Chi lo acquisterà, e saranno in molti, andrà subito a leggere le pagine più hard: quelle in cui Patrizia descrive la sua notte di sesso a Palazzo Grazioli. Un racconto che noi de Il Fatto Quotidiano abbiamo però deciso di non pubblicare perché Gradisca Presidente, l’autobiografia della D’Addario, scritta a quattro mani con la brava collega del Corriere della Sera, Maddalena Tulanti, è un libro che deve spingere a riflessioni di carattere politico. Ragionamenti che ruotano tutti su cosa è accaduto prima dell’ingresso della escort di Bari nella camera da letto di Silvio Berlusconi. E su cosa è successo dopo. Non durante.

Sfogliando le pagine del libro si ha infatti l’impressione di scivolare a poco a poco in un noir ambientato non a Bari o a Roma, ma a Caracas o Bogotà. Metropoli decadenti dove i politici si controllano comprandoli (o ricattandoli) con festini e ragazze a pagamento. Città dove le vite degli uomini e delle donne non valgono niente, e quelle delle prostitute ancora di meno. Gli esempi in Gradisca Presidente si sprecano: Patrizia, non appena svela alla sua amica Barbara Montereale, un ex billionarina più volte ospite del premier, e al suo ex protettore di essere in possesso delle ormai celebri registrazioni degli incontri con il Cavaliere, comincia ad essere minacciata. Prima con telefonate anonime d’insulti (tutte incise su nastro). Poi con vere e proprie aggressioni. Sua madre viene presa a pugni; un Suv, sotto gli occhi di due testimoni, tenta di buttare l’auto della escort fuori strada; un cliente che si qualifica come ex carabiniere le mette a soqquadro la casa e tenta di violentarla. Quindi arrivano i (presunti) servizi segreti. Patrizia non ha ancora testimoniato davanti ai magistrati, non è ancora stata intervistata dal Corriere, ma un signore l’avvicina per strada e mostrandole un tesserino le dice: “Ministero dell’Interno. Hai mai conosciuto politici importanti negli ultimi tempi?”.

Da quel giorno si moltiplicano le strane visite (tutte denunciate in tempo reale) di energumeni che tentano di farsi aprire la porta di casa qualificandosi come appartenenti alle forze dell’ordine o addirittura presentandosi in divisa. Infine l’ormai celebre furto, avvenuto durante la campagna elettorale in cui la escort era stata candidata al comune dal centrodestra, nella lista La Puglia prima di tutto del ministro Raffaele Fitto.

Un colpo da professionisti. Spariscono computer, diari, vestiti (vengono rubati persino gli slip), ma viene lasciato un nuovo e costosissimo televisore al plasma. È a quel punto che la donna capisce di star rischiando la vita. E quando la security non la fa entrare a una manifestazione elettorale alla quale partecipa anche il Cavaliere, lei, sempre più impaurita, prima si rivolge a un giornalista di Oggi e poi si trova un avvocato.

Quella di Patrizia è insomma un’allucinante escalation del terrore. Una storia da paura sulla quale oggi sta ancora indagando la magistratura, ma di cui dovrebbe occuparsi prima o poi anche il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, giusto per fugare il sospetto che dietro alle violente pressioni sulla super-testimone ci siano ambienti istituzionali. Di materiale per mettere Berlusconi alle corde, del resto, la D’Addario ne aveva molto. Non per niente , pagina, dopo, pagina, vengono a galla tutte le bugie utilizzate dal Cavaliere in questi mesi per fronteggiare lo scandalo.

“Era una festa organizzata dai club Forza Silvio e Meno male che Silvio c’è” dice, per esempio, Berlusconi, a Bruno Vespa nel libro Donne di cuori, quando si tratta di parlare della prima cena a cui partecipò la escort barese assieme ad altre venti ragazze venti. Non è vero ribatte lei, ricordando una frase pronunciata da due sue colleghe bisex: “Silvio, qui non si batte chiodo, c’è crisi in giro e noi che lavoriamo in coppia la sentiamo di più”. Certo, ripensando all’ottimismo rispetto alla situazione economica del paese che Berlusconi in quei giorni (autunno 2008) continuava a professare, c’è quasi da sorridere. Solo che il set sul quale il premier si muove non è quello di un film con Alvaro Vitali, ma è l’interno di una residenza di Stato.

Per questo Gradisca Presidente è davvero un libro politico. Perché spinge a chiedersi, come ha fatto sua moglie Veronica, quale sia lo stato di salute mentale di un leader che mette a rischio la sicurezza sua e del Paese pur di essere di continuo circondato da belle ragazze a pagamento. Perché accende i riflettori sull’ipocrisia di un potere che emana leggi per vietare agli altri ciò che invece è permesso alle elite (dalle norme contro i consumatori di droghe anche leggere fino a quelle, poi ritirate, contro i clienti delle prostitute). Perché ci racconta come Berlusconi abbia fatto di tutto per rendersi ricattabile. E come, per uscire dall’impaccio, abbia poi manipolato l’informazione, a partire da quella televisiva, grazie ai giornalisti di corte. Gente che per la carriera ha venduto il cervello. Un organo che, a pensarci bene, dovrebbe valere molto di più rispetto alle pur straordinarie mercanzie offerte da Patrizia.


da Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2009

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