca di Mantova di Franco Cordelli (poi uscito da Rizzoli) e Il corpo del Capo di Marco Belpoliti (poi pubblicato da Guanda). Belpoliti, per la verità, ha appena 55 anni e Cordelli 66, ma lo Struzzo ha fatto lo struzzo pure con loro: forse perché anche i loro libri criticavano Berlusconi. O forse si tratta soltanto di coincidenze. Chissà che cosa scriverà lo storico Sergio Luzzatto quando farà la storia dell’Italia di questi anni, alla voce “censura”. Chissà se parlerà dei tanti intellettuali servili e frustrati che fingevano di non vederla, la chiamavano con un altro nome e, in pieno conflitto d’interessi, difendevano il loro editore-premier dipingendolo come un campione di tolleranza e liberalismo.
Non c’è soltanto Luzzatto. Impossibile dimenticare il dalemiano Andrea Romano, allora editor della saggistica einaudiana, che il 1° maggio 2006, in pieno caso Raboni, dichiarò al Corriere: “L’Einaudi è molto più a sinistra di me, che provengo dalla Fondazione ItalianiEuropei di Amato e D’Alema. Anzi, è più a sinistra di buona parte della sinistra. Conta la cultura manageriale della Mondadori: ma direi che il Caimano, se avesse agito diversamente, sarebbe stato autolesionista”. Oggi Romano, dopo due anni di Riformista, cioè di clandestinità, è approdato al Sole 24 Ore. Due anni fa il Corriere sentì anche Luzzatto. Il quale giurò che l’Einaudi era un paradiso di libertà, anzi un covo di antiberlusconiani: “C’è un pregiudizio ideologico di un sistema culturale contro la Einaudi. Lo Struzzo non ha mai rinunciato a fare un discorso culturale antiberlusconiano, indipendentemente dalla proprietà”. Mai avuto problemi?, gli domandò l’intervistatore. E Luzzatto, restando serio: “No, salvo un caso: per l’uscita de La crisi dell’antifascismo, scritto senza che nessuno storcesse il naso, mi hanno chiesto di non menzionare l’affiliazione di Berlusconi alla P2, con tanto del suo numero di tessera”. Ecco, se parli del sole e della pioggia, nessun problema. Se citi Berlusconi e la P2, te li fanno togliere. Ma non sono censori. Sono diversamente liberali.
da Il Fatto Quotidiano del 18 novembre 2009