di Caterina Perniconi
“Non ci muoviamo da qui finché non avremo risposte. Se scendiamo, sappiamo già che il ministro non si occuperà più dell’Ispra”. E’ questo il grido disperato dei precari dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, asserragliati sul tetto della sede di Roma, in via Casalotti, da due giorni e due notti. Quaranta ragazzi, con thermos e sacchi a pelo per ripararsi dal freddo, rappresentano i 430 che in un anno sono stati lasciati a casa dall’ente. L’Ispra è stato istituito a giugno del 2008 dal Ministero dell’Ambiente attraverso la soppressione di tre enti (l’Apat-Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e i servizi Tecnici, l’Icram-Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare e l’Infs-Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica). Da allora la struttura è commissariata e i ricercatori e i tecnici precari, legati agli enti anche da dieci anni con contratti a termine, non sono stati più rinnovati.
L’accorpamento dei tre soggetti era stato illustrato agli operatori come la costituzione di una grande struttura al pari dell’Istituto superiore di sanità. La nascita dell’Ispra doveva costituire un’occasione per rendere più competitive le conoscenze tecnico-scientifiche di ricerca e controllo su materie come la tutela della biodiversità, i rifiuti, i siti contaminati, gli interventi per le emergenze in mare, l’inquinamento acustico, la valutazione del rischio nucleare.
E invece è stato avviato un processo che porterà al taglio della maggioranza del personale precario (oltre un terzo di tutto il personale). Il ministro Stefania Prestigiacomo, ascoltata ieri dalla Commissione ambiente della Camera, non ha dato risposte prendendosi un’altra settimana di tempo.
Il ministero, in una nota, spiega il grande impegno profuso in favore dell’Ispra in questi anni, compresa l’assunzione durante la scorsa primavera di 200 dei 630 precari, “ai sensi della Finanziaria 2008”, cioè dall’ultima legge di bilancio fatta dal governo Prodi. Inoltre è stato bandito un concorso per 69 posti a tempo indeterminato, che deve concludersi entro dicembre. Per il ministero le cessazioni dei contratti dipendono “da progetti che non hanno un’estensione, quindi né un’attività né un finanziamento per il 2010, da tipologie contrattuali che non si prestano in via ordinaria ad una proroga quali, ad esempio, le borse di studio finalizzate a percorsi di formazione che non giustificano facilmente proroghe contrattuali, e motivi e scelte personali dei detentori dei contratti”.
Ma 430 tagli sono un numero troppo alto per i precari che non ci stanno: “Resto sul tetto per disperazione – racconta Massimiliano Bottaro, precario da 9 anni all’Ispra – il ministro ci ha detto che lei avrebbe voluto tenerci tutti ma non può, con tono materno. Io una madre ce l’ho e voglio un datore di lavoro onesto. Ci sono precari che hanno famiglie da mantenere. In 9 anni ne ho avuti circa 5 retribuiti, a causa delle interruzioni, e nel frattempo mi sono arrangiato: ho fatto il cameriere, il commesso, e forse questa volta è quella in cui dovrò cambiare lavoro definitivamente. Perché fare ricerca in Italia è diventata un’impresa impossibile”. I ricercatori hanno realizzato un video per sensibilizzare le istituzioni sulla loro situazione e un sito nonsparateallaricerca.org, oltre ad una petizione che sarà consegnata al ministro dell’Ambiente. “Io sono stato assunto quest’anno, ho 46 anni ed ero precario dal 1994 – racconta Gabriele La Mesa, ricercatore – ma senza il lavoro di tutte queste persone anche noi ‘fortunati’ non possiamo più fare niente. Ci mancano, oltre ai ragazzi che facevano parte dei gruppi di ricerca da anni, anche servizi essenziali, dalla biblioteca al protocollo”.
da Il Fatto Quotidiano del 26 novembre 2009
Webcam dal vivo della protesta
http://it.justin.tv/precariispra
La petizione
http://www.firmiamo.it/nonsparateallaricerca
Video